“Non c’è angolo del Belpaese che non abbia il suo monumento alla bruttezza, all’inutile, all’incompiuto. Praticamente non esiste in Italia un comune in cui non sia presente un’opera rimasta a metà oppure abbandonata, come vedrete”. Il lato inutile e dannoso delle grandi opere è al centro dell’ultimo libro di Antonio Fraschilla “Grandi e inutili” (Ed. Einaudi, 2015, p. 200, 17€). Giornalista collaboratore del quotidiano la Repubblica, Fraschilla è autore di diverse inchieste sugli sprechi della politica e della pubblica amministrazione. Il libro parte da un assunto preliminare: l’incompiuto ha sempre fatto parte della storia dell’arte e dell’architettura, non è in sé un problema, a patto però che non siano i cittadini a pagarne le spese. E’ incompiuto il gruppo di sei statue di Michelangelo – i “Prigioni” – così come sono incompiuti il Duomo di Siena e il monastero dei benedettini di Catania. Il tema del libro non ha a che fare con questi storici quanto nobili fallimenti: “L’incompiuto che narriamo in questo volume ci dà piuttosto la sensazione di un degrado profondo che a volte ha a che fare, senza voler esagerare, con la violenza”. L’elenco delle grandi opere italiane è infinito in un duplice senso, sia perché parliamo di un grande numero di opere incomplete, ma anche perché un registro preciso che enumera queste opere non è mai stato stilato definitivamente. I casi stessi di cui si occupa Fraschilla non figurano ufficialmente nel conteggio ministeriale. Scrive infatti l’autore: “Nell’elenco molto parziale in possesso del Ministero ce ne sono poco meno di mille che […] pesano per 4 miliardi di euro. Ma la cifra dello spreco che raccontiamo in questo volume è di almeno 10 miliardi di euro, considerato che nell’elenco ministeriale non compaiono le opere incompiute del G8 della Maddalena, delle Olimpiadi invernali di Torino 2006, dei Mondiali di nuoto del 2008, delle Universiadi siciliane del 1997 e nemmeno grandissime incompiute, impossibili da non vedere, come il mega centro turistico di Baia di Campi in Puglia”. Una cifra enorme che basterebbe a finanziare la cassa integrazione per due anni a tutti gli operai che lavorano in aziende in difficoltà. Il libro è articolato in quattro sezioni: la prima dedicata alle opere messe a punto in occasione di grandi eventi; la seconda si sofferma sui casi in cui i progetti delle opere incompiute sono stati firmati da grandi architetti (ad es. il Teatro di Sciacca in Sicilia o l’aeroporto di Perugia); nella terza si tratta delle grandi infrastrutture; nella quarta si descrive di come sono state mal gestite le opere pubbliche nei piccoli centri cittadini.
Il capitolo conclusivo del libro analizza i danni e rischi per la salute dei cittadini che si vengono a creare quando opere importanti non giungono a compimento, specialmente quando queste devono essere costruite per porre un argine al dissesto idrogeologico.
Il problema delle grandi opere non è dunque misurabile solo in base allo spreco in termini economici, in quanto si aggiunge, come sottolinea l’autore, “l’inquinamento ambientale, la rovina di paesaggi stupendi che potevano fare la fortuna di un territorio e che sono stati devastati. Nessuno ripagherà gli abitanti delle Madonie, in Sicilia, per la colata di cemento tra due valli arrivata in nome di una diga mai completata. Nessuno ripagherà gli abitanti di Tor Vergata per quel campo di terra e ferro sovrastato da una vela che si staglia nel cielo, inutile. Agli abitanti della Maddalena chi restituirà la baia incontaminata?”.
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