“Sapete chi si prenderà la Terra?
I trafficanti d’armi,
perché gli altri saranno sempre troppo occupati
ad uccidersi a vicenda”
(Lord of War, A. Niccol, 2005)
Al di là delle diverse – e necessarie – analisi politiche che alla luce dei recenti accadimenti e dell’ascesa dello Stato Islamico si moltiplicano in maniera incontrollata, una questione di grande attualità che vale la pena di approfondire è rappresentata dal traffico internazionale di armi. Il traffico d’armi è il sistema di compra-vendita illegale e/o contrabbando di armamenti e munizioni. Si tratta di un tema estremamente rilevante nel contesto delle relazioni internazionali, ma nessuno si preoccupa di bloccare lo spostamento di armi che dall’Occidente viaggiano verso Africa e Medio Oriente. Il giornalista ed inviato Rai Sigfrido Ranucci di recente ha realizzato un notevole servizio di inchiesta intervistando un importante trafficante d’armi che, in forma anonima, ha rilasciato scottanti dichiarazioni, rivelando delle verità che il mondo occidentale spesso cela, mentendo innanzitutto a se stesso. Il trafficante racconta che dietro normali trattative per la vendita di aerei, navi o elicotteri, che avvengono tra aziende e Stati, c’è il mercato che alimenta le guerriglie e destabilizza i paesi: kalashnikov, bombe e ordigni vari, lanciarazzi. Il petrolio, ovviamente, è lì a muovere le fila, poiché con l’oro nero si pagano armi, tangenti, commissioni.
Chi sta armando l’Isis dunque? Secondo coloro che sono più direttamente coinvolti non ci sono dubbi: certamente il Qatar in prima istanza, ma lo Stato Islamico è stato armato anche dall’Occidente, certamente in funzione anti-Iran, o anche armando la Siria di Assad e addestrandone le milizie che poi sono passate all’ISIS. Uno studio internazionale, Conflict Armament Research, ha reso noto che i terroristi dell’Isis utilizzano armi e munizioni fabbricati negli USA, in Russia e in Cina. Lo studio, patrocinato dall’UE e realizzato da osservatori inviati nelle zone di conflitto che hanno lavorato accanto ai peshmerga curdi, ha evidenziato che parte dell’approvvigionamento armato è in capo a gruppi antigovernativi e membri della sicurezza siriana e irachena corrotti, mentre un’altra parte arriva dalle incursioni jihadiste con le quali l’Isis ha raccolto sul campo armi di fabbricazione americana fornite in dotazione all’esercito iracheno per il post-Saddam. Nel 2007 Washington ha pubblicato un rapporto che evidenziava lo smarrimento di centonovantamila armi in Iraq che molto probabilmente hanno armato un esercito, considerando che gli M16, fucili d’assalto impiegati anche in Vietnam e nelle guerre del Golfo, sono stati utilizzati non solo dagli americani per liberare l’Iraq nel 2003 ma anche dagli jihadisti durante la conquista di Mosul, nel governatorato di Niwana, qualche settimana fa. Considerando poi che Mosca è alleata di Bashar al-Assad al quale fornisce supporto e armamenti continui, ma che Damasco, capitale siriana, è un obiettivo dichiarato di Baghdadi per espandere il Califfato, e che la conquista di Hamas sarebbe stata fatta principalmente per l’approvvigionamento di armi e munizioni, Putin risulta – magari indirettamente – un altro importante fornitore. Insomma, sembra davvero che una minima parte dell’armamento dell’Isis provenga in origine dalle zone del Califfato.
Ci sono più di 550 milioni di armi da fuoco in circolazione nel mondo. Questo significa un’arma da fuoco ogni dodici persone sul pianeta. Ciò che si chiedono costantemente i trafficanti è proprio come fare ad armare le altre undici.