Venerdì 24 ottobre, a ridosso dello sciopero dei sindacati di base, una mobilitazione composta dagli studenti del comitato di agitazione verso lo sciopero sociale del 14 novembre, insieme ai precari e ai disoccupati, dopo aver bloccato il deposito ANM di Via Nazionale delle Puglie, ed essere intervenuti al convegno “Youth on the Move” a Piazza Dante contestando la passerella politica della Commissione Europea e delle autorità accademiche delle università napoletane, si sono diretti verso il complesso museale del Chiostro di Santa Chiara e a seguire presso la cappella di Sansevero, rivendicando l’accesso libero e gratuito alla cultura e rifiutandosi di pagare il biglietto d’ingresso per la visita. “Vogliamo rivendicare – hanno dichiarato i manifestanti – il nostro diritto a fruire della cultura e dell’arte della nostra città gratuitamente.”
Nel tentativo di entrare nel museo del Cristo velato, repentinamente chiuso dalla sicurezza privata del museo, il pericolante gabbiotto, posizionato tra l’entrata e la strada, è crollato, ferendo uno studente alla testa.
In un comunicato, il museo spiega che “intorno alle 11.15 un gruppo di manifestanti si è presentato all’ingresso del Museo Cappella Sansevero senza titolo di accesso valido e ha forzato a spallate la porta a vetro del gabbiotto, prontamente chiusa da una custode del complesso monumentale. L’atto violento ha scardinato la porta e causato il crollo di una parte della copertura”.
L’accaduto ha provocato lo sbigottimento di tutti, che ora si scagliano contro i manifestanti e le mobilitazioni. Chi punta il dito contro i manifestanti non s’indigna però per un sistema che si erge a tutela del patrimonio culturale senza riuscire, poi, garantirne l’utilizzo e la valorizzazione come reale risorsa di mantenimento del territorio.
Al di là delle critiche di consorteria e oltre le imputazioni di violenza, un’indagine dovrebbe approfondire il governo delle amministrazioni culturali. Dove finiscono e come vengono investiti gli introiti che incassano, attraverso i titoli di accesso, le strutture che gestiscono i beni culturali del territorio? Il museo di San Severo, ad esempio, gestito dalla società privata Museo Cappella Sansevero s.r.l, chiede 7 euro per ogni ingresso. La Solfatara, gestita dall’ente privato omonimo, chiede altrettanti 7 euro. Napoli sotterranea, gestita anch’esssa da un ente privato, chiede invece 8 euro.
“Il museo – scrivono i manifestanti sulla pagina Facebook ‘Sciopero In Formazione’ – ha conosciuto durante il 2013 circa 230.000 visite che, moltiplicate per €7, fanno €1.600.000 di fatturato”. Eppure, nessuna risposta alle interrogazioni e ai dubbi che vorrebbero analizzare criticamente la realtà.
Un soffitto probabilmente non crolla perché la porta d’ingresso viene spintonata. Ma una società certamente muore se non è resa capace di usufruire del proprio patrimonio storico e culturale, accessibile solo da chi ne ha la possibilità.