di Chiara Maria Elena Ostuni
7 novembre, ore 7:00/7:30. A Pompei, uno dei siti archeologici più importanti a livello mondiale, crolla la “Domus dei gladiatori”.
I custodi, prima dell’apertura al pubblico, su Via dell’Abbondanza, che parte dal foro fino ad arrivare a Porta di Nola, si accorgono del crollo della Domus.
La causa del disastro è stata attribuita al maltempo dei giorni avanti, tuttavia c’è da dire che durante alcuni restauri avvenuti precedentemente, sui tetti delle domus, sono state effettuate delle colate di cemento armato, materiale inadatto per questi tipi di rinforzi strutturali, infatti hanno appesantito le già fragili mura.
La “Domus dei gladiatori” era stata chiamata così per un affresco, sulla facciata attigua alla strada, che rappresentava scene di gladiatori in un’arena.
Sicuramente il maltempo dei giorni antecedenti al disastro ha contribuito al crollo ma due giorni di pioggia non possono abbattere una struttura che è resistita anni e anni.
La scarsa attenzione alla manutenzione del sito archeologico è forse stato il fattore maggiore, infatti è l’ordinario che mantiene intatti i monumenti. Già gli antichi avevano un loro sistema di restauro, detto cosmesis.
La nostra memoria storica si basa soprattutto sui reperti archeologici.
Pompei, patrimonio mondiale, è anche, infatti, orgoglio campano. Il sito della “città sepolta” è motivo di vanto per i partenopei. Abbiamo l’onore di custodire un’intera città romana, intatta e bellissima. Ma a quanto pare non tutti la pensano così.
Il sito di Pompei è stato sbalzato da una direzione all’altra. All’inizio era sotto la giurisdizione della sovraintendenza – che in Campania sono solamente tre – di Napoli-Caserta, poi è diventata autonoma e da poco è tornata sotto le cure della conduzione di Napoli. Non vi è stato solo un inutile spostamento di dirigenze ma anche di gestori.
Ai sovraintendenti capi, infatti, sono stati affiancati dei manager che si occupano dell’aspetto economico dei siti archeologici, favorendo le entrate di fondi con realizzazioni di eventi, mostre e altre performance. Probabilmente sono utili, ma evidentemente le direzioni hanno bisogno di maggiori risorse. Infatti, lo stato di degrado in cui versano gli innumerevoli siti archeologici del nostro paese è noto: ricordiamo che qualche anno fa crollò una parte del tetto della sala ottagonale dell’importantissima “Domus Aurea” a Roma, che riaprirà tra due anni.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, riguardo al crollo della Domus dei gladiatori a Pompei, ha parlato di vergogna per l’Italia. E chi può dargli torto? Non c’è sviluppo se non c’è cultura.
Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Sandro Bondi, si è giustificato affermando che ciò che è accaduto a Pompei non è di sua competenza.
Il crollo della Domus ha sconvolto perfino Bruxelles e la Commissaria Europea alla Cutura, Androulla Vassiliou, annuncia che, se le autorità italiane richiederanno aiuto per i restauri, sono pronti ad assistere Pompei.
Per ora l’Italia non risponde e intanto l’opposizione richiede le dimissione di Sandro Bondi.
Mettendo da parte le polemiche, i “bisticci” politici e lo “scarica barile” delle persone che dovrebbero occuparsi della cultura e del patrimonio artistico regionale, nazionale o mondiale che sia, rimane il fatto che una parte della memoria storica di tutto il Mondo è crollata. E tutti, ora, dobbiamo prendere coscienza che non possiamo permetterci ciò se vogliamo preservare ai posteri tutto quello che i nostri antenati hanno voluto tramandarci. Il motivo è semplice: non c’è futuro senza passato.