BERLINO – La giuria presieduta da Darren Aronofsky ha decretato stasera, 14 febbraio, i vincitori della 65esima edizione della Berlinale.
Jafar Panahi vince l’Orso d’oro con il suo film “Taxi”, compendio di regia minimalista, quasi sperimentale nella sua semplicità, e di poetica umanista. Il regista iraniano, vittima da anni dell’ostracismo fascista del governo del suo paese, ha continuato a fare cinema e la sua ultima fatica, girata tutta a bordo di un taxi di cui il regista si improvvisa conducente interrogando i passeggeri, volti veri e veraci dell’Iran contemporaneo, é un’opera originale, ironica, intelligente, e importante per capire il mondo orientale e islamico. Un grande segnale in tutte le direzioni, cinematografica, culturale e politica.
Giusto però anche il Premio della Giuria al notevole “El Club” del cileno Pablo Larraìn, a detta di chi scrive il film più bello ed interessante in competizione.
A trionfare tra gli attori é la coppia, tutta inglese, di “45 Years”’ di Andrew Waigh: Charlotte Rampling e Tom Courtenay. Il premio per la regia, spartito in un democratico ex aequo, va al rumeno Radu Jude per “Aferim!”, di cui abbiamo lodato lo stile più che i contenuti, e alla polacca Malgorzata Szumowska, autrice di “Body”. Insolita ma indiscutibile la scelta di premiare la sceneggiatura del documentario cileno “El botón de nácar” di Patricio Guzmán, che ha saputo collegare il tema dell’acqua con la storia delle popolazioni indigene della Patagonia e con la storia recente, e drammatica, del paese. Il Cile, con due premi su due film in competizione, si conferma uno dei paesi più ricchi e interessanti del cinema contemporaneo. Ma il cinema sudamericano é ancora presente nel palmares, con il Premio Alfred Bauer, cioè diretto ai film che aprono nuove prospettive, che spetta all’interessante “Ixcanul” di Jayro Bustamante. Un altro ex aequo é per il premio speciale ai contributi tecnici, per la fotografia del tedesco “Victoria” e del russo “Pod Elextricheskimi Oblakami”.
Scelte inappellabili e giuste, che premiano il valore di opere coraggiose e innovative, le poche del resto di una competizione non sempre all’altezza delle aspettative, con tanto di capitombolo di maestri come Werner Herzog e Terrence Malick.