Il muro si è rotto. Syriza, con il 36% delle preferenze, il 25 gennaio scorso, ha vinto le elezioni greche, tenendo tra le mani le redini del parlamento. Un governo del popolo, voluto dal popolo come non mai. Un popolo umiliato, distrutto e che cerca di rialzarsi vincendo il peso delle macerie che lo schiacciano. È un segnale, questo, che non può essere frainteso. Quando la disperazione ottunde la mente, quando non si ha più niente, quando la propria vita è appesa al filo di un rasoio perennemente al punto da non sembrare neanche più vita, le reazioni possono essere pericolose e avranno sempre risvolti estremi. Ma i greci, memori del dramma nazista, non hanno ceduto a tentazioni (nonostante i Alba dorata siano il terzo partito del paese e il suo leader già preveda, per la fine dell’anno, la sua ascesa dopo il fallimento di Tsipras). La Grecia ha dimostrato che il desiderio di ridare dignità a tutta la propria gente prevarica il rancore degli anni del dolore. Con lungimiranza, hanno preferito cambiare le regole della scacchiera, invece di intraprendere uno scontro, sempre lo stesso, di cui hanno già assaporato tutto il veleno, l’odio, la disperazione, la morte che invade come un grande vento che rade al suolo tutto ciò che incontra.
Il debito greco è di 323 miliardi di euro, circa il 177% del Pil. Il 60% del debito (195 miliardi di euro) è in mano ai governi dell’eurozona. Di questi, 142 miliardi sono arrivati alla Grecia attraverso il Fondo salva-stati, 53 miliardi sono invece il frutto di prestiti bilaterali ricevuti dagli altri stati membri.
Eppure il popolo greco non teme di guardare i paesi europei e di chiedere aiuto con quel tono che non sa di elemosina né di lamento ma che sta come un ‘salviamoci insieme, non patite le nostre stesse pene, potrebbe essere troppo tardi allora’.
Le Germania, tuttavia, ha chiuso i battenti. La Troika minaccia di serrare qualunque forma di aiuto. L’Europa ‘che conta’ isola la Grecia, compreso il premier Matteo Renzi che parla dell’attività della Bce come “legittima e opportuna”, ma che si mostra accomodante e in perfetta intesa con Tsipras in conferenza stampa. Confonde, probabilmente, la politica interna “dell’inciucio” – come si è soliti chiamarla – con quella estera. O forse crede di essere Depretis, chissà.
Sta di fatto che il popolo greco, guardando le porte sbattute in faccia ai propri rappresentanti in giro per l’Europa, è sceso in piazza. Piazza Syntagma si è riempita, così, di 20.000 persone in appoggio al governo greco e in lotta contro l’Eurotower e le politiche dell’austerità. Il popolo greco grida la sua voglia di resistere e di non arrendersi, combattendo per l’apertura delle frontiere e invita a sostenerlo, a sentire la battaglia come qualcosa di continentale. Ecco la lezione greca.
C’è bisogno di una solidarietà attiva con il popolo greco, perché la battaglia ha come poste in gioco la democrazia e la giustizia sociale. Quella stessa giustizia che il governo italiano continuamente muta a proprio piacimento, precarizzando sempre più il lavoro e attuando politiche recessive.
“Chiediamo a tutti e tutte uno sforzo straordinario di impegno e di attivismo per dare vita sabato 14 febbraio a una grande manifestazione nazionale a Roma, in connessione con le altre piazze europee e con la mobilitazione prevista ad Atene il 16 febbraio”, si legge dalla convocazione di “Cambia la Grecia, cambia l’Europa”, il movimento italiano di solidarietà per Tsipras e la Grecia.
A Napoli, prima ancora della manifestazione nazionale del 14 Febbraio, si terrà un altro concentramento, l’11 Febbraio, alla stazione della Metro Toledo, ore 17.00.
Ignorare questa pagina vorrebbe dire star zitti mentre il mondo cerca di cambiare, per i greci e con i greci.