Non nascondiamoci: negli anni ci è stata imposto di sottostare al processo più grande di smantellamento sociale mai visto. Una tragedia sociale, mascherata da riforme fantoccio e un fasullo ammodernamento del Paese. Diventa tutto chiaro non solo alla luce dei dati, ma soprattutto nel confronto con la società reale, quello che si incontra quotidianamente e che restituisce sempre una fotografia fedele di quanto invece si prova a mascherare. E seppure non bastasse, i dati degli investimenti nel sociale appunto, ma soprattutto nella formazione (quindi l’investimento e la finanziarizzazione del futuro del Paese): un Diritto allo Studio mortificato implica un paese che produce altra mortificazione. Quindi, cosa significano più di 5000 studenti esclusi dalle graduatorie per le borse di studio?
Proviamo a fare un quadro generale: in Italia si contano 10 milioni di persone in condizioni di povertà relativa (16,6% della popolazione), 6 milioni in povertà assoluta (9,9%), 3.2 milioni di working poor, 3.2 milioni di disoccupati, 3.5 milioni di inattivi, 3.3 milioni di precari, disoccupazione al 12% (20% al sud), disoccupazione giovanile al 44,2%. A questo va aggiunto che il Mezzogiorno sconta la maggior parte di questi problemi, con una povertà relativa in Campania del 40% e in cui uno studente su quattro non va a scuola.
Qualche giorno fa sono state pubblicate le graduatorie per le borse di studio della Federico II di Napoli: 7789 partecipanti al bando, solo 3259 sono risultati idonei alla borsa. 4530 persone escluse. Questo dovuto al cambiamento delle modalità di calcolo ISEE che hanno comportato l’aumento spropositato dei redditi per molte famiglie.
L’intero sistema della formazione universitaria italiana cede sotto i colpi della retorica governativa: dal 2011 ad oggi, il sistema universitario italiano ha perso un totale di 91.067 iscritti, secondo i dati del MIUR. Dal 2008 al 2014, solo la Sicilia, ne ha persi 30.000. Dal 2010 ad oggi, il Sud Italia ha perso complessivamente il 14,5% della sua popolazione universitaria, passando da 89.790 a 76.727 iscritti: un calo di 13.063 persone.
È in atto un vero e proprio processo di espulsione dai luoghi della formazione, e con un’espulsione del genere (circa 25.000 persone non si sono iscritte negli ultimi anni all’Università, secondo i dati del MIUR, senza altrettanto però trovare lavoro o avere una situazione reddituale stabile) come ci si immagina il futuro del Paese?
A ben vedere forse gli amministratori hanno ben poco chiaro lo stato del paese reale, quel paese che si confronta con studenti morti da colpi di proiettili o per malattie contratte dall’avvelenamento delle terre in cui vivono. Questo alla luce di uno smantellamento continuo della nostra società, partendo dalle scuole e dalle università. Ma soprattutto perdendo di vista che senza istruzione, nessun paese avrà un futuro. Perché nessun paese avrebbe più cittadini. E allora cosa significano quei 5000 esclusi dalle graduatorie delle borse di studio? Cosa significano i giovani che non hanno potuto iscriversi all’università e che non hanno comunque però trovato lavoro (rifugiandosi spesso nella criminalità, unica risposta per chi vive il disagio di non poter sopravvivere, poiché vivere sarebbe un lusso). Cosa significano le parole e la retorica davanti a vite spezzate e vite perse, alla luce di un futuro che non c’è o che – talvolta – non potrà più esserci.