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“La grande scommessa”: le origini della crisi finanziaria, con un cast a cinque stelle

52899di Marco Chiappetta

TRAMA: 2005 – L’eccentrico manager Michael Burry (Christian Bale) scopre l’instabilità del mercato immobiliare statunitense e, prevedendo una crisi imminente, scommette contro. L’investitore Jared Vennett (Ryan Gosling), tanto cinico quanto avido, condivide la previsione del collasso e, col supporto del trader Mark Baum (Steve Carell) e del suo team, scommette a sua volta. Nel frattempo due giovani investitori partiti da zero, Charlie Geller (John Magaro) e Jamie Shipley (Finn Wittrock), decidono di approfittare della situazione e chiedono aiuto al banchiere in pensione Ben Rickert (Brad Pitt).
GIUDIZIO: Interpretato da un cast lussuoso e illuminato dall’ambizione di documentare le origini della crisi finanziaria dal punto di vista di chi l’aveva profetizzata e di chi ne ha approfittato, “La grande scommessa” (“The Big Short” in originale) si avventura troppo in profondità, tanto da risultare confuso e incomprensibile per chi non parla e non conosce il linguaggio tecnico, l’ambiente e i suoi meccanismi. Sembra che per seguire e apprezzare il film si debba avere come requisito almeno una laurea triennale in economia. Per tutti gli altri spettatori, sprovveduti di tale titolo accademico e di tali conoscenze, le chiacchiere dei brillanti e cinici broker, trader, manager del film possono risultare comprensibili come l’arabo o antiche lingue romanze. A poco servono i siparietti pedagogici (affidati ai cameo di due starlette come Margot Robbie e Selena Gomez), o certe spiegazioni dettagliate, il film è assai difficile da seguire, e il regista Adam McKay (solitamente autore di commedie demenziali) ci mette del suo con una regia frenetica, dialoghi serrati, innesti insensati di immagini d’archivio. Con i personaggi che parlano diretto alla camera (e allo spettatore) e musica giovanile in commento, il regista crede di fare un film più facile e accessibile, una specie di “Wall Street per inetti” o Pechenino di finanza, all’americana, “cool” e mainstream, ma il risultato lascia perplessi e confusi. Si salva il cast (su tutti Christian Bale e un Steve Carell sempre più convincente nel registro drammatico), del resto l’amo a cui la maggior parte del pubblico abbocca.
VOTO: 2/5