Tra le varie operazioni di sfruttamento del sottosuolo lucano, il caso che desta le maggiori preoccupazioni è forse quello di Tempa Rossa.
Situato nel cuore della Basilicata, il giacimento petrolifero Tempa Rossa è al centro di uno degli ultimi progetti delle compagnie petrolifere Total, Shell e Mitsui. Il progetto prevede la messa in produzione di otto pozzi (soprattutto nei comuni di Corleto Perticara e Gorgoglione), la costruzione di un centro di trattamento oli dove gli idrocarburi verranno selezionati e divisi in diversi sottoprodotti, la costruzione di un centro di stoccaggio GPL e la messa in opera di tutte le infrastrutture di servizio connesse.
E’ la stessa azienda a spiegare cosa rende così appetibile questo territorio: “E’ una zona particolare – dichiara il gruppo Total – per la natura degli idrocarburi presenti, olii pesanti da 10 a 22 API e presenza di zolfo”. A regime l’impianto – “tra i più evoluti del settore petrolifero” – avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 m³ di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo. In sintesi, si tratta di un aumento del 40% rispetto alla produzione nazionale (105.000 b/g) di barili di petrolio. Cifre enormi.
Circa le criticità connesse all’operazione in sé, esse vengono messe in luce dalla stessa Total: “Situato tra il parco regionale di Gallipoli Cognato e il Parco Nazionale del Pollino (…) si estende su un territorio geologico segnato da una simicità non trascurabile e una rete idrogeologica complessa. A queste particolarità si aggiunge un patrimonio archeologico di primo piano”.
Sorgono anche dei problemi “esterni” all’impianto, che riguardano il trasporto del materiale: “Il gas sarà facilmente convogliato alla rete locale di distribuzione e il petrolio trasportato tramite condotta interrata fino all’oleodotto Viggiano-Taranto (…) che collega le installazioni petrolifere della Val d’Agri alla Raffineria di Taranto, suo terminale di esportazione”. Sarà dunque il porto di Taranto a farsi carico di un traffico consistente di navi petrolifere per l’esportazione del petrolio.
A porre l’accento sulla questione del traffico navale è il Movimento STOP Tempa Rossa, che a fine giugno ha pubblicato un documento nel quale vengono elencati punto per punto i rischi di tutta l’operazione. “Il progetto Tempa Rossa – scrivono gli attivisti – prevede un aumento del traffico di petroliere in Mar Grande con rischi di sversamento per cause accidentali e operazionali”. E aggiungono: “Le gravi conseguenze (…) dovute ad uno sversamento consistente da una nave cisterna possono essere ridotte considerevolmente recuperando gli idrocarburi dal mare prima che giungano a riva. Tuttavia, come dimostrato dall’incidente che ha coinvolto la Prestige nel 2002, in Europa non esiste un numero sufficiente di navi che possa intervenire efficacemente in caso di inquinamento derivante da sversamenti di idrocarburi (Fonte ISPRA 2011)”.
Un altro macigno sulle spalle dei tarantini, dunque, che oltre alla diossina dell’ILVA dovranno inalare anche le sostanze emesse dalle petroliere. “Nel caso del progetto Tempa Rossa – precisa ancora il Movimento STOP Tempa Rossa – l’aumento del traffico di petroliere e il conseguente incremento delle operazioni di carico del greggio determinerebbe un aggravamento del quadro emissivo di sostenze tossiche e irritanti quali acido solfidrico e derivati del benzene che di rado i sistemi di captazione riescono a contenere, in quanto le cappe di aspirazione non riescono ad evitare la dispersione in atmosfera di tali inquinanti”.