La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro:
leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.
(Arthur Schopenhauer)
Salve a tutti. Mi chiamo Oreste e di mestiere faccio l’investigatore esoterico. Ispirandomi, ma giusto un po’, al mio esimio collega Dylan Dog ho aperto un’agenzia di investigazioni con una predilizione particolare per l’occulto. Sono esperto di onirismo, esoterismo e anche strabismo. Ho assistito il mio amico Fabio nella sua seconda lotta contro il signore dei sogni. E sembrava andare tutto per il meglio. Avete capito bene: sembrava. Fabio aveva appena varcato la porta disegnata da Chiara, che lo avrebbe portato al suo incontro finale con Dreaman, quando all’improvviso alle nostre spalle apparve un energumeno alto e grosso. Paolo lo riconobbe subito, era un tizio che aveva già cercato di aggredire lui e Fabio in precedenza.
Chiara lo aveva disegnato e poi scartato insieme ad altre bozze, e lui si era liberato, e appariva anche molto adirato per essere stato messo da parte. Partì subito all’attacco, sferrando un calcio nei…chiamiamoli marron glaces…nei marron glaces di Gennaro, che cadde in ginocchio facendo scendere tutti i Santi dal cielo a forza di bestemmie. La mossa successiva dell’ostile disegno fu un manrovescio diretto proprio alla sua creatrice, che sbalzò Chiara al di là di una delle panche della chiesa sconsacrata delle Fontanelle.
Provai a rompergli una sedia in testa, ma non si fece nulla e, per tutta risposta, mi alzò per la giacca e mi scaraventò contro un muro. Gianni provò allora a saltargli direttamente addosso. Con un saltello gli si avvinghiò al collo e non mollava la presa nonostante l’energumeno si dimenasse a più non posso per farlo cadere. Sembrava di vedere un cowboy alle prese con un cavallo impazzito durante un rodeo. O un ragazzino che aveva accettato una sfida per salire sul toro meccanico. Mentre i due mettevano in mostra questo bizzarro balletto, Paolo mi si avvicinò con una gomma da cancellare tutto esaltato. “Io so come farlo sparire”, disse con gli occhi pieni d’emozione, “L’ho visto fare a Fabio. Tiragli la gomma da cancellare addosso e andrà via”. Lo guardai con molta molta perplessità. “Fa’ come ti dico”, insisteva, “Tiragli quella cazzo di gomma”. Titubante, presi la gomma. Gianni è ancora saldamente ancorato al nostro nemico, che adesso stava girando continuamente in tondo come una trottola. Presi un pochino di rincorsa e tirai con tutta la mia forza quella gomma da cancellare. In quel momento fu come se il mondo si fermasse e vidi la scena come se fosse stata la sequenza al rallentatore di un vecchio film. La gomma toccò l’energumeno e questi esplose in tanti piccoli pezzetti di carta, facendo cadere Gianni a terra, ancora nella posa di uno che cerca di restare aggrappato a qualcosa. Ma purtroppo non fu solo il tipo grande grosso a sparire, ma anche il nostro unico legame con Fabio. La gomma, infatti, proseguì la sua traiettoria e colpì la porta, anch’essa disegnata da Chiara. Quando sparì, smaciullandosi in carta, Chiara corse verso quei pezzetti e piangendo cercava di rimetterli insieme, come se ricomponendo il disegno tutto sarebbe tornato magicamente a posto. “Può sempre ridisegnarla, no?” chiese Gianni speranzoso. Fui costretto a smorzare la sua speranza sul nascere: “No, non sarebbe mai uguale e quindi potrebbe non affacciare sullo stesso mondo”. “Non mi do per vinta, dobbiamo riportare subito Fabio qui”, disse Chiara singhiozzando. Poi prese dei fogli e una matita e cominciò a disegnare.
Disegnò decine e decine di porte, ogni volta cercando di farle somigliare il più possibile a quella che si era cancellata. Ma purtroppo nessuna di queste si collegava con il mondo dei sogni. Ogni volta che ne aprivamo una trovavamo qualcosa di diverso, per lo più collegato sempre al nostro mondo. Una volta ci trovammo in un supermercato, affianco al reparto surgelati, provocando lo svenimento di un commesso. Un’altra volta invece sbucammo nel bagno di un cinema, rovinando la “seduta” ad uno spettatore, e non potete immaginare la puzza che cacciava. Qualche volta uscivamo in deserti vari, se poi fossero reali o di mondi distopici non saprei dirlo. Il risultato fu che dopo tanti esperimenti Chiara lasciò perdere e si rassegnò. Fabio non sarebbe più tornato indietro.
Passarono due giorni. Di Chiara nessuno seppe nulla perchè si era chiusa in casa e non voleva uscire. Non rispondeva nemmeno al telefono. Preoccupati che non avesse più niente da mangiare, Gianni ed io andammo da lei protandole un po’ di spesa. Dopo alcune bussate a vuoto, ci aprì. La casa era in un disordine totale. Sembrava che non ci tenesse più a vivere e si era lasciata andare. I segni di questo abbandono potevano notarsi anche su lei stessa. Era in pigiama, senza nemmeno un filo di trucco e i capelli cadevano sulle spalle a ciuffi, sporchi come mai li avevo visti.
Cercammo di consolarla con qualche parola, ma lei ci rispondeva sempre e solo con monosillabi di circostanza. All’improvviso, come si accende una lampadina, ebbi un’idea. Presi un foglio e una matita e glieli misi davanti. “Disegna!”, le dissi. “No Oreste, ho già disegnato tutte le porte possibili, ormai lo abbiamo perso”. “Non voglio che disegni una porta, ma la cosa più semplice che te lo farà riavere”. “Cosa sarebbe?”, chiese Gianni incuriosito. “Disegna Fabio…”.
Chiara mi guardò come se avesse capito finalmente di aver sempre avuto la soluzione a portata di mano e di non averci mai provato. Prese una foto a figura intera di Fabio e cominciò a farne un ritratto, il più accurato possibile.
Dopo quasi due ore, il disegno era finito. Ma non accadde nulla. Aspettamo. E Aspettammo ancora. Ma nulla. Chiara allora cominciò a piangere disperatamente e strinse a sé quell’ultimo disegno, la cosa più vicina a Fabio che ormai poteva avere. E quello che non compì la fantasia lo poterono le lacrime. Tutte le gocce lacrimali cadute sul foglio cominciarono a riunirsi, formando un piccolo laghetto. Da questa pozza iniziò a nascere una figura che si protendeva verso l’alto. Nel giro di pochi secondi, Chiara si ritrovò abbracciata non più ad un disegno, ma a Fabio, in carne ed ossa.
“Sapevo che mi avresti riportato indietro”, disse lui con voce amorevole. “Per due giorni ho avuto paura che non ti avrei più rivisto…davvero”, disse lei senza riuscire a smettere di piangere. Fabio allora l’abbracciò più forte. E la baciò. Gianni ed io, per buona educazione, decidemmo che era giunto il momento di andare via.