Lo stretto rapporto tra il potere e la criminalità è il tema dell’ultimo libro di Vincenzo Ruggiero, professore di Sociologia e direttore del Crime and Conflict Research Centre presso la Middlesex University di Londra. Attraverso l’analisi dettagliata di Perché i potenti delinquono (Feltrinelli, 2015, 208 p., 18€) l’autore tenta di approfondire i legami, per certi versi quasi necessari ed automatici, che si creano spesso tra i potenti e gli atti criminali.
Coloro che teoricamente non ne avrebbero bisogno, perché già muniti di risorse abbondanti per vivere al meglio, di fatto delinquono, e non solo nel senso puramente penale del termine. Scrive a questo proposito l’autore: “Come spiegare la criminalità dei potenti attraverso il concetto di ‘deprivazione relativa’, visto che chi la commette, generalmente, gode piuttosto di ‘abbondanza relativa’?”.
La criminalità dei potenti infatti riflette condizioni socio-economiche privilegiate, e si accompagna di solito al favore dello stato, che la incentiva sotto forma di esenzioni tributarie o di una tollerante politica di contrasto all’evasione fiscale.
Per risolvere questo problema, Ruggiero mette in guardia da spiegazioni di tipo biologicistico o individualistico, affermando invece la necessità di una prospettiva sociale e segnala una sorta di accanimento dei teorici della criminologia verso l’analisi dei delinquenti poveri: “Come spiegare allora i morti sul lavoro o gli omicidi commessi dagli imprenditori? Teorie che ruotano intorno all’idea di scelta razionale potrebbero suggerire che sono contingenze situazionali (…) Ma queste teorie si accaniscono regolarmente nell’esplicare la criminalità dei deboli, mai dei potenti”.
Vi è inoltre un nesso forte tra gruppi potenti e intervento legislativo, come fa notare Ruggiero esplicitando le intenzioni della sua indagine: “Come vedremo, gli individui e i gruppi potenti possono trasgredire le regole che pure li favoriscono, possono ignorarle o riscriverle se ostacolano la loro azione, possono reclamare che il loro interessi corrispondono agli interessi di tutti e per questo vanno sostenuti dagli interventi governativi”.
L’approccio multidisciplinare adottato da Vincenzo Ruggiero parte dalla criminologia, la disciplina maggiormente deputata allo studio di questi temi, per svilupparsi attraverso lo studio della teoria sociale, della filosofia del diritto, dell’etica e dell’economia. Scrive l’autore: “Questo libro si apre con un capitolo che passa in rassegna il contributo della criminologia. […] Ma dopo aver reso omaggio a questa disciplina, si è autorizzati a intraprendere un’escursione in altri campi di sapere, dove forse le nozioni e le idee elaborate nell’arena criminologica trovano un contesto teorico diverso che può invalidarle, correggerle o rafforzarle”.
L’analisi di Ruggiero non è certo tesa a sminuire o tralasciare l’esistenza della ‘piccola’ delinquenza, affermando che sia dannosa solo la ‘grande’ delinquenza. Piuttosto, l’autore cerca di trasmettere le sfumature che si creano anche nell’opinione pubblica e sopratutto nelle misure punitive e di contrasto a questi due diversi tipi di delinquenza: “Molti dei responsabili di violenza domestica, di rapina o di crimini di natura razzista, dopo le loro scorribande, torneranno con molta probabilità al loro status di persone prive di potere che li caratterizza nelle altre sfere e nelle altre interazioni sociali” a differenza dei potenti che “al contrario, dopo aver utilizzato il proprio potere per commettere crimini, possono facilmente tornare nelle altre sfere della loro esistenza e continuare a esercitarlo”.
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