L’associazione MEDU, Medici per i diritti umani, non ha dubbi: la morte di Stefano Cucchi, risalente al 22 ottobre 2009, fu l’inevitabile conseguenza delle disumane violenze subite al momento dell’arresto, avvenuto sette giorni prima per possesso di sostanze stupefacenti. Il giovane sarebbe stato vittima di una doppia aggressione: l’ultima prima dell’udienza di convalida del fermo.
Il rapporto stilato, un’indagine medica indipendente realizzata dall’associazione con il sostegno di Open Society Foundations (e dunque con la sponsorizzazione del finanziere George Soros), ha ricostruito “in modo attendibile e documentato” la vicenda, o meglio “l’agonia vissuta da Cucchi considerandola sotto un aspetto da sempre trascurato: quello psicologico”: queste le parole del presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani Luigi Manconi, che si è dichiarato speranzoso circa la possibilità di trovare finalmente delle risposte ad alcune questioni irrisolte e sottaciute. Proprio lo scorso martedì 13 ottobre la Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati altri quattro carabinieri, per lesioni gravi e falsa testimonianza, in attesa che il prossimo 15 dicembre venga svolto un nuovo processo in Cassazione. L’iter in ambito giudiziario continua ad essere pertanto quanto mai altalenante. I giudici in primo grado avevano condannato a un anno e quattro mesi quattro medici per omicidio colposo, a due anni il primario dell’ospedale Sandro Pertini, a più di otto mesi un altro medico per falso ideologico; il 31 ottobre 2014, tuttavia, la Corte d’Appello di Roma ha ribaltato queste decisioni assolvendo tutti gli imputati. Ora si è tornati a tentare di far luce su una vicenda volutamente insabbiata, in attesa della pronuncia della Cassazione.
La svolta, con il rapporto che ha sottolineato che “le violenze subite da Stefano Cucchi sono state il primum movens che ha portato a una sequenza di eventi patogeni terminata solo con il decesso del paziente”, è legata anche alla testimonianza di due carabinieri che hanno deciso di collaborare con i pubblici ministeri e con il legale della famiglia Cucchi nell’ambito dell’inchiesta-bis, denunciando tra le altre cose anche la stesura di presunti falsi verbali d’arresto.
Elementi nuovi in un caso dai dettagli misteriosi, o spesso misteriosamente scomparsi, quasi tessere di un mosaico che appare sempre più una drammatica spirale, un vortice di violenze gratuite che stavolta potrebbero definitivamente venire a galla.