di Giovanni Fantini
Il presidente americano Barack Obama, durante la sua visita in India, si è soffermato su alcuni dei punti più caldi della politica internazionale. In primo luogo, ha sottolineato l’importanza che avranno le relazioni tra Stati Uniti e India nel XXI secolo, sostenendo in modo netto l’ingresso dell’India nei membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’Onu. E’ la prima volta che gli Stati Uniti favoriscono in modo così diretto l’ingresso dello stato dell’Asia meridionale e il presidente americano sostiene che: “L’ordine internazionale giusto e sostenibile che l’America cerca, include Nazioni Unite che siano efficienti, efficaci, credibili e legittime. Questo e’ il motivo per cui posso dire oggi che negli anni a venire desideriamo un consiglio di sicurezza riformato che includa l’India come suo membro permanente.” Le relazioni tra i due paesi si sono rafforzate, quindi, e saranno “determinanti nella storia del ventunesimo secolo”. Nel discorso al Parlamento, il presidente sottolinea l’importanza storica che ha avuto Gandhi, che ha contribuito anche alla sua elezione. Secondo lui, India e Stati Uniti sono “le due più grandi democrazie del mondo” e, in quanto tali, devono collaborare per il progresso e la pace universale.
Il presidente discute ancora di altri due temi caldi della politica asiatica: la situazione politica in Birmania, e la crisi nel Kashmir. Domenica, infatti, si sono tenute in Birmania le prime elezioni “libere” da vent’anni a questa parte, anche se, in fondo, tanto “libere” non sono state. Il presidente Americano, come tante altre figure importanti nella politica del mondo, quali il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon o i rappresentanti dell’Ue, afferma che le elezioni sono “tutto fuorché libere e giuste” Critiche simili da Washington erano arrivate anche in passato, ma mai di questo genere. Conferma che, dopo un iniziale tentativo di dialogo fallimentare con il regime, dovrà cambiare politica. Afferma che: “Da troppo tempo il popolo Birmano si vede negato il diritto di decidere il proprio destino” e richiede l’immediato rilascio di Aung San Suu Kyi e di tutti i prigionieri politici. Appena un anno fa era iniziata la politica del dialogo con il totalitarismo, ma sembra dirsi già conclusa. D’altronde, le sanzioni economiche non hanno effetto dal momento che ci sono potenze come la Cina che continuano ad appoggiare il regime per lo sfruttamento delle risorse energetiche.
In Birmania, da oltre vent’anni, è al potere un regime militare che assunse il potere nel 1988 con un colpo di stato del generale Saw Maung. Furono inizialmente boicottate le elezioni previste per il 1989, che si tennero l’anno successivo. Ci fu una schiacciante vittoria del NLD (Lega Nazionale per la Democrazia), il partito di Aung San Suu Kyi, figlia di Aung San, laureata ad Oxford in Filosofia, Scienze Politiche ed Economia ed ex-ambasciatrice Birmana in India, che ottenne 392 membri all’Assemblea Costituente su 485, oltre il 79% dei seggi. Sarebbe, dunque, diventata Primo Ministro, ma l’esercito rifiutò di lasciare il potere e lo mantennero con la forza. Fu messa agli arresti domiciliari e vinse nel ’91 il Nobel per la pace ed usò i soldi del premio per costituire un sistema sanitario e di istruzione, a favore del popolo birmano. Le furono commutati gli arresti domiciliari nel ’95, anche se rimase in uno stato di semi-libertà, infatti le era impossibile lasciare il paese altrimenti non le sarebbe stato possibile farvi ritorno, e neanche i parenti potevano visitarla. Nel ’99, infatti, non riuscì a vedere il marito, gravemente malato di cancro, che morì quello stesso anno. Nel 2002 le fu riconosciuta più libertà d’azione ma nell’anno successivo ci fu attentato al convoglio che la trasportava e solo grazie ai riflessi dell’autista ne uscì viva. Fu di nuovo messa agli arresti domiciliari, che perdurano tutt’ora. Il caso è ormai internazionale e molte università desiderano attribuirle lauree Honoris Causa. Ha perfino ricevuto la Medaglia d’Onore, massima onorificenza del Congresso Statunitense. Sabato prossimo, dovrebbe essere liberata dagli arresti domiciliari che perdurano da quasi otto anni ininterrottamente, e da quasi vent’anni in totale.
Le elezioni, secondo alcune fonti, avrebbero visto ancora una volta il partito d’opposizione (Forza Democratica Nazionale, costola del partito della Suu Kyi) ottenere troppi consensi, ma, essendo il 25% dei seggi riservati all’esercito, basterebbe che uno dei partiti appoggiati dalla giunta ottenesse il 26% dei seggi rimanenti per la maggioranza, e se anche questo non avvenisse, si ripeterebbe l’annullamento delle elezioni come nel ’90. In ogni caso, la giunta ha decretato lo stato d’emergenza per novanta giorni, contornato da scontri tra l’esercito e i ribelli Karen, che si sono dovuti rifugiare in Thailandia, dove l’esercito ha deciso di non rispondere al fuoco. Non manca un’ammonizione di Obama all’India, la quale “se vuole assumere una posizione di rilievo mondiale, non può tacere su questioni gravi come la violazione dei diritti umani.”
Infine, il presidente afferma che la priorità degli Stati Uniti rimane la distruzione di Al Qaeda e dei suoi affiliati, soffermandosi sulla questione del Pakistan. Continueranno a lottare contro il terrorismo in Pakistan, che, insieme all’India, deve giocare un ruolo nello sviluppo dell’Afghanistan. E’ nell’interesse dell’India, dunque, la stabilità nel Pakistan, e la crisi del Kashmir dev’essere risolta tra di loro. L’India d’altra parte sostiene che finché non ci sarà volontà di combattere il terrorismo da parte di Islamabad, sulla questione del Kashmir non si potrà dialogare.