Home » Cinema, News, Spettacolo » “Sin City – Una donna per cui uccidere”: nove anni dopo, l’atteso ritorno del cinefumetto di Frank Miller

“Sin City – Una donna per cui uccidere”: nove anni dopo, l’atteso ritorno del cinefumetto di Frank Miller

locandina_Sin-City-Una-donna-per-cui-uccidere-300x429di Marco Chiappetta

TRAMA: A (Ba)sin City, città del peccato, si intrecciano ancora storie di malavita e violenza. “Solo un altro sabato sera”: Marv (Mickey Rourke), violento e ubriacone, si risveglia in una strada piena di cadaveri, e si sforza di ricordarsi come ci è finito; “Quella lunga brutta notte”: il giovane e arrogante Johnny (Joseph Gordon-Levitt) giunge in città per vincere donne e denaro, ma, per aver sfidato e battuto al poker l’uomo più potente in città, il senatore Roark (Powers Boothe), il suo destino è compromesso; “Una donna per cui uccidere”: Dwight (Josh Brolin), duro e romantico, cede alle pericolose trame della sua ex fiamma, la sensuale Ava Lord (Eva Green), che lo prega di proteggerla dalle grinfie del marito Damien (Marton Csokas) e dell’autista nero Manute (Dennis Haysbert), ma, scoperto l’inganno, si vendica con l’aiuto delle prostitute “guerriere” Gail (Rosario Dawson) e Miho (Devon Aoki); “La grossa sconfitta”: ancora traumatizzata dalla morte dell’amato Hartigan (Bruce Willis), la spogliarellista Nancy (Jessica Alba) medita la sua vendetta verso il senatore Roark, padre del suo aguzzino – il Bastardo Giallo – e responsabile del suicidio del suo protettore.
GIUDIZIO: Sequel e prequel a un tempo di “Sin City” (2005), sulla base di altri episodi della graphic novel di Frank Miller, è, rispetto all’insuperabile prototipo, un B movie fatto ad arte, meno coinvolgente sul piano narrativo ma ancora stimolante per la sua estetica neo-noir, il suo cinismo e la sua ultra-violenza pulp, nel suo mélange di hard boiled e cinefumetto, con dialoghi essenziali e solenni, e un universo di archetipi, quasi parodistico, di duri dal cuore d’oro, femmes fatales, gangster, prostitute, sicari, giocatori d’azzardo e detective, compendiato da un bianconero così artefatto e surreale da essere peculiare. Rispetto al primo film l’ormai “vecchia” tecnica del green screen e il bianconero digitale vintage (aperto a sprazzi di colore improvvisi: capelli, occhi, sangue, etc.) stupiscono meno, ci sono nuovi arrivati (Joseph Gordon-Levitt, Eva Green) e sostituti (Josh Brolin per Clive Owen, Dennis Haysbert per il compianto Michael Clarke Duncan), cameo gustosi (Ray Liotta, Christopher Lloyd, Lady Gaga), ma l’aria è la stessa, senza troppi cambiamenti. Così anche il mondo di “Sin City” non è più una novità, scoperti gli archetipi, obsoleti i trucchi, ripetuto l’umorismo e ribadita la poetica; eppure nel suo cinismo, nella sua violenza fumettistica, nel suo gusto per il pastiche e la citazione, è un film divertente e piacevole per gli occhi, un divertissement in cui Robert Rodriguez può sfogare tutta la sua creatività visionaria.
VOTO: 3/5