Dal 30 novembre all’11 dicembre 2015 a Parigi si terrà la COP 21, la XXI Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L’UNFCCC è un trattato ambientale creato dalla Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite, la celebre Conferenza di Rio, o Summit della Terra. A Parigi si discuterà di cambiamento climatico nel meeting più importante degli ultimi anni.
In quale direzione bisognerebbe agire? Quali questioni appaiono maggiormente rilevanti richiedendo interventi impellenti? Il primo problema è legato all’anidride carbonica: i livelli di CO₂ nell’atmosfera continuano ad aumentare e, se è vero che diverse stime hanno rilevato che probabilmente il 2015 sarà l’ultimo anno nella storia in cui gli essere umani hanno respirato un’aria che conteneva meno di quattrocento parti per milione (ppm) di CO₂, ciò risulta preoccupante poiché a quanto pare il processo cognitivo umano peggiora sensibilmente già a concentrazioni di CO₂ di poco superiori alla soglia di 600 ppm, come emerso da uno studio dalla Harvard School of Public Health. La seconda problematica è legata al metano, le cui concentrazioni, stabili fino al 2006, stanno aumentando nuovamente. Il metano è un gas serra più potente del biossido di carbonio, e il suo rilascio nell’atmosfera in quantità eccessive – si pensi alle emissioni esplosive di metano dagli idrati sotterranei in Siberia – potrebbe contribuire a un surriscaldamento globale altrettanto incalzante. Gli atteggiamenti dell’uomo dinanzi alla natura possono essere molteplici, e spesso dipendono dall’idea che della natura stessa si ha. Che si immagini una natura benigna, tollerante o invece capricciosa, tuttavia, l’ultimo secolo è stato oggettivamente un periodo di grande aumento dei disastri ambientali, con frane e uragani riconducibili almeno in parte al climate change. Nel global warming rientra poi il continuo riscaldamento degli oceani, con annesso aumento del livello del mare per lo scioglimento dei ghiacciai: sarebbe certamente un azzardo continuare a etichettare la previsione di inondazione di qualche città costiera come una distopia fantascientifica. I vari cambiamenti climatici, inoltre, danneggiano le coltivazioni, e i più colpiti sono ovviamente gli agricoltori dei paesi poveri che non dispongono delle risorse minime necessarie ad adattarsi a nuove coltivazioni.
Un dato sembra dunque emergere con vigore: non sono in atto enormi catastrofi e conseguentemente l’opinione pubblica non avverte la minacciosa portata di tanti “piccoli” cambiamenti. In ogni caso l’ambiente, nella portata più vasta del termine, è già diverso da come appariva soltanto un secolo fa. L’auspicio – superando le contraddizioni di molti governi che invitano a consumare meno, per il bene del pianeta, e contemporaneamente stimolano i consumi per la crescita economica – è che la COP 21 che inizierà tra pochi giorni possa davvero riuscire a raggiungere il suo ambizioso obiettivo di concludere, per la prima volta in oltre vent’anni di mediazione ONU in materia, un accordo sul clima che sia vincolante, universale e accettato da tutte le nazioni.