All’indomani della votazione in Senato sulla legge delega per la rifoma del mercato del lavoro, il senatore Pietro Ichino, giovedì 4 dicembre, sarebbe dovuto essere ospite dell’Università Federico II di Napoli. Proprio Ichino, tra gli ideatori e sostenitori del Jobs Act, la legge contro cui negli ultimi giorni si sono scatenate le proteste in varie città italiane. Proprio a Napoli, dove il giorno prima vari studenti della Federico II e dell’Orientale hanno occupato le rispettive università mentre a Palazzo Madama erano in corso le votazioni. Tutte iniziative che, sul piano nazionale, vedranno il culmine il giorno 12 dicembre, data in cui la CGIL ha indetto lo sciopero generale.
L’occasione dell’incontro napoletano è stata una “tavola rotonda sul Jobs act”, insieme a Cesare Damiano, Stefano Fassina e Valeria Fedeli.
Una sorta di assemblea dei lavoristi PD, che inizialmente si sarebbe dovuta tenere all’Aula Pessina, nella sede centrale dell’Università. L’evento è stato poi spostato in un’aula della facoltà di Scienze Naturali, in via Mezzocannone 8.
Ma la gestione dell’evento da parte dell’Università ha presentato molte preplessità. Innanzitutto, il fatto che l’evento sia stato “nascosto” ai più, considerando che non è comparso nell’Agenda eventi del sito ufficiale dell’Università, né tantomeno sul sito del Dipartimento di Giurisprudenza – cioè il sito rivolto agli studenti direttamente interessati all’iniziativa. Successivamente è stata smentita la presenza di Ichino (presenza annunciata invece sul suo sito personale). Chi ha partecipato allora a questa tavola rotonda? Quello che è certo, è che gli studenti della Federico II e dell’Orientale erano in via Mezzocannone riuniti in corteo per raggiungere il luogo dell’incontro – nella loro Univeristà – e discutere delle proprie ragioni circa il Jobs act. Di fronte agli studenti, due cordoni di Polizia e Carabinieri in assetto anti-sommossa a chiudere l’accesso alle aule della facoltà.
Il Jobs act riguarda per buona parte i giovani, coloro che stanno per entrare nel mercato del lavoro.
Il Collettivo Autorganizzato Universitario esprime, attraverso il suo sito, la sua posizione a riguardo: “Quello che si cela dietro questa riforma è l’ennesimo attacco alle nostre condizioni di vita e di lavoro”. Nel dettaglio: “Facilita l’uso da parte dei padroni dei contratti a termine (alzando da 12 a 36 mesi la loro durata, consentendo di rinnovare questo tipo di contratti fino a 8 volte, ed eliminando la causale, ovvero l’obbligo di spiegare il perché della temporalità del rapporto di lavoro). Ma il decreto elimina anche tanti vincoli dei contratti di apprendistato, e rischia di farci diventare apprendisti a vita”.
Inoltre viene evidenziato il nesso con la riforma della scuola: “Non va dimenticato che le riforme del lavoro (…) vanno di pari passo con quelle dell’istruzione. Cogliere il nesso tra le due, significa trovare quell’anello di congiunzione che le lega indissolubilmente, attraverso la cosiddetta formazione permanente, la necessità che ha il padronato di imporre la “cultura del mercato” per permeare il singolo individuo fin nel suo intimo con lo scopo di renderlo ‘più competitivo’ – cioè ‘produttivo’ -, più individualista: in poche parole, più isolato e timoroso nel relazionarsi con chi condivide le stesse problematiche”.