di Stefano Santos
Andreuccio è un giovane mercante di cavalli che non ha mai lasciato la sua nativa Perugia nella sua vita, ma quando sente che a Napoli si svolge un fiorente mercato di questi mercati, decide di andarci seguendo le carovane dei mercati. Saputo dall’oste dell’albergo in cui alloggia che il mercato si trova nella zona del porto, molto ingenuamente decide di andarci ostentando la borsa piena di monete che si è portato appresso, pensando di apparire come un mercante navigato. In un luogo come quello del porto di Napoli, la cosa attira molti sguardi. Soprattutto quella di una giovane siciliana, madonna Fiordaliso, padrona di un bordello nella contrada malfamata del Malpertugio. Assistita nella fortuna da una anziana dama di compagnia che riconosce Andreuccio e la sua famiglia, esse riescono con le loro storie a indurre il giovane sfortunato nel bordello. Fiordaliso, istruita dal racconto della donna siciliana, riesce a spacciarsi come una sorella perduta con una storia convincente sulla sua famiglia. Andreuccio, convinto di aver trovato una giovane, bella e ricca parente in città, si fida di lasciare i suoi vestiti e la barsa di monete incustodite per andare al bagno, il quale però è stato manomesso perché lui cadesse nello sterco. Costretto da un vicinato che gli è ostile, è costretto a scappare mezzo nudo, sporco e senza soldi. Nel suo riparare nei vicoli bui di Napoli, incontra due ladri che lo informano dei pericoli della casa del Malpertugio e lo inducono a partecipare con loro alla impresa di introdursi nel Duomo di Napoli e rubare da una cripta i paramenti sacri dell’arcivescovo che era morto in quei giorni; la sfortuna di Andreuccio si manifesta ancora una volta quando viene tradito dai ladri e intrappolato nella pesante tomba. La fortuna lo assiste finalmente quando riesce a far scappare altri ladri venuti per saccheggiare la tomba. Riesce ad uscire dalla tomba, far ritorno al suo albergo e ritornare a Perugia con un prezioso anello d’oro.
La novella di Andreuccio da Perugia è sicuramente una tra le più famose dell’intero Decameron, come è testimoniato dall’essere stata la prima puntata della trasposizione cinematografica firmata da Pier Paolo Pasolini, in cui il protagonista è interpretato da Ninetto Davoli. Lo stesso Croce, dopo averne tracciato un rapido riassunto, ne elenca le qualità che l’hanno resa un classico, come la perfezione della narrazione “che non lascia nessuna oscurità o lacuna” nella progressione della vicenda, i cui eventi si succedono come se fosse necessario che si succedano; la grande cura con cui sono stati tracciate le figure secondarie e i piccoli dettagli dei movimenti e dei sentimenti di tutti i personaggi. La Napoli è quella trecentesca amata moltissimo da Giovanni Boccaccio, il quale vi visse gran parte della sua vita e ne serbò un caro ricordo, confermato dalla vividità della descrizione dei luoghi in cui Andreuccio e i suoi compagni di sventura napoletani si muovono, la zona del porto che ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella vita e nell’immagine della città. Infatti, a differenza della pellicola pasoliniana, che viene ambientata in un ambiente aperto e di campagna, il porto di Napoli (1) è sempre stato un luogo intenso e pieno di vita, che si sviluppa in vicoli stretti e bui, e in cui era molto facile, nella Napoli trecentesca, essere vittima di aggressioni o rapine, come più volte ripetuto dall’oste dell’albergo e anche dalla stessa madama Fiordaliso.
Nella narrazione boccacesca si possono trovare riferimenti che rendono possibile la ricostruzione dei luoghi in cui si è svolta la vicenda della novella e la loro contestualizzazione nel moderno tessuto della città, a partire dal Malpertugio, il poco augurante quartiere in cui si trova il bordello di madama Fiordaliso e in cui si svolge la prima disavventura di Andreuccio.
Già dal nome si nota che un Malo Pertugio indichi un vicolo, una strettoia, un piccolo foro. La Napoli medievale era circondata da mura che circondavano il nucleo antico della città fino al Maschio Angioino, ma escludendo gli attuali quartieri Spagnoli, e che insistevano sul mare (resti si possono vedere a via Marina) a separare il porto, situato grossomodo dove oggi stanno i cantieri della stazione della metropolitana di Piazza Municipio. Per arrivare al porto i napoletani si servivano della cosiddetta Rua Catalana (2), che con il suo nome si può ancora visitare, tra via Depretis e Piazza Bovio. Il Pertugio era quello nelle mura usato per accedere al mare.
E’ nei vicoli che si ramificano tra via Depretis (3), via Medina e via Sanfelice che è possibile immaginare in cui i luoghi in cui Andreuccio si muoveva, alla ricerca e alla fuga dalla casa di madama Fiordaliso. E Croce la individua tra via Flavio Gioia (4) e la suddetta Rua Catalana. Tutta la zona appare essere una delle testimonianze più significative della vocazione cosmopolita che il porto della capitale del Regno angioino, principalmente dalla toponomastica: da via Loggia dei Pisani, in cui sorgeva l’Arsenale, a Piazza dei Francesi. E quella che è riuscita a resistere con successo alla rivoluzione urbanistica che è stata il Risanamento di Nicola Amore, che spazzò via i vicoli della Napoli più antica e autentica e li rimpiazzò con ampi viali che comunque non riuscirono a risolvere i problemi della città.
E’ negli spazi aperti di Piazza Bovio (5) e del Corso Umberto che si svolge infatti la seconda parte della narrazione, in cui Andreuccio e i suoi compari viaggiano per i vicoli in direzione del Duomo. Bisognerebbe infatti immaginarli chiusi, immersi nel buio della notte e brulicanti di poveri fabbricati in cui vive un’umanità miserevole, il ventre di Napoli così come descritto dalla Serao, falcidiato dalle malattie e dalla povertà. E’ molto probabile che essi abbiano scelto la via più tortuosa e sicura, ma per semplificare poniamo che abbiamo attraversato l’odierno Rettifilo (5) abbiano imboccato via Duomo (6), magari abbiano toccato anche la zona di Forcella e il suo cippo, e nella notte buia si siano ritrovati nella cattedrale di Napoli (7,8,9), completata proprio nell’anno di nascita del Novellista. La tomba dell’arcivescovo viene individuata da Croce in quella dell’arcivescovo Filippo Minutolo, morto proprio nel tempo in cui la novella viene ambientata nel 1301. La capella della famiglia Capece Minutolo, chiusa al pubblico, si può ammirare oggi andando in fondo a destra della chiesa, nell’ultima stanza, e quella di Filippo è quella di destra (10).
Coincidentemente, quando fu trasportata la salma dalla tomba marmorea descritta dal Boccaccio in una stanza sotteranea della sagrestia nel diciottesimo secolo, il suo aspetto ricalcava quello della novella, anche un anello falso, forse sostituito da quello che Andreuccio rubò facendo la sua fortuna finale.