Le voci cominciarono a circolare quando Antonio Salieri si ritirò dalla sua attività di Kappelmeister alla corte imperiale asburgica nel 1824, per ricoverarsi in una clinica psichiatrica per la demenza che lo affliggeva; si rafforzarono quando si venne sapere, da fonti nel migliore dei casi inattendibili, che negli ultimi deliri prima di spirare il compositore veneto confessò di aver ucciso Mozart, confermando quelle voci parallele che lo volevano morto per avvelenamento; diventarono scolpite nell’immaginario collettivo grazie all’immaginario di uno dei più illustri sostenitori della tesi dell’assassinio, il discendente del “moro di Pietro il Grande”, Aleksandr Puškin. Un breve poema drammatico, uno studio sull’invidia intitolato semplicemente Mozart e Salieri, del 1832 – un dialogo tra i due compositori; il primo profondamente turbato dalla visita dell’uomo in nero che gli ha commissionato il Requiem, il secondo altrettanto turbato dal talento di Mozart infinitamente superiore al suo e perciò causa di invidia che non può che sfociare nell’assassinio, nell’avvelenamento della bevanda del rivale mentre cenano in una locanda. Nel 1897 Nikolaj Rimskij-Korsakov riprende quasi senza modifiche l’originale puškiniano e lo presenta al teatro Solodnikov di Mosca.
Nel 1979 il drammaturgo britannico Peter Shaffer prende la leggenda e la trascina nei recessi della mente di un canuto e tormentato Salieri in Amadeus
Sul palco del Teatro Mercadante di Napoli, Tullio Solenghi si muove in una scenografia scarna, curata da Laura Benzi, lontana dall’opulenza di dettagli scenici del film di Forman, considerato uno dei più belli in costume, in cui a dominare è un clavicembalo su cui si affrontano i talenti contrapposti dei due musicisti, un Wolfgang Amadeus che gioca con la futura moglie Costanze (Arianna Comes) e i sedili vengono di volta in volta arrangiati per servire le necessità del copione, come quando vengono messi in sequenza affinché la corte imperiale possa assistere alla prima del Ratto del Serraglio: dal maldisposto Conte Rossini-Rosenberg (Andrea Nicolini) sostenitore del monopolio italiano sulla musica operistica; il Barone van Swieten (Roberto Alinghieri) massone come Mozart e per questo suo sostenitore nei primi tempi fino alla caduta in disgrazia; il goffo, quasi macchiettistico imperatore Giuseppe II (Davide Lorino), di animo illuminato, ma poco esperto di musica. L’obiettivo è quello di esaltare tutti gli aspetti più moderni del dramma, togliere in un certo senso quegli espedienti usati nel film per dare una cornice più ampia ai personaggi – come la parte dedicata a trattare il padre di Mozart, ancora una presenza ingombrante ma solo accennata (così come il suo peso nel Don Giovanni) negli incubi di Amadeus, interpretato da un Aldo Ottobrino ‘a briglie sciolte’ nell’esprimere il suo malcontento verso la comunità musicale italiana a Vienna che gli sbarra la strada nell’accedere a incarichi più importanti. Ma non verso Salieri, il quale è abile a dissimulare la sua vera intenzione di distruggere la carriera dell’avversario e a presentarsi come una persona fidata, anzi come un benefattore per Wolferl. Solenghi, conosciuto primariamente per essere un autore comico, dona una certa vena ironica al suo personaggio, grazie a una sequela di gesti dissimulati, sguardi eloquenti – un “grazie Signore” per avergli dato il dono di riconoscere il genio di Mozart, senza che possa mai raggiungerlo, anche dopo aver dato la propria verginità per emergere come musicista, nella mentalità cattolica rurale di Legnago (Verona). Ma anche una certa gravitas drammatica, nel suo presentarsi alla fine come santo patrono dei mediocri, lui che è riuscito a vivere abbastanza a lungo per osservare le sue opere sparire progressivamente dalle scene e vedere quell’“osceno ragazzino” divenire immortale. Che nel gesto estremo del suicidio, confessa di averlo avvelenato con l’arsenico per essere ricordato almeno come l’assassino di Mozart. Senza però venire creduto dalla sua serva (Elisabetta Mazzullo), che lo osserva nell’abbandono della morte sulla sua sedia a rotelle.