TRAMA: In un futuro prossimo, in cui l’uomo è in via d’estinzione e le risorse di cibo si vanno esaurendo, Cooper (Matthew McConaughey), ex pilota militare riciclatosi agricoltore e padre di famiglia vedovo, è assunto dalla NASA per partire nello spazio alla ricerca di un pianeta su cui l’uomo possa emigrare. Abbandonando a malincuore i figli Murph e Tom, Cooper, insieme alla dottoressa Amelia Brand (Anne Hathaway) e a due astronauti – Doyle (Wes Bentley) e Romilly (David Gyasi) –, parte per la missione Lazarus alla volta di Saturno, in un lungo viaggio attraverso dei buchi spazio-temporali, alla disperata ricerca di vita nello spazio, mentre sulla Terra, ormai cresciuti, Murph (Jessica Chastain) e Tom (Casey Affleck) perdono speranza per il ritorno del padre.
GIUDIZIO: Il nono film di Christopher Nolan, sceneggiato col fratello Jonathan (già co-autore di “Memento” e “The Prestige”) e in un primo momento destinato a Spielberg, è un ambizioso, monumentale, incompiuto kolossal fantascientifico, che trova luogo, come molto cinema hollywoodiano recente, in un futuro apocalittico, col solito uomo medio americano pronto a inventarsi eroe per salvare l’umanità. Fin qui niente di nuovo, ma nemmeno nella messinscena, pur sontuosa, Nolan sa aggiungere qualcosa di più al filone fantascientifico e finanche alla sua filmografia, del resto così diversa e così unica. Deludente se si considera l’attesa e le proporzioni (165 milioni di dollari di budget, oltre a un considerevole marketing), pienamente convincente sul piano visivo con una mostra di effetti speciali e invenzioni di sicuro impatto, è il film più megalomane di un regista unico e potentissimo, l’unico che a Hollywood può considerarsi autore vero, scrivendo, dirigendo, producendo, avendo il totale controllo sulla sua opera. Ma non basta il genio e il talento a salvare “Interstellar” dai suoi buchi neri, dalle sue incongruenze e assurdità, dalla sua lentezza e confusione. La parola capolavoro e il modello di Kubrick sono lontani dal film di Nolan come la Terra da Saturno, e nella descrizione di un viaggio magnifico oltre l’impossibile, nella scoperta di un nuovo mondo, manca in effetti persino la leggerezza eterea e la meraviglia del contemporaneo “Gravity”. A tratti molto lento, caotico, melodrammatico e fatalista, aperto al sentimento e alla lacrima, il film si rivolge solo in apparenza a un grande pubblico, e non per una riflessione intellettuale che resta sempre in sordina, piuttosto per un ritmo dilatato, una lunghezza considerevole (167’), un abuso della parola, un accumulo costante di elementi, sottotracce, spesso sequenze sacrificabili, che appesantisce tutto, persino la magia. Per un blockbuster, esige troppo dallo spettatore: una prolungata sospensione dell’incredulità, un’attenzione estrema, una conoscenza praticamente accademica delle leggi dell’astrofisica, della meccanica quantistica e dei problemi della navigazione interplanetaria, su cui i personaggi dibattono senza sosta con buona pace del pubblico pagante. Lo spettatore, indirizzato mano a mano, spinto, coinvolto, drogato dalle immagini, non può dubitare e si affida ciecamente a Nolan, la cui furbizia sta nel creare un universo fantastico o quantomeno improbabile di cui solo lui è padrone, solo lui detiene e rispetta, talvolta cambia, le regole, in un modo spesso scorretto, artificioso, non privo di cliché, per cui anche la proverbiale ambiguità nolaniana sembra un calcolo programmato. Qui più che in “Inception” le buone basi, filosofiche e umane, sono sacrificate sull’altare dello spettacolo, lasciate in superficie, senza che Nolan smetta un solo attimo di prendersi sul serio, trasformando il virtuosismo del genio in freddezza da professionista. Affascinante per la sua impossibilità, per i suoi labirinti narrativi e grafici figli di Borges e Eischer, cinematograficamente e musicalmente imponente (grazie anche alla fotografia di Hoyte Van Hoytema e alla colonna sonora di Hans Zimmer), “Interstellar” bombarda l’occhio ma non scava l’anima, e per essere appena un buon film è ben al di sotto dello standard di questo grande regista.
VOTO: 3/5
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