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Addio al gasdotto “South Stream”: Russia ed Europa si allontanano. E a Bruxelles si ripensa alla politica energetica

south-stream-in-bulgariadi Marco Di Domenico

Quel gasdotto non s’ha da fare. Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato unilateralmente la sospensione della costruzione del gasdotto “South Stream”, dovuta ufficialmente agli ostacoli incontrati da Gazprom per l’avvio dei lavori in Bulgaria. Da Sofia non era mai arrivata l’autorizzazione al passaggio del metanodotto sul proprio territorio. In realtà, l’opera colossale non rientrava nelle regole europee del “Terzo Pacchetto Energia”: da qui l’accusa implicita del governo russo all’Unione Europea di aver remato contro.
Gli analisti sostengono che tutto ciò comporterà un notevole risparmio per le casse di Mosca: “La principale ragione per l’inversione di rotta di Putin sono i soldi”, commenta l’Economist. Considerando che il vero problema russo è rappresentato dai prezzi bassi del petrolio e, quindi, dalle basse entrate a fronte di una spesa esorbitante: solo per la parte offshore era previsto un investimento di circa 14 miliardi di euro, più altri 9,5 miliardi per coprire la tratta europea, dalla costa bulgara sino all’Austria.
Un bel risparmio per la Russia, ma un grave danno economico per uno degli stati più poveri dell’U.E. Infatti, si stima che la Bulgaria perderà circa 400 milioni di euro annui. I Paesi balcanici, ancora, perderanno sia i proventi del transito che quelli prospettati da Mosca per lo stoccaggio del gas. Infine, anche l’azienda italiana Saipem dovrà mettere in conto i mancati ricavi previsti da 1,25 miliardi di euro per la revoca del contratto per la realizzazione di due linee del gasdotto.
Sembra che alla base della decisione di Putin ci siano le tensioni sull’Ucraina: a Kiev verranno fornite solo le quantità di metano necessarie ai consumi interni mentre il transito del gas verso l’Europa sarà assicurato dal gasdotto Nord Stream e tramite la Turchia, dove c’è già Blue Stream e dove ora il Cremlino vuole far passare un nuovo gasdotto. Un nuovo accordo per la vendita del gas al di fuori dell’Unione Europea: dopo la Cina, ecco la Turchia. Questo nuovo gasdotto avrà una capacità di 63 miliardi di metri cubi. Di questi, circa 14 miliardi saranno diretti ai consumatori turchi, mentre i restanti 50 verranno posti in un punto di confine tra Turchia e Grecia, dove sarà organizzato un polo di consegna per il vecchio continente. La Turchia avrà, inoltre, uno sconto del 6% sul gas e volumi supplementari attraverso il Blue Stream.
south-stream-map-en“Invieremo i flussi verso altre regioni del mondo, anche attraverso la promozione e l’accelerazione di progetti relativi al gas naturale liquido”, afferma Putin dopo la conclusione dell’accordo con il premier turco Erdogan. E aggiunge: “L’Europa non riceverà più lo stesso volume di gas come in precedenza, almeno da parte della Russia”.
Eppure la Russia ostenta una sicurezza di facciata. Molti analisti vedono la Russia più dipendente dai 17 miliardi di euro di esportazioni di gas verso l’Europa che l’Ue dalla fornitura stessa. Il Cremlino non ha infatti altro cliente per il suo gas destinato al Vecchio Continente, mancando di infrastrutture per accedere al mercato asiatico e a quello mediorientale. L’accordo tra la Cina e la Russia per la fornitura di gas ha infatti alla base la costruzione di un nuovo gasdotto, ma non sarà operativo prima del 2019.
Bruxelles può contare sulla politica della diversificazione, attingendo ad un numero ampio di fornitori, con cui potrebbe sostituire le importazioni russe: dalla penisola arabica, specie con Qatar ed Arabia Saudita, grandi concorrenti di Mosca. L’Ue ha stabilmente importato da qui il 7% di tutto il gas e il petrolio che utilizza negli ultimi anni. Il maggior rischio per l’Europa in quest’area è la competizione da parte del mercato asiatico, che cerca da anni di sviluppare un accordo energetico tra Cina ed Arabia Saudita.
Ancora, la regione del Caspio potrebbe essere la chiave di volta per il vecchio continente, ma presenta molti problemi. Lo sfruttamento europeo di queste risorse è frenato da molti fattori: grande consumo domestico per via dell’alta inefficienza energetica, mancanza di infrastrutture e aspra concorrenza di Asia e Russia, quest’ultima dominante nella regione. L’Ue sta puntando alla costruzione della Trans Adriatic Pipeline (Tap) per garantirsi l’approvvigionamento di gas dal Caspio.
L’ultima grande regione strategica per l’energia è il Nord Africa. L’Algeria, in particolare, è nella top ten dei paesi con più risorse di gas naturale ed è un solido partner per l’Europa. Il problema principale dell’area è la sicurezza: Algeria, ma soprattutto la Libia, sono paesi con forti presenze dell’estremismo islamico, che potrebbero danneggiare i costosi progetti energetici.
L’Ue dovrebbe rendersi conto che la propria politica energetica deve essere un pilastro della sua azione di politica estera, non più complementare ad altri obiettivi, né demandata ai singoli Stati membri. Una politica energetica solida, infatti, avrebbe messo l’Europa in una posizione di forza sulla questione ucraina.