Il 2 aprile, a Losanna, i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti) e la Germania sono giunti ad un compromesso con l’Iran: gli eredi dell’impero persiano dovranno porre un freno all’arricchimento dell’uranio mentre, una volta appurato lo smantellamento della maggioranza delle centrifughe e l’applicazione dei punti previsti, l’Unione Europea, gli Stati Uniti e le Nazioni Unite sospenderanno le sanzioni imposte a Tehran. Si tratta di accordo quadro, ovvero un’intesa che definisce le linee guida da seguire per giungere ad un accordo definitivo. Le sette potenze dovranno firmare il testo conclusivo entro il 30 giugno.
Prima di elencare i punti dell’accordo è bene contestualizzare. In seguito alla Rivoluzione iraniana del 1979, che trasfromò l’Iran da una monarchia ad una teocrazia islamica, le relazioni con il mondo occidentale, soprattutto con gli USA, si deteriorarono celermente. Da subito il regime Komehinista si dimostrò fortemente ostile nei confronti delle presenze occidentali all’interno del territorio iraniano, e alcune crisi, come quella degli ostaggi nell’ambasciata americana a Tehran, minarono per sempre la fiducia reciproca. Negli anni seguenti l’Iran annullò alcuni investimenti americani nel campo del nucleare, mentre strinse accordi con la Russia e con il Pakistan. Quest’ultimo gli fornì le prime centrifughe e il know-how dei propri scienziati. Nonostante anche l’Iran avesse sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP), il sospetto che il paese stesse sviluppando armamenti nucleari crebbe quando il gruppo “Mujahedin del popolo iraniano” dichiarò che il regime stava portando avanti un programma nucleare clandestino. Negli anni ’90 gli USA imposero le prime sanzioni e, in seguito alla riluttanza del regime iraniano di collaborare con l’Agernzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA) e di frenare la corsa all’arricchimento di uranio, si unirono anche l’UE e l’ONU. Fino ad oggi l’Iran ha assunto comportamenti ambigui che lo hanno reso un soggetto internazionale poco affidabile e degno di poco fiducia, soprattutto da parte dell’occidente.
Ecco i punti dell’accordo quadro.
L’Iran dovrà ridurre di due terzi il numero delle centrifughe; delle circa 19mila unità attuali ne rimarranno installate 6.104, ma solo 5060 potranno essere utilizzate per il processo di arricchimento, che dovrà protrarsi per un massimo di dieci anni. Per quindici anni la soglia di arricchimento dovrà attestarsi al 3,67% (attualmente è del 5%), le scorte nucleari dovranno essere notevolmente ridotte, fino a raggiungere un ammontare pari a 300Kg, e non dovrà essere costruita alcuna ulteriore struttura adibita allo scopo.
L’impianto di arricchimento di Fordow, scoperto dai servizi segreti occidentali, dovrà essere convertito in un centro di ricerca da utilizzare esclusivamente per fini civili e dovrà cessare le sue attività di arricchimento che invece potranno essere svolte solo nell’impianto di Natanz, attraverso le centrifughe di prima generazione (IR-1). Le mille centrifughe di seconda generazione presenti a Natanz verranno poste sotto il controllo dell’AIEA, mentre quelle di ultima generazione non potranno essere utilizzate per i prossimi dieci anni, salvo particolari condizioni.
Il quinto paragrafo stabilisce che l’AIEA avrà pieno accesso alle miniere, ai depositi e al complesso di rifornimenti che riguardano il programma nucleare. L’Iran, inoltre, dovrà smantellare il reattore di Arak e sostituirlo con un nuovo reattore ad acqua che dovrà soddisfare i requisiti richiesti dai 5+1 e non dovrà essere in grado di produrre materiali per la creazione di ordigni nucleari. Non potranno essere costruite altre centrali di questo tipo nè essere prodotte e conservate scorte di acqua pesante superiori a quelle richieste per il corretto funzionamento della centrale.
Dal canto loro gli Stati Uniti, l’Unione Europea e l’ONU sospenderanno le sanzioni solo allorquando Tehran dimostrerà di essersi attenuta a tutti i punti previsti dall’accordo. La AIEA fungerà da organismo di controllo. Le sanzioni relative alla proliferazione nucleare, però, vanno distinte dalle sanzioni comminate in seguito alla violazione dei diritti umani e alle accuse di terrorismo, le quali contnueranno ad essere attive.
Nonostante sia presto per affermarlo con certezza, l’accordo quadro può essere considerato un discreto successo internazionale e, per gli Stati Uniti, forse il primo successo dell’amministrazione Obama in politica estera; dimostra inoltre l’importanza che organizzazioni internazionali come l’AIEA rivestono nella risoluzione di controversie, fornendo documentazioni, pareri e ispezioni super partes. In prima linea nella schiera dei detrattori dell’intesa si trova il Primo Ministro isrealiano Benjamin Netanyahu, che ha più volte criticato il comportamento di Obama nei confronti dell’Iran, ritenuto troppo morbido e lascivo e ha affermato che i punti di Losanna “potrebbero minacciare la sopravvivenza di Israele”. Alle sue spalle si ritrova una sostanziosa componente della politica americana, composta soprattutto da repubblicani che, sulla scia dei conservatori e dei nazionalisti isrealiani, non ripone alcuna fiducia nelle autorità iraniane e crede che l’accordo possa ritorcersi contro le potenze occidentali. Diversamente la pensano numerosi analisti politici ed esperti di politica internazionale. Fred Kaplan, giornalista, ha scritto che l’impalcatura dell’intesa è molto più dettagliata e restrittiva di quanto si aspettasse, questo lo rende “un buon accordo”. Un gruppo di trenta esperti di sicurezza nucleare ha rilasciato una dichiarazione in cui elogiano l’accordo quadro sostenendo che si tratta di un “passo avanti di importanza vitale” che “rafforzerà la sicurezza americana e dei suoi partner nella regione”. Sorprendentemente, anche l’Arabia Saudita, tra i principali rivali dell’Iran, ha espresso, seppur con cautela, il suo parere favorevole all’intesa: “Il consiglio dei ministri auspica il raggiungimento di un accordo vincolante e definitivo affinché porti al rafforzamento della sicurezza e della stabilità nella regione e nel mondo”.