Mentre funzionari in nero o in divisa militare discutono, valutano e pianificano nei palazzi dell’intelligence le mosse da intraprendere per salvaguardare la sicurezza nazionale (o intaccare quella di altri stati), negli istituti di ricerca, nelle università e nei quartieri generali delle agenzie spaziali, uomini in camice (o in camicia), spesso cosmopoliti dallo spirito apolide, meditano sull’universo e ne studiano i principi. Dalle sue espressioni più piccole fino a quelle più grandi, che si tratti di singoli corpi celesti o di grandi galassie “lontane lontane”, il cosmos è scandagliato da menti geniali assetate di conoscenza. Dagli albori della civiltà umana esiste un rapporto conflittuale tra il potere, impersonificato da capi, monarchi, statisti o governanti, e i cultori della scienza, questa intesa come componente fondamentale dell’esistenza umana dedicata alla conoscenza oggettiva dell’ambiente fisico per mezzo di metodi condivisi; ma tra essi si è sviluppato paradossalmente anche un solido e duraturo rapporto di interdipendenza, che ha visto i primi interessarsi a invenzioni e scoperte al fine di espandere la propria influenza con nuovi mezzi e mostrare la superiorità civile e militare ai propri rivali, e i secondi affidarsi alle risorse e alla protezione dei centri di potere per fare ricerca, conseguire obiettivi personali o contribuire alla conoscenza collettiva. L’Unione Sovietica avrebbe mai lanciato in orbita lo Sputinik se fosse stata la sola potenza egemone sulla Terra? L’uomo avrebbe mai messo piede sulla Luna se gli Stati Uniti non avessero dovuto confrontarsi con il gigante eurasiatico? Possiamo affermare senza alcun dubbio che nella breve storia umana innumerevoli menti hanno placato la sete di conoscenza nei loro laboratori, indipendentemente da qualsiasi logica di potere, ma oggi le mani non così invisibili dei governi e del mercato, cercano di costruire la strada della scienza a loro misura, spesso disdegnando la cooperazione o la condivisione di informazioni, probabilmente rinviando a data destinarsi scoperte e invenzioni che gioverebbero l’intera umanità. Ma consideriamo anche l’altra faccia della medaglia: esistono centri di ricerca internazionali unici, fucine del sapere come la Stazione Spaziale Internazionale o l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN), che sono considerati la quintessenza della cooperazione scientifica e sono essenzialmente frutto della presa di coscienza degli stati dei benefici dell’economia di scala anche in campo scientifico, ma anche frutto di un genuino desiderio di cooperazione da parte di politici, ma soprattutto scienziati; la stessa Agenzia Spaziale Europea può essere considerata un enorme successo di cooperazione, tanto che secondo Limes “nello spazio l’Europa è davvero unita“. Tuttavia anche queste collaborazioni, seppur raramente, vengono raggiunte dalle turbolenze geopolitiche, basti ricordare la strenua opposizione degli Stati Uniti alla partecipazione della Cina nel progetto di costruzione della Stazione Spaziale Internazionale o ai dubbi sorti sul futuro della collaborazione spaziale USA-Russia alla luce della crisi in Ucraina.
La guerra fredda ha portato una serie di primati in campo aerospaziale, ma con la disgregazione dell’ordine internazionale bipolare e il manifestarsi della supremazia politica e militare statunitense negli anni ’90 e nei primi anni 2000, le agenzie spaziali hanno perso la loro centralità e di conseguenza gran parte dei loro fondi. Oggi l’ordine mondiale multipolare è “minacciato” dalla potenza revisionista cinese e non è da escludersi un futuro conflitto, freddo o caldo, tra quest’ultima e la potenza americana. Dovremo aspettare un nuovo periodo di tensione per mettere piede su Marte?
L’acclamata pellicola di Ridley Scott, The Martian, ha illustrato accuratamente il difficile contesto in cui la NASA si trova (e si troverà, nel vicino futuro) ad operare, un contesto in cui il budget è estremamente limitato. Nel 1965 la percentuale dei fondi pubblici destinata all’agenzia governativa era del 4.31%, oggi è dello 0,47%. Ruolo significativo è poi ricoperto dall’Agenzia Spaziale Cinese, il cui capo scienziato mette da parte l’interesse del proprio paese per aiutare gli uomini della NASA nel recupero dell’astronauta Mark Watney. Tutto questo lascia trasparire una morale della favola: le agenzie spaziali meriterebbero più attenzioni da parte dell’opinione pubblica e del legislatore e dovrebbero essere più aperte alla collaborazione scientifica con le loro omologhe estere. Lo scorso anno gli scienziati dell’ESA hanno raggiunto un importante traguardo con la Missione Rosetta, facendo incontrare per la prima volta una sonda e una cometa. Oggi l’ESA sta pianificando di stabilire insieme a Roscosmos, l’agenzia russa, una base permanente nel polo sud della Luna, un territorio dalla caratteristiche particolari: le bassissime temperature e la debole esposizione ai raggi del sole l’hanno trasformata in una delle zone più fredde del sistema, causando il congelamento dei composti presenti. L’obiettivo principale, dice il capo scienziato del progetto ESA James Carpenter, è quello di investigare sul potenziale futuro dell’acqua lì immagazzinata e studiarla per ottenere maggiori informazioni sull’origine della vita nel sistema solare.
La scienza ha le sue radici più moderne nell’illuminismo, un movimento cosmopolita, universalista e cultore della scienza: è da qui che potrà germogliare il seme della nuova cooperazione umana, che superi i confini nazionali, le barriere culturali, linguistiche e ideologiche e che magari, un giorno, porterà anche all’unità politica. La costruzione della Stazione Spaziale Internazionale e il compimento degli altri progetti non possono essere che il primo tassello di un percorso di cooperazione e condivisione più grande, più ambizioso. Le risposte che potremmo trovare nello spazio, e le ulteriori domande che ne potrebbero derivare, riguardano tutti gli uomini, e queste non tengono conto della nostra lingua, del nostro orientamento sessuale, del colore della nostra pelle e delle altre innumerevoli caratteristiche che ci differenziano. Abbiamo molte altre cose che ci accomunano, prima fra tutte, la Terra, la nostra casa.