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“The Hateful Eight”: il nuovo western di Tarantino, tra huis clos e mito

50763di Marco Chiappetta

TRAMA: Wyoming, poco dopo la fine della Guerra di Secessione. Il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell) conduce sulla sua carrozza la bandita Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh) che intende consegnare alla giustizia una volta arrivato a Red Rock. A bordo salgono, lungo il tragitto, il maggiore Warren Marquis (Samuel L. Jackson), cacciatore di taglie nero, e il sedicente futuro sceriffo di Red Rock, Chris Mannix (Walton Goggins), entrambi rimasti a piedi nell’immensa neve sterminata. Colti da una tempesta improvvisa, trovano rifugio alla merceria di Minnie, momentaneamente assente. Ad accoglierli ci sono Oswaldo Mobray (Tim Roth), boia inglese di Red Rock, il cowboy Joe Gage (Michael Madsen), Mexican Bob (Demian Bichir) e l’anziano ex confederato Sanford Smithers (Bruce Dern). Chiusi in uno spazio angusto, la tensione, la paranoia e la violenza scoppieranno all’improvviso coinvolgendo tutti.
GIUDIZIO: Più che un omaggio al western, com’era il precedente “Django Unchained”, l’ottavo film di Tarantino (se consideriamo “Kill Bill” come un opus unico) è un western tout court, classico ma anche molto personale, uno dei film più originali del regista, qui meno avvezzo alla citazione e al manierismo. Esasperando la struttura a huis clos del suo esordio, “Le iene”, in una sorta di teatro da camera filmato, ha scritto e messo in scena un film bello e serio, parlatissimo, molto lento e cadenzato nella prima parte, estremamente gore e puramente tarantiniano nella seconda, dove il sangue scorre a fiotti e la violenza è più drammatica che ironica, più brutale che irriverente. Ambizioso, autoriale, persino rischioso, il film paga un po’ la lunghezza complessiva, il ritmo diseguale e il monopolio della parola sull’azione, ma è superbo per i dialoghi brillanti e politicamente scorretti, per l’amore viscerale verso gli attori e i personaggi, e per l’indiscutibile savoir faire cinematografico che sa di mito, grazie alla fotografia magnifica di Robert Richardson e alla colonna sonora originale di Ennio Morricone. Tutti questo elementi iscrivono finalmente Tarantino come un artista del genere western e non solo un apostolo.
VOTO: 3,5/5