a cura di Stefano Santos
- Marzo 2014 – A pochi giorni dall’insediamento del nuovo governo Jacenjuk a Kyiv e nel giorno in cui il presidente russo Putin richiede ufficialmente alla Duma di inviare delle truppe in Crimea per salvaguardare l’incolumità delle persone di etnia russa e della Flotta sul Mar Nero, il 1° Marzo si registrano diversi tentativi, nella regione tra il Dnepr e il Donec, da parte di manifestanti pro-russi, di occupare gli edifici amministrativi, in particolare a Donec’k. La matrice delle proteste è simile a quelle che si tengono contemporaneamente in Crimea, tolta la componente fieramente indipendentista: etnia e lingua russa, il rifiuto della ‘Rivoluzione’ di Euromajdan e la richiesta di un intervento della Russia.
- A Donec’k i dimostranti, sventolando bandiere russe con l’aquila bicipite e scandendo slogan del registro di “Putin, vieni!” riescono ad occupare il primo piano del palazzo del governo regionale, sfondando un cancello al lato del palazzo. Un uomo viene picchiato mentre cerca di scappare durante l’assalto al palazzo dell’assemblea legislativa regionale. L’occupazione termina l’11 Marzo a seguito dell’intervento delle forze di polizia.
- Il 3 Marzo il trentunenne Pavel Gubarev, leader dei manifestanti pro-russi e fondatore della milizia popolare del Donbass, si auto-proclama “governatore del popolo” della regione di Donec’k. Il 6 Marzo viene arrestato dal Servizio di Sicurezza ucraino (SBU) con l’accusa di voler danneggiare l’integrità territoriale e l’indipendenza dello stato.
- Il 13 Marzo, nelle strade della città, un corteo di manifestanti pro-Ucraina si scontra con un gruppo di pro-russi nella centrale piazza Lenin. Il risultato è una dozzina di persone ricoverate in ospedale e un ventiduenne, facente parte dei manifestanti pro-UE, accoltellato a morte.
- Nel giorno più violento dall’inizio delle occupazioni si registrano a Charkiv, seconda città del paese e situata a soli 40km dal confine con la Russia. Nella piazza più grande della città, chiamata Svoboda (Libertà), nazionalisti ucraini facenti parte del gruppo degli Ucraini Patrioti sparano su manifestanti rivali pro-russi. Diverse dozzine a loro volta rispondono tentando di assaltare il palazzo sede dell’organizzazione, da cui viene aperto il fuoco, il bilancio finale è di due morti, sei feriti e trenta arresti seguiti alla resa dei nazionalisti.
- Il New York Times riporta di cittadini russi che attraversano il confine per partecipare ai cortei in sostegno dell’intervento russo in Ucraina, come il moscovita Aleksej Chudjakov venuto “per osservare e forse dare qualche consiglio”. Verso la fine del mese, il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale e di Difesa dell’Ucraina Andrij Parubij segnalerà che tra i 500 e i 700 cittadini russi sono stati quotidianamente respinti alla frontiera.
Repubblica Popolare Donec’k
- 6-7 Aprile – Dopo la calma relativa della seconda metà di Marzo, in tre città principali dell’Ucraina orientale, Donec’k, Luhansk e Charkiv, vengono occupati gli edifici amministrativi. Oleksandr Turčynov cancella una visita programmata in Lituania e ordina un incontro con i capi della sicurezza del paese per affrontare l’insorgenza della crisi.
- Il maggiore clamore si registra a Donec’k, dove un gruppo composto da centinaia di persone si stacca dal gruppo principale di un corteo pro-russo che spingeva per l’organizzazione di un referendum simile a quello in Crimea sull’indipendenza dall’Ucraina, assalta gli edifici dell’amministrazione regionale, vuoto essendo Domenica, e prende il controllo di due piani. Vengono occupati anche gli ufficidel Servizio di Sicurezza. Barricati nell’edificio del Consiglio Regionale, i manifestanti hanno proclamato la creazione della Repubblica Popolare di Donec’k, definito l’unico governo legittimo nella regione fino al referendum che dovrà tenersi l’11 Maggio sull’indipendenza della Repubblica.
- Tra i leader dei manifestanti spiccano i membri dell’organizzazione politica “Repubblica di Donec’k”, fondata nel dicembre del 2005 e bandita nel 2007, che ha tra i propri scopi la creazione di una repubblica indipendente che unisce le regioni di Donec’k, Charkiv, Luhansk, Dnipropetrovsk, Zaporižžja e Cherson, sotto la bandiera nera, blu e rossa con l’aquila bicipite sovraimpressa. Uno dei capi, Andrej Purhin è stato arrestato il 19 Marzo dal Servizio di Sicurezza Ucraino.
- A Luhansk, la polizia ha risposto con i lacrimogeni al tentativo dei dimostranti di irrompere nei locali del servizio di sicurezza per liberare i quindici attivisti pro-russi arrestati con l’accusa di fomentare rivolte violente.
- Il 9 Aprile cinquanta manifestanti pro-russi vengono fatti sgomberare dall’ufficio regionale del Servizio di Sicurezza di Luhansk.
- A Charkiv come nel resto della regione viene occupato l’edificio dell’amministrazione regionale, dopo la rottura delle linee della polizia. Canti, gridi di gioia e bandiere russe da parte dei manifestanti dopo la cattura del palazzo, e l’abbandono dell’area dell’edificio da parte della polizia, che ha rifiutato di usare la forza contro la folla.
- Un’operazione “anti-terrorismo” del 10 Aprile porta alla liberazione del palazzo dell’amministrazione e all’arresto di settanta attivisti pro-russi.
- 12 Aprile – Un gruppo di militanti mascherati, in tuta mimetica e armati di Kalašnikov, assaltano il palazzo del comitato esecutivo, il dipartimento di polizia, l’amministrazione cittadina e l’ufficio del Servizio di Sicurezza di Slov’jans’k, una città a nord di Donec’k. Il gruppo è guidato dal veterano russo Igor Girkin (o Strelkov, che in passato ha lavorato al Servizio di Sicurezza Federale o FSB, l’agenzia di sicurezza russa) e si identifica sotto la bandiera della Repubblica Popolare di Donec’k .
- Dopo l’occupazione della città, che ha ricevuto il sostegno di un gruppo di cittadini che si sono radunati davanti all’amministrazione cittadina, il sindaco della città Nelja Štepa è apparsa in una delle stazioni di polizia occupate e ha espresso il supporto per gli attivisti.
Il sindaco di Sloviansk, Ponomarev
- Più tardi il sindaco viene arrestato e sostituito dal ‘sindaco del popolo’ Vjačeslav Ponomarev, produttore di sapone e veterano nella guerra sovietica in Afghanistan.
- 13 Aprile – Il ministro degli interni ucraino Arsen Avakov annuncia una operazione “anti-terrorismo” a Slov’jans’k sotto la direzione dell’SBU e la partecipazione delle Forze Armate e della Guardia Nazionale, diretta specialmente contro quegli uomini mascherati che definisce ‘terroristi’, con un ultimatum a consegnare le armi e arrendersi entro 48 ore.
- 16 Aprile – Sei veicoli corazzati dell’esercito ucraino sfilano per la città mostrando la bandiera russa, dopo la defezione degli equipaggi alla Russia. La venticinquesima brigata aviotrasportata, impiegata per bloccare le vie d’accesso alla città e coinvolta nell’episodio viene smantellata per ordine del Presidente ucraino Turčynov, che dichiara che i soldati coinvolti saranno portati davanti a una corte.
- Nel frattempo, operazioni simili dei militanti pro-russi si registrano in tutta la regione:
- A Horlivka, viene riportato un primo tentativo fallito contro le stazioni di polizia il 12 Aprile. Un secondo tentativo riesce il 14 Aprile dopo la defezione di alcuni poliziotti locali e il ritiro del resto. Il consigliere comunale Volodymyr Rybak viene rapito il 17 Aprile e il suo corpo viene trovato il 22 Aprile, vicino a un fiume, secondo la polizia. L’establishment ucraino denuncia la connivenza della Federazione Russa nell’episodio, mentre il presidente Turčynov dichiara che i terroristi che hanno preso l’intera regione di Donec’k ostaggio adesso “sono andati troppo oltre”.
- Il 2 Luglio l’SBU arresta auto-proclamato sindaco di Horlivka Volodymyr Kolosnjuk con l’accusa di attività terroristiche.
- Gli edifici amministrativi delle cittadine di Artemivsk, Enakiev, Druživka e Krasnyi Lyman vengono occupati i 12 Aprile; quelli di Charcyk il 13 Aprile a opera della milizia popolare del Donbass, di Ždavinka il 14 Aprile. La bandiera della Repubblica popolare viene issata sugli edifici amministrativi di Krasnoarmisk e Novoazovsk il 16 Aprile, seguita da Siversk il 18 Aprile.
- 21 Aprile – Dopo il ritorno dell’edificio dell’SBU di Luhansk sotto il controllo del governo con l’aiuto della polizia il 12 Aprile, migliaia di persone si riuniscono per un’“assemblea del popolo” davanti al palazzo dell’amministrazione regionale chiedendo la federalizzazione oppure l’incorporazione nella Federazione Russa. Nel frattempo Valerij Bolotov – nativo della regione russa di Rostov trasferitosi durante l’infanzia a Stachanov (Luhansk) e veterano della guerra nel Nagorno-Karabakh – viene eletto come ‘Governatore del Popolo’ dell’Oblast’ di Luhansk. Due referendum vengono programmati: uno per l’11 Maggio che deciderà sull’indipendenza dall’Ucraina e un altro per il 18 in caso di risposta favorevole sulla incorporazione con la Federazione Russa.
Repubblica popolare Luhansk
- 27 Aprile – La Repubblica Popolare di Luhansk viene proclamata durante una riunione davanti all’edificio dell’amministrazione regionale, assieme a richieste per il governo ucraino, quali l’amnistia per i manifestanti coinvolti, consacrare il russo come seconda lingua ufficiale dell’Ucraina e organizzare un referendum sullo stato della regione, con la minaccia di rivolta violenta se esse rimangano inscoltate entro le ore 14 del 29 Aprile.
- Non avendo ricevuto risposta, tra duemila e tremila attivisti tentano di occupare l’edificio dell’amministrazione regionale assieme all’ufficio del procuratore locale. Entrambi vengono occupati con scarsa opposizione da parte della polizia, tra le cui file si segnalano anche defezioni. Gli attivisti pro-russi sventolano la bandiera della novella Repubblica, assieme a quelle della Russia e della vicina Donec’k.
- 24 Aprile – La città portuale di Marjupol, seconda città dell’Oblast’ di Donec’k e importante centro industriale, ha visto l’occupazione del suo municipio il 13 Aprile, il violento attacco condotto da 300 dimostranti pro-russi contro la base del Servizio di Sicurezza della città sul mare d’Azov a colpi di molotov il 16 Aprile – terminato con la morte di tre pro-russi. Ora vede l’annuncio del ministro degli interni ucraino Avakov di essere riuscito a cacciare i ‘separatisti’ dal municipio di Mariupol – un annuncio smentito dalla parte avversa e dalla giornalista della BBC Natalia Antelava, che non ha ravvisato la presenza dell’esercito in città.
- 2-3-4 Maggio – Operazione dell’esercito ucraino nella città di Kramatorsk, nell’Oblast’ di Donec’k, sul cui municipio la bandiera della Repubblica Popolare sventola dal 13 Aprile, iniziata con la cattura di torre di trasmissione televisiva e proseguita con gli scontri con gli insorti nella notte tra il 2 e il 3 Maggio, con la morte di dieci separatisti e il ferimento di altri trenta. Questi ultimi vengono scacciati dall’edificio del Servizio di Sicurezza – solo la piazza principale della città rimane nelle mani dei combattenti. Tuttavia l’esercito ucraino non occupa gli edifici conquistati e si ritira improvvisamente il 4 Maggio.
Palazzo dei Sindacati a Odessa a Fuoco
- 2 Maggio – A Odessa, città fino ad adesso non attraversata dalla violenza è il teatro di uno dei più gravi episodi della crisi ucraina in generale. Scontri tra gruppi contrapposti di pro e anti-majdan culminano nel rogo della Casa dei Sindacati a Kuljkovo Pole, che causa la morte di quarantadue tra gli attivisti pro-russi che si erano barricati nell’edificio, oltre a sei persone durante gli scontri sulle strade.
- Tifosi delle squadre di calcio, il Čornomorec’ Odessa e il Metalist Charkiv , come da tradizione prima delle partite di campionato organizzano un corteo per le strade della città, fissato alle 14 a piazza Sobornaja (Cattedrale). Oltre al motivo calcistico, si unisce anche quello politico, nazionalista in particolare, essendo presenti attivisti pro-Ucraina e in particolare esponenti dell’organizzazione radicale di destra Pravyi Sektor. L’OSCE riporta di attivisti mischiati tra la folla camuffati e armati di bastoni e scudi.
- Il corteo viene, in quello che verrà chiamata un’imboscata dagli interessati, attaccato da un gruppo di trecento attivisti pro-russi del gruppo Odesskaja Družina armati con mazze e armi da fuoco a via Hrecka. A questo punto la situazione si fa caotica. Testimonianze riferiscono che sono state entrambe le parti a usare armi d’assalto. Inoltre viene riportato che siano apparsi messaggi sui i social network che incitavano gli attivisti pro-russi a rompere il corteo.
- Simili appelli a quelli prima citati corrono tra gli attivisti pro-majdan di raggiungere Kuljkovo Pole e di distruggere l’accampamento dei pro-russi, che viene di conseguenza dato alle fiamme. La grande superiorità numerica dei supporters di Kiev costringe gli anti-governativi a cercare rifugio nella Casa dei Sindacati.
- A questo punto, le fonti generalmente concordano che entrambi gli schieramenti hanno fatto uso di molotov, i pro-russi dal tetto del palazzo per difendersi dai pro-majdan, mentre i secondi per fare pressione ai primi, e che il fuoco è divampato tra il terzo e il secondo piano dell’edificio. Su come sia scoppiato l’incendio le fonti divergono: le fonti ucraine e occidentali riportano alternativamente che esso sia scoppiato da una molotov lanciata dai pro-russi dall’interno dell’edificio, mentre quelle russe che sia stato un piano deliberato dei ‘radicali’ di Kiev e un segno del fascismo rampante che sta dominando il paese.
- I vigili del fuoco arrivano dopo un’ora e la consistenza della folla impedisce loro di intervenire e spegnere l’incendio, che cresce a grande velocità intrappolando le persone chiuse nell’edificio. Alcuni cercano di sfuggirvi gettandosi dalle finestre; tra quelli che sopravvivono all’impatto alcuni vengono pestati dalla folla, mentre altri vengono tratti in salvo – sempre a seconda delle fonti – e vengono trattenuti dalla polizia. Dai social network provengono post che denunciano la passività della polizia, stazionata nello spiazzo per la durata degli eventi.
- Testimonianze riferiscono di canti “brucia, dorifora, brucia” (in inglese colorado) scanditi dai manifestanti pro-majdan, in riferimento alle bande di San Giorgio indossate dai pro-russi che nei colori (nero e arancione) ricordano la dorifora delle patate. I colori, simbolo della potenza militare della Russia zarista, poi diventata emblema del nazionalismo russo post-sovietico, sono oggetto di controversia in Ucraina in una misura almeno pari a quelli correlati al nazionalismo ucraino di Stepan Bandera. Svoboda ne chiederà la messa al bando.
- 7 Maggio – Pavel Gubarev, governatore della Repubblica di Donec’k viene liberato in uno scambio di prigionieri assieme ad altri attivisti pro-russi, per la liberazione di tre ufficiali del Servizio di Sicurezza ucraino tenuti prigionieri dalla repubblica popolare. Il leader pro-russo era stato arrestato il 6 Marzo.
- 9 Maggio – Nel ‘Giorno della Vittoria’ si consuma un violento scontro presso il quartier generale della polizia a Mariupol tra le forze governative, la polizia locale e i combattenti legati alla milizia popolare del Donbass. Secondo quanto riportato dal ministro degli interni Avakov, mezzi blindati dell’esercito sono stati impiegati per contrastare i tentativi di una sessantina di separatisti di assaltare la stazione, nella loro azione coadiuvati da membri della polizia che erano passati dalla parte dei pro-russi. Il risultato è stata l’uccisione di venti ‘terroristi’, la cattura dei quattro e la dispersione del resto. Una ricostruzione dei fatti e un bilancio finale che però non è quanto riporta la stampa internazionale, che ricostruisce nelle proteste dei poliziotti – favorevoli ai pro-russi – in seguito alla nomina di un capo di polizia da parte del governo di Kyiv, il movente che ha portato alla dislocazione dei mezzi corazzati. Anche la conta delle vittime va vista enormemente al ribasso, una constatazione che tuttavia non ridimensiona la portata dell’escalation di violenza che le regioni orientali ucraine stanno attraversando. Il Guardian riferisce di tre morti segnalati dalle autorità mediche, oltre a due cadaveri sulle strade, quello di un poliziotto e uno non identificato. I buchi profondi lasciati sui muri e la distruzione dell’edificio segnalano l’uso di artiglieria pesante e l’uso di una forza eccessiva, diretta anche verso i manifestanti pacifici, che riportano che dalle torrette dei blindati è partito un fuoco indiscriminato. Una forza eccessiva confermata anche in un report dello Human Rights Watch.
- Nonostante la dichiarazione vittoriosa del ministro degli Interni Avakov, le forze armate lasciano in fretta la città il giorno stesso.
File per il Referendum nel Donbass, Mariupol
- 11 Maggio – Si tengono in contemporanea nelle repubbliche popolari di Donec’k e Luhansk i referendum per legittimare le proclamazioni di indipendenza dei nuovi soggetti. Indipendenza (che ha ricevuto il supporto dell’89% dei votanti a Donec’k e del 96% a Luhansk) che tuttavia non ha un significato univoco tra i votanti, di cui vengono riportate lunghe file ai seggi: c’è chi parla di una maggiore autonomia dallo stato centrale ucraino, chi di un’indipendenza alla maniera della Jugoslavia, autodeterminazione, chi di una secessione alla maniera della Crimea e una successiva richiesta di accessione, quest’ultima ipotesi supportata dai leader delle repubbliche, tra cui il capo della commissione elettorale Roman Ljagin e il leader della Repubblica Popolare di Donec’k Denis Pušilin (che dichiara che “il popolo di Donec’k è sempre stato parte del mondo russo a prescindere dall’etnia. Per noi, la storia della Russia è la nostra storia”), che afferma pure che nelle zone controllate dal DPR e dal LPR non si terranno le elezioni presidenziali ucraine previste per il 25 Maggio.
- La reazione dei paesi occidentali è quella di non prendere sul serio il risultato reso palese dal voto, mentre quella dell’Ucraina, oltre a evidenziare l’incompatibilità della consultazione con il disposto dell’articolo 73 della Costituzione ucraina – che statuisce che ogni cambio territoriale è valido solo quando a tutti i cittadini è concesso di votare a prescindere dalla provenienza – critica le stime della partecipazione popolare rilasciate dalle due repubbliche, entrambe assestate sul 75%, parlando del 32% per Donec’k e del 24% per Luhansk.
- La Russia, che pure il 7 Maggio aveva chiesto alle due repubbliche di posticipare le consultazioni non venendo ascoltata e pur non riconoscendo ufficialmente i risultati del referendum, parla di ‘rispetto’ per la volontà dei popoli delle due regioni e che ai fini della soluzione della crisi i rappresentanti delle repubbliche orientali e del governo di Kiev dovrebbero incontrarsi.
Operai dell’acciaio Metinvest a Mariupol
- 15 Maggio – A Mariupol’, dopo l’annuncio diffuso l’11 Maggio, viene firmato un accordo tra i lavoratori della Metinvest, i proprietari Rinat Achmetov e Vadim Novinskj, le forze di polizia locali e rappresentanti della Repubblica di Donec’k che istituisce un programma di ronde cittadine in collaborazione con la polizia per proteggere la città dai ladri e dagli sciacalli che finora hanno approfittato della situazione di anarchia, creando una situazione di insicurezza tra i cittadini, che hanno accolto l’iniziativa con molto favore. La Metinvest è una società attiva nel campo della estrazione e lavorazione dei metalli sussidiaria della SCM, holding del già citato oligarca Rinat Achmetov, l’uomo più ricco del paese e proprietario di gran parte delle infrastrutture industriali del Donbass. I lavoratori dell’acciaio si sono adoperati per sgomberare le strade dalle barricate e i checkpoint e per ripulire gli edifici governativi distrutti nel corso dei combattimenti. Un effetto collaterale dell’azione degli operai è quella di allontanare le milizie pro-russe dalla città, forze signatarie dell’accordo, che secondo diverse fonti hanno diminiuto di molto la loro presenza nella città.
- L’“attivismo” di Achmetov, che in più riprese è stato individuato come uno dei maggiori finanziatori dell’insurrezionalismo soprattutto da Pavel Gubarev, rivela come queste dichiarazioni siano quanto meno implausibili, anche dopo la sua definizione della lotta separatista come “genocidio del popolo del Donbass” e la sua iniziativa del 20 Maggio a Donec’k, quando chiama i suoi lavoratori a sfilare in macchina per l’unità dell’Ucraina e la pace, davanti al Donbass Arena, stadio dello Šachtar Donec’k.
- Le reazioni dei leader pro-russi non si fanno attendere, con Denis Pušilin che definisce l’imprenditore, di etnia tatara e figlio di un minatore del carbone, un “nemico del popolo” e annuncia che le sue attività, assieme a quelle degli imprenditori che si rifiutano di pagare le tasse alla Repubblica, saranno presto nazionalizzate.
- 15 Maggio – Una bozza di costituzione della DNR definisce i primi assetti “costituzionali” della repubblica. Il giorno dopo viene posto Denis Pušilin come presidente della Repubblica, viene formato il primo governo con Aleksandr Borodaj (moscovita, laureato in filosofia, con un passato da corrispondente durante la prima guerra cecena e attualmente consulente finanziario) a capo del gabinetto e Igor Strelkov come ministro della Difesa.
Valerij Bolotov, leader del LNR
- 18 Maggio – L’auto insediatosi parlamento della LNR approva la propria costituzione e elegge Valerij Bolotov come capo della Repubblica.
- 20 Maggio – Il ritiro delle truppe dispiegate nell’Ucraina orientale è tra i provvedimenti inclusi nel “Memorandum di Pace e Consenso” adottato dalla Rada ucraina con i voti di 252 deputati. Il memorandum include anche misure che rientrano nel percorso del governo ucraino, che nell’ultimo mese ha condotto una contro-offensiva contro l’insurrezionalismo pro-russo, verso un decentramento del potere attraverso l’impegno a una riforma costituzionale che dia maggiori autonomie alle regioni, tra le maggiori richieste dei leader pro-russi. Inoltre, la previsione di una protezione costituzionale delle lingue minoritarie fermo restando lo status dell’ucraino come lingua nazionale arriva dopo i tentativi di marginalizzare il russo come lingua, tra i maggiori appigli della propaganda nell’Ucraina orientale; il Partito Comunista si è astenuto dopo lo storno di una clausola che prevedeva l’amnistia per le forze di auto-difesa. Svoboda invece affermando che le riforme saranno inefficaci.
Novorossija
- 22 Maggio – Nel congresso del partito politico Novorossija, fondato il 14 Maggio, viene proclamata la costituzione dello Stato Federale di Novorossija, confederazione delle due Repubbliche Popolari, attraverso rappresentati di entrambi le entità. Nei suoi programmi, essa tende a un espansione verso ovest e verso sud, ricalcando grossomodo i confini della regione storica zarista (Charkiv, Cherson, Odessa, Mykolaiv, Zaporižžja e Dnipropetrovsk), a una affermazione perentoria dell’Ortodossia Russa come religione di stato e alla nazionalizzazione delle imprese.
- 24 Maggio – Il fotografo italiano Andy Rocchelli, 30, membro del collettivo fotografico Cesura, muore investito da un colpo di mortaio mentre si trova nei pressi di Slov’jans’k. Assieme a lui il giornalista, ex-dissidente e prigioniero politico sovietico Andrej Mironov, in Ucraina come fixer del fotoreporter.
- 25 Maggio – Petro Porošenko vince al primo turno le elezioni presidenziali ucraine, con il 54,70% delle preferenze, battendo la sua immediata concorrente Julja Tymošenko che si ferma al 12,81%. Due volte ministro sotto la presidenza Janukovyč e Juščenko, chiamato il “Re del Cioccolato” per la sua attività imprenditoriale che lo ha reso uno degli uomini più ricchi del paese – con un patrimonio di 1 miliardo di dollari nel 2012 – ha partecipato alle elezioni da indipendente, ricevendo il supporto dell’ex pugile Vitalij Klyčko, ritiratosi dalla corsa per privilegiare le elezioni a sindaco di Kyiv.
- Durante una visita a Berlino, dichiara che separatisti “non rappresentano nessuno. Dobbiamo restaurare la legge e l’ordine e spazzare i terroristi dalle strade”, e che i referendum dell’11 è “finto”.
Aeroporto di Donetsk dopo i combattimenti
- 26-27 Maggio – Un battaglione formato da duecento miliziani pro-russi e membri del Battaglione Vostok catturano l’area del terminal dell’Aeroporto Internazionale di Donec’k, costruendo barricate nelle vie d’accesso all’aeroporto e intimando alle forze governative di ritirarsi dall’area. Il battaglione Vostok è comandato dall’ex ufficiale del Servizio di Sicurezza ucraino Aleksandr Chovakovskij, prende il suo nome dall’unità omonima dell’esercito russo che combatté nelle guerre in Georgia e Cecenia e include la presenza di volontari russi con un passato nei servi di sicurezza, oltre a membri dell’unità suddetta. La Guardia Nazionale Ucraina a sua volta invia un ultimatum agli insurrezionalisti di arrendersi senza condizioni. Il rifiuto causa l’assalto delle forze governative con truppe aviotrasportate e attacchi con elicotteri contro le postazioni anti-aeree, riuscendo a scacciare le milizie separatiste nella sera. Nel frattempo lo stadio dell’hockey Družba viene saccheggiato e dato alle fiamme da insorgenti pro-russi. I morti risultanti dall’operazioni sono quaranta tra i miliziani pro-russi, di cui trenta membri del battaglione Vostok, i cui corpi sono stati rispediti in Russia.
- 2-3-4 Giugno – Nuova operazione delle forze di sicurezza ucraine contro i combattenti pro-russi che occupano la città di Slov’jans’k dal 12 Aprile, con scontri in particolare nell’area di Semenivka. Vengono distrutti diversi checkpoint dei ribelli con intensi scontri a fuoco, con la distruzione di veicoli militari governativi con lanciarazzi che però non causa la morte dell’equipaggio, che riesce a vincere la resistenza dei checkpoint, almeno secondo gli aggiornamenti del ministro della difesa Avakov; dall’altra parte della barricata il sindaco proclamato della città Vjačeslav Ponomarev dichiara di aver abbattuto un jet e un elicottero ucraini, senza conferme da fonti indipendenti.
- Attacco di combattenti insurrezionalisti contro la base della Guardia di Frontiera a Luhansk, luogo di rilevantissimo interesse strategico per la vicinanza della città al confine russo. Dall’inizio del conflitto diversi tentativi da parte di volontari russi erano stati respinti dalle guardie di frontiera. Cento miliziani passati a quattrocento, letteralmente conducono un assedio che viene a fatica respinto dalle guardie di frontiere in minorità numerica e non preparate a affrontare un attacco di quella dimensione. Il 4 Giugno vengono autorizzate a ritirarsi, venendo dispiegate altrove, lasciando la base in mano alle milizie insurrezionaliste.
Battaglione Vostok
- 14 Giugno – Nel tentativo di atterrare all’aeroporto internazionale di Luhansk l’aereo militare da trasporto dell’aeronautica ucraina Iljušin Il-76 viene abbattuto da un intenso fuoco anti-aereo alle 00,51 ora locale. Tutti i quaranta militari (paracadutisti della 25° brigata aviotrasportata Dnipropetrovsk) a bordo, così come i novi equipaggio, muoiono nell’evento, la peggiore perdita per l’esercito ucraino dall’inizio delle rivolte pro-russe. I militanti della repubblica di Luhansk rivendicano l’abbattimento, così come confermano l’uso di missili Igla trovati vicino all’aeroporto.
- Porošenko dichiara che ci sarà una “reazione adeguata” e la punizione per i responsabili, oltre a dichiarare il giorno successivo di lutto nazionale. Inoltre rimprovera duramente il capo del servizio di sicurezza per le omissioni commesse nella protezione dell’aereo.
- Fonti russe riportano di successive investigazioni di consulenti del LNR che constatano l’assenza di armamenti o di parti del corpo dei soldati, facendo dichiarare al leader LNR Valerij Bolotov che l’aereo fosse vuoto e fosse impiegato per trasportare le salme di soldati uccisi in azione, sempre rivendicando l’abbattimento dell’aereo.
- 20 Giugno – Petro Porošenko annuncia un cessate-il-fuoco unilaterale di una settimana nel tentativo di far riporre le armi alle milizie pro-russe e proporre un piano per la pace che risponda alle richieste dei ribelli, la devoluzione del potere centrale, l’indizione di elezioni parlamentari e locali anticipate e la creazione di una zona cuscinetto sul confine con la Russia e un corridoio sicuro per permettere ai ribelli di lasciare le zone del conflitto. Il presidente ucraino si riserva il diritto di riprendere l’offensiva militare in caso di minacce serie.
- Dopo prime resistenze da parte dei separatisti, che hanno visto con scetticismo l’azione del presidente, tanto da parlare di un tranello, essi hanno accettato la tregua unilaterale, che sarà osservata congiuntamente da Russia e Osce.
- Nel frattempo la Duma di Stato, su richiesta del presidente Putin, cancella l’autorizzazione a inviare truppe russe in Ucraina, in una mossa ben accolta dalla comunità internazionale.
Jacenjuk e Van Rompuy firman l’accordo di Associazione
- 27 Giugno – Viene firmata la parte economica dell’Accordo di Associazione tra Unione Europea e Ucraina da parte del presidente Porošenko, dopo la firma del 21 Marzo della parte politica da parte del primo ministro Jacenjuk. La parte politica prevede la progressiva convergenza tra UE e Ucraina dal punto di vista dei diritti umani, la sicurezza e il controllo delle armi, e degli standard tecnici e dei consumatori. La parte economica invece prevede la creazione di una zona di libero scambio, la garanzia del flusso delle importazioni di grano e del gas naturale dall’Ucraina e dell’arrivo di investimenti e maggiori contatti con le istituzioni europee da parte dell’UE. La firma posticipata di quest’ultima è dovuta al fatto di aver dovuto aspettare i risultati delle elezioni presidenziali. I preparativi dell’accordo interrotti da Janukovyč sono stati la causa scatenate delle proteste di Euromajdan prima e della rivoluzione ucraina poi.
- La tregua in procinto di scadere viene prolungata fino alle ore 21 del 30 Giugno, con l’adesione degli indipendentisti.
- 1° Luglio – Petro Porošenko annuncia la ripresa della controffensiva, dopo colloqui con Russia, Francia e Germania che hanno fallito nel trovare un accordo di massima per la de-escalation del conflitto.. La fine della tregua, che ha significato la morte di 27 soldati ucraini, segna un nuovo vigoroso attacco alle roccaforti separatiste di Kramatorsk e Slov’jans’k, ai palazzi fovernativi di Donec’k. Sul fronte delle basi di confine vicino Luhansk, la conquista del passaggio di frontiera a Dolžansk segna una vittoria per le forze governative, celebrata dal presidente Porosenko.
- 5 Luglio – L’assedio delle forze governative alla città di Slov’jans’k termina con la rotta dei combattenti pro-russi dalla città, riparati secondo prime notizie a Kramatorsk e poi a Donec’k. La ritirata viene confermata da entrambe le parti in gioco, con Porosenko che afferma di aver dato personalmente l’ordine alle truppe di issare la bandiera ucraina sul municipio della città, Igor Girkin/Strelkov che riporta che tra l’80 e il 90% delle milizie ha lasciato la città e Aleksandr Borodaj che pone nella schiacciante superiorità numerica il motivo della evacuazione degli uomini.
Barricate a Luhansk
- 7 Luglio – Le truppe separatiste in rotta da Slov’jans’k e Kramatorsk si preparano a una offensiva delle forze governative contro Donec’k erigendo barricate lungo le strade principali. Le autorità municipali invitano la popolazione a barricarsi in casa e a non stabilire contatti con gli uomini armati per strada, mentre Achmetov prega le forze governative di non bombardare la città
- 8 Luglio – Il nuovo ministro della Difesa Valerij Heletej dichiara che non ci saranno più cessate-il-fuoco unilaterali e l’Ucraina negozierà con i ribelli solo quando deporrano le armi.
- 11 Luglio – Un attacco separatista condotto con razzi Grad contro le forze governative vicino al confine a Luhansk fa 30 morti tra i soldati ucraini. Porošenko: “per ogni vita dei nostri soldati i militanti pagheranno con decine e centinaia di loro”.
- 13 Luglio – Un colpo di mortaio sparato dal territorio ucraino raggiunge il cortile di una casa privata in territorio russo, a Doneck nell’Oblast’ di Rostov, uccidendo un uomo e ferendo una donna. La Russia incolpa l’Ucraina dell’incidente, con Lavrov che parla di “conseguenze irreversibili” e la presa in considerazione di un bombardamento mirato contro il paese in rappresaglia, senza arrivare alla invasione vera e propria. L’Ucraina nega la responsabilità dell’accaduto: la Guardia Nazionale afferma di non essere mai stata dislocata nelle regioni interessate, e l’episodio viene attribuito a un falso attacco da parte dei separatisti pro-russi. I quali a loro volta irridono le affermazioni governative, dicendo anche di essere “abituati” alle accuse dell’Ucraina.
- 16 Luglio – Controffensiva degli insorgenti contro le postazioni della Guardia Nazionale nello rajon di Šachtarsk. Incastonato tra le Repubbliche popolari di Donec’k e Luhansk e la Russia e per questo di grande importanza strategica a fini della guerra, a sud dell’Oblast’ di Donec’k.
- Alle ore 5 del mattino parte la controffensiva ribelle contro la postazione della Guardia Nazionale nella città di Stepanivka. Da questa città parte una seconda controffensiva contro la vicina città di frontiera di Marynivka; fonti governative riportano l’attacco condotto a un posto di blocco della Guardia Nazionale della città a colpi di carri armati, mortai e missili anti-carro. Le forze governative riescono a respingere questo e diversi attacchi, facendo ritirare le forze ribelli verso Stepanivka. Più tardi le milizie ribelli affermeranno l’avvenuta riconquista della città, con quindici feriti e un morto tra le loro fila. Il comandante militare Igor Girkin/Strelkov riporterà di due veicoli blindati distrutti e uno catturato.
- La collina di Savur-Mohyla si trova nelle vicinanze del confine russo-ucraino e sovrasta le cittadine di Stepanivka e Marynivka. Essa viene impiegata dagli insorgenti come postazione per bombardare le postazioni governative di Marynivka. In risposta viene impiegata l’Aeronautica Militare ucraina per piegare le posizioni separatiste, con attacchi con caccia jet. Uno di questi viene abbattuto dal fuoco anti-aereo il 23 Luglio, con le forze governative che lo attribuiscono alla Russia, mentre esso viene rivendicato dal comandante della DNR Igor Girkin/Strelkov, che afferma che il pilota si è espulso dall’aereo. Il 28 Luglio le forze ucraine riconquistano la collina, che viene usata per creare un corridoio scuro per le altre forze intrappolate nell’area. La collina verrà riconquistata dalle forze DNR il 26 Agosto.
Resti del volo MH17
- 17 Luglio – Il Boeing 777-200ER che serve la rotta internazionale MH17 della Malaysia Airlines che va da Amsterdam a Kuala Lumpur viene abbattuto a 50 km dal confine russo-ucraino, sfracellandosi nella cittadina di Torez nello Rajon di Šachtarsk nell’Oblast’ di Donec’k. Nell’evento muoiono tutti i 238 passeggeri e i 15 membri dell’equipaggio. Nel rajon è in corso dal giorno precedente una contro-offensiva delle milizie insorgenti contro le postazioni dei ribelli.
- La prima reazione degli operatori di volo è quella di deviare le proprie rotte per evitarne il contatto con le zone dove infuria maggiormente la guerra. L’Ucraina sud-orientale è stata fino a quel momento un punto di passaggio privilegiato per le rotte tra l’Europa e il Sud-Est asiatico. In Aprile, la Federal Aviation Administration aveva emanato un ordine con il quale proibiva alle compagnie di volo statunitensi di volare sullo spazio aereo della Crimea, oltre a raccomandare cautela riguardo al transito degli spazi aerei di Kyiv, Lviv, Dnipropetrovsk e Odessa. L’ordine, in vigore fino al 23 Aprile 2015, non riguardava tuttavia lo spazio in cui il volo MH17 è precipitato. Altre compagnie aeree avevano già limitato il proprio servizio per il territorio ucraino, come la British Airways che si limitava solo alla tratta Heathrow e Kyiv. Invece compagnie come la Korean Air Lines e Asiana Airlines avevano interrotto i propri voli sulla zona già a partire dal 3 Marzo per questioni di sicurezza.
- L’intero equipaggio era formato da cittadini malesi, mentre i due terzi dei passeggeri erano cittadini dei Paesi Bassi, oltre a un nutrito gruppo di australiani e malesi, almeno venti famiglie e ottanta bambini. Tra i passeggeri vi erano anche sei delegati in viaggio verso la 20° Conferenza Internazionale dell’AIDS a Melbourne, e tra questi sei vi era un ex presidente della Società Internazionale dell’AIDS Joep Lange. Inoltre a bordo vi erano il senatore olandese Willem Witteween, lo scrittore australiano Liam Davison e l’attrice malese Shuba Jay.
- Secondo il piano di volo, l’aereo doveva volare sullo spazio ucraino al livello di volo 330 (pari a 33.000 piedi o 10060 metri) e poi cambiare al livello 350 attorno a Dnipropetrovsk. Il controllo aereo Dnipro alle 12:53 chiede all’equipaggio di salire al livello programmato per evitare il conflitto con un altro volo a livello 330; l’equipaggio chiede a sua volta di rimanere a 330. La richiesta viene accettata dal controllo aereo Dnipro, che procede a spostare l’altro volo a 350. Alle 13 viene approvata una deviazione di 20 miglia nautiche verso nord a causa di condizioni avverse, mentre viene negata la richiesta di salire a livello 340, già occupato. Alle 13:19 il controllo aereo Dnipro contatta il controllo aereo di Rostov sul Don (RND) per richiedere di trasferire il volo alle autorità aeree russe. A permesso accordato, il controllore ucraino tenta di contattare il volo MH17 alle 13:20, senza ottenere risposta. L’aereo scompare dai radar del controllo aereo di Rostov sul Don.
- Gli ultimi dati dell’aereo delle ore 13:20 riportano la posizione dell’aereo a ovest dell’insediamento semi-urbano di Rozsypne. Altri tre voli commerciali erano operanti nell’aerea, come quelli gestiti dalla Singapore Airlines e dalla Air India.
- L’aereo si è sfracellato al suolo appena fuori Hrabove, vicino Torez nell’Oblast’ di Donec’k, con i detriti sparsi in un’area di oltre 34 kilometri quadrati
- Le autorità dell’aviazione dei Paesi Bassi riporta nelle sue prime investigazioni che l’aereo sia stato colpito da una raffica di oggetti ad alta energia dall’esterno, causandone la distruzione, senza attribuirne la causa a malfunzionamenti o negligenze dell’equipaggio. Il primo ministro malese Najib Razak afferma che il report porta a forti sospetti che sia stato un missile terra-aria ad abbattere l’aereo. L’investigazione (risalente ai primi di Settembre) comunque non attribuisce responsabilità dell’incidente. Già all’indomani del disastro sia Stati Uniti che Ucraina avevano attribuito la colpa dell’accaduto a un missile sparato dalle milizie separatiste.
- Il 18 Luglio viene riportato che gli insorgenti che controllano l’area abbiano ritrovato le registazioni di volo (le cosidette ‘scatole nere’). Il 21 Luglio il primo ministro malesiano Najib Nazak riferisce, da ciò leader della Repubblica di Donec’k Aleksander Borodai gli ha detto, che gli insorgenti consegneranno le registrazioni di volo alle autorità malesi. La consegna avviene più tardi in quel giorno a Donec’k. Le scatole vengono esaminate dalla Air Accident Investigation Branch britannica. Il 23 Luglio viene riportato che esse erano danneggiate, ma non da una mano esterna, e che tutti i dati validi sono stati scaricati.
- Dal 23 Luglio si stabilisce una squadra internazionale di investigazione incaricata di scoprire, attraverso rilevamenti sul campo, le cause che hanno portato al disastro aereo, guidata dai Paesi Bassi e con membri da Ucraina, Malaysia, Australia, Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Russia. Una investigazione collaterale viene condotta dal Dipartimento di Sicurezza Olandese, su richiesta dell’Ufficio Nazionale di Investigazione degli Incidenti Aerei dell’Ucraina.
- Un team malese di 133 esperti; un team australiano di 45 membri guidato dal Maresciallo dell’Aviazione Angus Houston, che in precedenza aveva supervisionato le ricerche del volo MH370; sei investigatori della Air Accident Investigation Branch britannica, oltre a un extra di personale consolare mandato dal Ministero degli Esteri.
- Il team internazionale riesce ad arrivare al sito dell’incidente solo verso la fine di Luglio, sotto la leadership del Ministero della Difesa dei Paesi Bassi.
- Il 30 Luglio viene riportato che i miliziani pro-russi abbiano minato l’area adiacente al sito dello sfracellamento, e che l’abbiano bersagliata da un fuoco costante di artiglieria. Il 6 Agosto il team internazionale lascia l’area, preoccupato per la propria sicurezza personale. Il rapporto preliminare del 9 Settembre, a causa delle difficoltà incontrate durante le ricerche, non può basarsi interamente su rilevazioni sul campo. Vengono usate come riferimento per il report le foto scattate al sito nei giorni successivi all’abbattimento.
- La causa delle abbattimento dell’aereo non è stata ancora stabilita con certezza. Come detto, ufficiali ucraini e statunitensi ritengono che sia stato un missile terra-aria; e l’unico sistema nella regione in grado di raggiungere l’altitudine del traffico commerciale è quello di era sovietica BUK.
- Viene riportato il post su Vkontakte (il social network dominante nella slavosfera) di Igor Girkin/Strelkov che rivendicava l’abbattimento di An-26 ucraino; subito smentito alla notizia dell’abbattimento un aereo civile, con l’argomento che i miliziani non possono essere coinvolti nell’abbattimento dell’aereo, non avendo a disposizione armi in grado di raggiungere un’altitudine così elevata.
- Cronache di giornalisti dell’Associated Press e di testimoni oculare riportano di avvistamenti di sistemi di lancio Buk a Torez e a Snižne (nell’area dell’incidente). Il Corriere della Sera rivela il racconto di un miliziano insorgente di stazione a Torez che presenta la tesi che l’aereo sia stato abbattuto per errore dai miliziani, avendo dato per certo che si trattasse di un aereo militare ucraino. «Pensavamo di dover combattere i piloti ucraini appena arrivati a terra col paracadute e invece ci siamo imbattuti in cadaveri di civili. Tanti poveri resti di corpi, assieme a valigie e bagagli che nulla avevano di militare.»
Prima pagina di Novaja Gazeta
- Nel frattempo la Russia nega il suo coinvolgimento o quello delle milizie ribelli nell’abbattimento, con la contro-tesi che sia stato al contrario un jet ucraino ad far precipitare l’aereo. Il quotidiano indipendente Novaja Gazeta pubblica una prima pagina dal titolo “Vergeef ons, Nederland” (perdonateci, Olanda).
- Il leader del battaglione Vostok Aleksandr Chodakovskij, riferisce all’agenzia Reuters di essere venuto a conoscenza di un sistema missilistico Buk “nel momento in cui ho scoperto che la tragedia è accaduta”. Più tardi, agenzie russe battono la smentita dello stesso comandante, che afferma di essere stato “malquotato” e che stava solo discutendo di ‘possibili versioni’ dell’accaduto con Reuters, ribadendo che i ribelli “non hanno e non hanno mai avuto” un Buk.
- Il 23 Luglio viene dichiarato nei Paesi Bassi, nazione più colpita dal disastro aereo, giorno di lutto nazionale; il 21 vengono organizzate a Kuala Lumpur diversi memoriali per commemorare le vittime; l’apertura della 20° Conferenza Internazionale dell’AIDS a Brisbane si apre con la commemorazione delle vittime e dei delegati morti nell’incidente, mentre nel resto del paese vengono officiate messe in ricordo delle vittime australiane.
- 21 Luglio – Le forze governative conducono una serie di tentativi per riconquistare la città di Horlivka, a nord di Donec’k, sotto il controllo del DNR almeno dal 14 Aprile, quando la locale stazione di polizia fu assaltata e messa sotto il controllo di un gruppo di uomini armati. Nella ritirata dei ribelli del 5 Luglio da Slov’jans’k e Kramatorsk molti di questi si rifugiarono nella città. I primi tentativi dell’esercito ucraino vengono condotti per entrare nel sobborgo di Mayorsk; il 23 Luglio un jet ucraino viene abbattuto, mentre viene riportata la morte di 20-30 civili durante un intenso bombardamento contro la città, descritto dai ribelli come un tentativo del governo ucraino di screditare le forze separatiste
- 27 Luglio – L’entrata di un convoglio della Guardia Nazionale nella cttà di Šachtarsk e un raid aereo fanno scoppiare pesanti combattimenti lungo le strade della città. Rinforzi da Snižne arrivano per supportare lo sforzo difensivo delle truppe DNR. Il giorno stesso le autorità governative dichiarano la conquista della città, ripresa due giorni dopo dai ribelli, che riescono a cacciare le truppe ucraine dalla città.
- 28 Luglio – Le truppe ucraine entrano a Torez e villaggi vicini, riuscendo a prenderne il controllo solo fino al 1° Agosto, costretti a ritirarsi da insorgenti DNR. A una controffensiva dell’8 Agosto per affrontare le truppe ribelli che assediano le postazioni di Savur-Mohyla, una del 12 Agosto e un’altra del 20 per ricatturare la cittadina vengono tutte respinte dalle milizie ribelli.
- 31 Luglio – Accordata una temporanea sospensione delle operazioni militari per permettere agli esperti del team investigativo internazionale di esaminare il luogo dello schianto del volo MH17 a Torez, scortati dal ministero della difesa ucraino.
- 3-4 Agosto – Una serie di vittorie dell’esercito ucraino fanno parlare di una Luhansk “virtualmente circondata” e di una Donec’k riconquistata per tre quarti dalle forze governative, con i battaglioni filo-governativi “Azov” e “Šachtarsk” che cominciano a “liberare” Donec’k.
- 7 Agosto – Aleksandr Zacharčenko, leader del battaglione Oplot nativo di Donec’k, succede a Aleksandr Borodai nella carica di Primo Ministro della Repubblica Popolare di Donec’k, che a sua volta diviene Vice-Primo Ministro.
Cadaveri di soldati ucraini dopo la disfatta di Ilovaisk
- 7 Agosto – Contro la città di Ilovaisk, posta a metà strada tra le roccaforti insorgenti di Luhansk e Donec’k inizia un primo tentativo dell’esercito ucraino di conquistarla, con l’obiettivo di tagliare le linee di rifornimento esistenti tra le due città e separare i due fronti del conflitto.
- Dopo giorni di tentativi falliti, nella notte tra il 18 e il 19 Agosto le forze governative guidate dal Battaglione Donbass, riescono a entrare nella città e a issare la bandiera nazionale ucraina sull’edificio dell’amministrazione cittadina senza subire perdite, con il comandante del Battaglione Semën Semënčenko ferito da un colpo di mortaio e evacuato dal campo di battaglia. Il ministro Avakov riporta le operazione dei battaglioni Azov, Dnipro e Donbass per ‘ripulire’ la città dai ‘terroristi’, menzionando specificamente che essi ne hanno uccisi “un gran numero” di insorgenti appartenenti al battaglione Oplot della Milizia Popolare del Donbass.
- Nei giorni immediatamente seguenti il comandante Semënčenko denuncia il fatto che il suo battaglione sia stato abbandonato sia dalle forze governative sia dai gruppi paramilitari a fronteggiare l’assedio delle milizie insorgenti, diventato poi una vera e propria ‘trappola’ per i soldati ucraini.
- Il 29 Agosto viene riportato un accordo, sollecitato da Putin e stipulato tra il leader DNR Zacharčenko e le truppe ucraine per la creazione di un ‘corridoio’ che permetta l’uscita delle truppe dalla città, con la condizione di lasciare indietro le armi e veicoli durante.
- Avanzata per dieci chilometri nel corridoio, la colonna di truppe in ritirata cade vittima di un’imboscata da parte delle forze pro-russe (nei giorni precedenti diverse sono le testimonianze di parte ucraina della presenza di militari russi). La colonna viene investita dal fuoco delle milizie, da colpi di mortaio e mitragliatrici pesanti, e si disperde nel tentativo di fuggire, in una situazione descritta come ‘un tritacarne’ da parte di un soldato ucraino scampato. I prigionieri vengono stimati tra 173 (un comandante DNR) e i 500 (il Governo Ucraino) con il ministero degli Interni che riporta che 93 soldati sono riusciti a scampare da Ilovaisk il 1° Settembre.
- La ricezione da parte dell’opinione pubblica e negli apparati militari è quella di una completa disfatta dell’esercito ucraino, che è costata la vita di 1000 soldati; il 4 Settembre viene aperto un procedimento per investigare le cause che hanno portato al fallimento dell’operazione; il Battaglione Donbass accusa l’establishment ucraino di averlo ‘tradito’ nella conduzione della battaglia. Il ministro della difesa Valerij Heletej rassegna le dimissioni il 14 Ottobre sulla scia degli eventi.
- 14 Agosto – Il Ministro della Difesa della Repubblica Popolare di Donec’k Igor Girkin/Strelkov viene secondo una sua richiesta rimosso dall’incarico e assegnato ad altra mansione. Il 16 Agosto successivo viene riportata la sua ‘vacanza’. Viene sostituito Vladimir Kononov, nome di battaglia “Zar”.
- 14 Agosto – Shaun Walker e Roland Oliphant del Guardian riportano di aver avvistato una colonna di 23 blindati per il trasporto di personale e altri veicoli logistici con placche militari ufficiali russe, viaggiare dalla città russa di Doneck verso il confine con l’UCraina. Non arrivando a parlare di una vera e propria invasione russa in Ucraina, i giornalisti britannici riconoscono nella colonna una chiara prova di un coinvolgimento russo nel conflitto. Un coinvolgimento declinato dalle autorità russe come umanitario e di buona volontà. La zona dell’avvistamento è da tempo sotto il controllo delle milizie pro-russe. La colonna fa parte di un convoglio umanitario più grande di 227 veicoli con beni di prima necessità, sotto gli auspici della Croce Rossa.
- 18 Agosto – Un convoglio di rifugiati in fuga dalla città di Luhansk, oggetto nelle ultime settimane di un assedio condotto dalle forze governative viene attaccato sulla strada che separa i villaggi di Novosvitlivka e Khryaščuvate, nel Raion di Krasnodon, a sud-est di Luhansk. Il convoglio, che batteva una bandiera bianca per segnalare la presenza di civili, viene bersagliato da colpi di mortaio e razzi ‘Grad’. La tesi del governo ucraino è quella di un assalto condotto dai separatisti, consci del passaggio del convoglio dopo un avviso; quella degli insorgenti pro-russi, poco sorprendentemente, è opposta, attraverso le parole del portavoce della Repubblica di Luhansk Andrei Purgin, che sia stata l’Ucraina a bersagliare il convoglio per attribuire la colpa dell’accaduto ai ribelli. Il fotogiornalista russo Andrej Stenin rimane ucciso e il suo corpo carbonizzato viene riconosciuto solo agli inizi di Settembre. Episodio condannato dalle Nazioni Unite.
- 23 Agosto – Un miliziano riferisce all’agenzia russa RIA Novosti che le forze di auto-difesa stanno premendo contro le postazioni governative di Novoazovsk, in una azione che se divenisse vittoriosa, potrebbe permettere alle forze della Repubblica Popolare di Donec’k di accedere al Mare d’Azov.
- 26 Agosto – Inizia il bombardamento delle forze DNR contro la città portuale, di intensità tale che induce le forze governative a ritirarsi dalla città temendo per la propria sicurezza.
Carri armati ucraini verso Mariupol dopo che i ribelli hanno catturato Novoazovsk
- 27 Agosto – La conquista insorgente di Novoazovsk viene confermata dal sindaco Oleg Sidorkin, che aggiunge l’impiego di “dozzine” di carri armati e veicoli blindati. La sconfitta costringe le forze armate ucraine a ritirarsi Marjupol’.
- L’Ucraina accusa a più riprese la Russia non solo di fornire le armi, ma anche personale militare ai ribelli, sostenendo anche che gli attacchi delle milizie DNR siano partite dal territorio russo.
- 28 Agosto – Dalla appena conquistata Novoazovsk, le milizie DNR marciano ad ovest verso Marjupol’, da Giugno sotto il controllo governativo
- L’ingaggio delle forze governative contro quelle ribelli avviene il 4 Settembre. I secondi, provenienti dal villaggio di Bežimenne, vengono affrontati dai primi tra i villaggi di Širokino e Berdjanske. Il combattimento riprende il giorno dopo nel villaggio di Širokino, con un bilancio di sette morti tra i civili. Il battaglione Azov comincia ad addestrare i cittadini di Marjupol’ in vista della difesa della città, supportata ulteriormente con l’arrivo di una dozzina di veicoli di trasporto corazzati dell’esercito ucraino con uomini e armi. Il 7 Settembre viene distrutto un camion militare ucraino, mentre il Battaglione Azov cattura un carro armato vicino Marjupol’. Gli insorgenti catturano Širokino.
- Con il cessate-il-fuoco in azione, Petro Porošenko visita Marjupol’ e si rivolge agli operai dell’acciaio, rassicurandoli che la città è ben protetta nel caso i ribelli dovessero violare la tregua.
Incontro a Minsk per il protocollo
- 5 Settembre – Dopo una serie di incontri del Gruppo Trilaterale di Contatto sull’Ucraina, formato da rappresentanti di Russia, Ucraina e Osce, viene firmato un accordo a Minsk per per fermare il conflitto nel Donbass, quello che poi sarà chiamato “il Protocollo di Minsk”. Firmatari, la diplomatica svizzera e rappresentante OSCE Heidi Tagliavini; l’ex-presidente ucraino Leonid Kučma; l’ambasciatore russo in Ucraina Michail Zurabov; il leader DNR e LNR Aleksandr Zacharčenko e Ihor Plotnickij. Tra le sue previsioni, che ricalcano il piano di pace da quindici punti proposto a Giugno da Porosenko:
- Immediato cessate-il-fuoco bilaterale
- Garantire all’OSCE la monitorizzazione e la verifica del cessate-il-fuoco
- Decentralizzazione del potere da raggiungere attraverso una legge che accordi uno ‘status speciale’ per le regioni di Donec’k e Luhansk
- Garantire il monitoraggio permanente del confine russo-ucraino da parte dell’OSCE con la creazione di zone di sicurezza.
- Il rilascio di tutti gli ostaggi e delle persone illegalmente detenute.
- Una legge che prevenga la persecuzione e la punizione delle persone coinvolte in certi eventi accaduti nelle due regioni orientali.
- Continuare un dialogo inclusivo a livello nazionale.
- Adottare misure per migliorare la situazione umanitaria nel Donbass.
- Assicurare elezioni locali nel rispetto della legge ucraina.
- Ritiro dei gruppi armati, degli equipaggiamenti militari, dei combattenti e dei mercenari dall’Ucraina.
- Adottare programmi per il ripristino dell’economia e la ricostruzione della regione del Donbass.
- Garantire la sicurezza personale per i partecipanti nelle consultazioni.
- Settembre → Oggi – Continue denunce reciproche di violazioni del cessate-il-fuoco tra le truppe confederate di Novorossija e le forze governative ucraine, tanto da far dire al Comandante Supremo Alleato in Europa (NATO) il Generale Philip Breedlove, che la tregua sia solo di nome.
- 12 Settembre – L’OSCE avvista un secondo convoglio russo formato da 220 veicoli, di cui 193 camion, attraversare il punto di passaggio della frontiera di Doneck e entrare in Ucraina in sei gruppi. I primi 40 camion bianchi vengono ispezionati dalla dogana russa, mentre il resto non vengono fatti oggetto di ispezione. L’intero convoglio non viene controllato dalle guardie di frontiera ucraine, né dalla dogana o la Croce Rossa. Due automobili hanno preceduto la colonna di veicoli, con a bordo dei passeggeri che si sono identificati al gruppo osservatore OSCE come ufficiali del ministero delle Situazioni d’Emergenza della Federazione Russa. Il ministero conferma la presenza del convoglio e volendo fugare ogni sospetto, dichiara che i camion contengano aiuti umanitari.
- 15 Settembre – Circa 1300 soldati iniziano una esercitazione militare nei pressi di Lviv, ovest Ucraina, guidata dagli Stati Uniti e con la partecipazione di membri della NATO (Ucraina, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Regno Unito, Lettonia, Lituania, Moldavia, Norvegia, Romania, Spagna) e denominata “ Rapid Trident”, per prepararsi a operazioni di peacekeeping e di mantenimento della stabilità.
- 16 Settembre – Le forze armate delle Repubbliche Popolari di Donec’k e Luhansk si fondono in unico soggetto combattente, le Forze Armate Unite di Novorossija. I singoli gruppi hanno dovuto prestare giuramento per la DNR, venendo sciolte come semplice gang se non lo facevano.
- DNR, la Milizia Popolare del Donbass (Battaglione del Nord; Forze Patriottiche del Donbass; Brigata Vostok [Aleksandr Chodakovskij]; Battaglione Oplot [Aleksandr Zacharčenko]; Divisione dei minatori [Kostantin Kuzmin]; Battaglione Kalmius [Sergej Petrovskij]; Battaglione della steppa; Armata Russa Ortodossa; Battaglioni di volontari stranieri [Legione di Santo Stefano, Ungheria; Distaccamento Jovan Sević, Serbia; Battaglione Alija, Israele]; Battaglione “Sparta” [Arsenij Pavlov, nome di battaglia “Motorola”]; Battaglione Somalia [Michail Tolstych, detto “Givi”]).
- LNR, Armata del Sud-Est (Grande Armata del Don; Guardia Nazionale Cosacca [Nikolaj Kozicyn]; Brigata Prizrak [Aleksej Mozgovoj[; Battaglione Zarja [Andrej Patrušev]; Battaglione Lesij].
- Battaglione Umanitario di Novorossija.
- Viene approvata alla Rada la legge attuativa delle previsioni del Protocollo di Minsk che accoglie parte delle richieste fatte nei mesi da parte delle repubbliche insorgenti. Essa dichiara, fermo restando la sovranità dello stato ucraino su quelle regioni, uno ‘:status speciale’: “autonomia” per tre anni delle regioni del Donbass; fissazioni di elezioni locali in accordo con la legge ucraina da tenersi il 7 Dicembre; il diritto delle Repubbliche Popolari di dotarsi di milizie indipendenti dal controllo del governo di Kyiv; il controllo delle corti e dei pubblici ministeri; l’autorizzazione a stabilire con le regioni russe confinanti relazioni riguardo a materie di interesse locale.
- Nello stesso giorno l’organo legislativo completa la ratifica della seconda parte dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea, quello relativo alla creazione della zona di libero scambio.
- 19 Settembre – Firma del Memorandum a Minsk riguardo l’implementazione delle previsioni del Protocollo del 5 Settembre: rafforzamento della validità reciproca del cessate-il-fuoco; bando generale all’uso di armi letali e ogni forma di azione offensiva; ritiro di tutte le armi letali oltre i 100mm di calibro di almeno 15 km per la creazione di una zona cuscinetto tra i due fronti largo 30 km, ritiro di tutti i sistemi di artiglieria in una misura pari alla loro gittata massima (dai mortai da 120mm per 8 km fino ai sistemi di lancio Tornado per 90-120 km); divieto monitorato dall’OSCE nella dislocazione di armi pesanti e equipaggiamento militare nel distretto confinante con le cittadine di Komsomolske, Kumačeve, Novoazovsk e Sachancha (sul confine sud-orientale con la Russia e il Mar d’Azov); divieto di sorvolo della zona delle aviazioni militari e di droni stranieri con la sola eccezione di quelli impiegati dall’OSCE per la sua missione di controllo; la dislocazione del team di controllo dell’OSCE nelle 24 ore successive alla messa in atto del memorandum.
- 29 Settembre – Intensi combattimenti nonostante il cessate-il-fuoco all’Aeroporto Internazionale di Donec’k, l’ultimo luogo pubblico rimasto nella capitale della regione in mano alle forze governative ucraine. Gli scontri sono nati da un’offensiva guidata da forze del DNR. Le forze ucraine riportano la distruzione di un veicolo da trasporto governativo che causa sette morti, mentre gli scontri seguenti costano le vite di nove soldati e il ferimento di altri 27. Le forze insorgenti giustificano l’attacco come risposta ai continui colpi di mortaio lanciati dagli ucraini non solo alle loro posizioni, ma a tutta la città di Donec’k
- 1° Ottobre – Le froze insorgenti avanzano impiegando carri armati, occupando hangar, un’area di rifornimento e altri edifici, bombardando le postazioni dell’esercito ucraino dalle nuove posizioni. Sebbene a ciò segua la conquista del centro di controllo, la stazione di polizia e l’hotel, la situazione rimane in stallo.
- Metà Ottobre – Le forze ucraine respingono ripetuti attacchi ribelli, i quali dichiarano che l’aeroporto è “quasi interamente” occupato dalle loro forze, con il quasi dovuto alla strenua difesa delle forze ucraine rimaste nei bunker sotteranei.
- 28 Ottobre – Le forze insorgenti controllano il terzo piano dell’edificio del Terminal principale, semi-distrutto dai combattimenti delle settimane precedenti, mentre le forze governative occupano ancora il primo e il secondo piano.
- L’11 Novembre viene riportato che le forze ucraine hanno liberato tutti i piani del terminal principale, issando tre bandiere ucraine sulle rovine dell’edificio distrutto.
- 13 Ottobre – Il leader degli insorgenti Pavel Gubarev viene ricoverato in ospedale dopo essere rimasto incosciente in seguito allo scontro della sua macchina contro un palo, attaccata da colpi di arma da fuoco in un tentativo di assassinio. Viene riportato che né lui, né i compagni a bordo della macchina al momento dell’incidente hanno ferite da proiettili, attribuendo il ricovero in ospedale alle conseguenze dello scontro. Il fatto è avvenuto nei pressi di Rostov-sul-Don, Russia.
- 14-16 Ottobre – Truppe cosacche della cosiddetta “Armata del Don”conducono un’offensiva contro le postazioni governative a Bachmutka (Luhansk Ob.), intimando i soldati ucraini dell’avamposto ad arrendersi.; 112 uomini dell’esercito governativo vengono accerchiati nell’area tra Choroše e Smile dalle forze cosacche dell’Armata del Don, supportate da venti carri armati e ventiquattro veicoli blindati; l’80° brigata aviotrasportata mandata per i rinforzi viene coinvolta in un imboscata – le vittime ucraine vengono evacuate solo con la mediazione OSCE con gli insorgenti. Il fronte dell’avamposto viene alleggerito il 16settembre.
- L’Ucraina pubblica una serie di documenti che si presume descrivano le attività dell’unità militare 7426 provienente da Pskov, dei soldati “Korolenko” e “Kišatkin”, come prova del coinvolgimento russo nel Donbass, con dettagli sul loro dislocamento e diari che arrivano fino al 12 Agosto, data della loro presunta morte.
- 23 Ottobre – Aleksandr Zacharčenko dichiara che le sue forze riprenderanno il territorio perso dopo l’offensiva del governo ucraino in Luglio (soprattutto le città di Slov’jans’k, Kramatorsk e Marjupol’) , senza escludere l’uso di “pesanti operazioni militari”, rettificato in un successivo comunicato in “mezzi pacifici” dicendo di essere stato malquotato. Da parte del Presidente Porošenko, invece, è la promessa che il territorio sotto il controllo separatista andrà ancora una volta sotto il controllo ucraino, aggiungendo che il “Donbass non sopravviverà senza l’Ucraina”.
- 26 Ottobre – Si tengono le elezioni per il rinnovo della Verchovna Rada ucraina.
- Rimando ai due articoli pubblicati
- 2 Novembre – Si tengono le elezioni generali nel novello Stato Federale di Novorossija (anche qui rimando all’articolo)
- 4 Novembre – Il nuovo parlamento della Repubblica Popolare di Donec’k elegge come Capo di Stato il già Primo Ministro Aleksandr Zacharčenko.
- 5 Novembre – Il governo del primo ministro ucraino Arsenij Jacenjuk, assieme alle autorità regionali di Donec’k, annuncia il congelamento dei fondi per il pagamento delle pensioni, degli stipendi dei dipendenti pubblici e in generale quelli destinati a politiche sociali, annunciandone lo sblocco solo quando l’insurrezione sarà cessata. La società civile denuncia questa mossa del governo come una ‘dichiarazione di guerra’ alle genti del Donbass, mentre viene definita ‘crimine di guerra’ dalle forze ribelli.
- 15 Novembre – Il Presidente Petro Porošenko emana un decreto che ordina il ritiro di ogni servizio statale, inclusi i fondi per scuole e ospedali, dalle regioni sotto il controllo degli insorgenti, e che invita il nuovo parlamento eletto a abrogare la legge del 16 Settembre riguardante la concessione dello status speciale a quelle regioni, emanata in accordo al Protocollo di Minsk. Il decreto ordina inoltre l’interruzione, attraverso la Banca Centrale nazionale, di ogni attività bancaria nella regione entro la fine del mese.