“A chi passa attraverso”. Questa è la dedica con la quale si apre “Io la chiamo vita”, prima pubblicazione letteraria del giovanissimo Antonio Perrone. Una dedica che riassume in sé quello che sarà poi il contenuto del libro: un viaggio introspettivo nella vita di Antonio Crispone (alter ego dell’autore stesso), che in un arco temporale che va dai 12 ai 19 anni, passerà attraverso tantissimi stati d’animo differenti, alcuni provati per la prima volta. Dolore, allegria, morte, amicizia, amore. Tutti sentimenti che il protagonista assapora attraverso piccoli episodi di vita, che raccontati normalmente potrebbero sembrare banali, ma che grazie alla cura e alla ricercatezza di linguaggio con il quale sono proposti, finiscono per suscitare altrettanti sentimenti nel lettore.
Non è facile, soprattutto oggi, per un giovane scrittore cercare di farsi largo. Non è facile, inoltre, decidere di cominciare mettendo a nudo il proprio animo, raccontando gli anni della propria adolescenza più o meno senza filtri. Perrone ci riesce. Sa commuovere senza essere pesante, sa far sorridere senza essere stupido. La sua opera è di difficile collocazione perchè fatta di tanti generi e stili diversi: c’è la parte narrativa più classica ma ci sono anche poesie in libertà, scritte nei momenti più disparati; ci sono capitoli scritti in dialetto napoletano, versi scritti in inglese, addirittura disegni (del talentuoso Gianmarco De Chiara) e stralci di un romanzo epistolare (con inserti in francese) usato come banco di prova.
Proprio questo potpourri di stili riesce a imporsi come una metafora dell’animo del protagonista e dell’essere umano stesso. Cos’è in fondo il nostro Io se non un insieme confuso e apparentemente senza senso di pensieri, parole, lingue e ricordi? Perrone, con freschezza e leggerezza, riesce a comporre una serie di episodi, a creare voli pindarici che ci rendono subito partecipi della sua storia proprio perchè riflesso profondo dei nostri stessi pensieri, della stessa varia composizione di una qualsiasi esistenza.
Il libro è anche un interessante viaggio culturale. L’autore, infatti, non manca di esporre argomenti al limite del filosofico, in cui cita grandi teorie, e propone un intero capitolo dedicato ai vocaboli che sono rimasti invariati o simili nelle lingue di origine classica, rammentando l’importanza e l’influenza del greco e del latino nel nostro linguaggio di tutti i giorni.
Ma la storia di Crispone è anche quella di un doppio amore. Da una parte c’è l’amore del protagonista per la scrittura e per la composizione di versi, che lo porta ad essere curioso sul significato delle parole e sulla loro provenienza, che lo vede sfidare un futuro d’avvocato che sembrava già scritto per intraprendere gli incerti ma affascinanti studi in lettere. E poi abbiamo
l’amore di Crispone verso l’amore stesso, cosa che lo porta, almeno inizialmente, a scrivere sempre sull’innamoramento e sui sentimenti, e a credere fermamente nella possibilità che due persone si trovino per non perdersi mai più.
Nella sua brevità, “Io la chiamo vita”, rappresenta un vastissimo e lunghissimo campo di conoscenza e di racconti. Può emozionare a più livelli, colpire i caratteri più diversi. Non è opera priva di difetti, ma niente che lo squalifichi agli occhi del lettore, anzi concorrono a renderla una storia profondamente umana, sia per temi e sia per naturalezza di stile.
Il rammarico nelle ultime pagine è semmai quello di doversi accomiatare da Antonio Crispone, con la curiosità di sapere se riuscirà a coronare il suo sogno e diventare uno scrittore importante. Ma questi sono sviluppi che il lettore, forse, non conoscerà mai e che usciranno dalla finzione della carta per comporre la realtà dello scrittore in erba Antonio Perrone. Una realtà che chiameremo vita.