di Marco Chiappetta
TRAMA: Copenhagen, anni ’20 – Il pittore Einar Wegener (Eddie Redmayne) per aver posato una volta come donna per la moglie Gerda (Alicia Vikander), anch’essa pittrice, intuisce piacere e naturalezza nell’inedita identità femminile, e inizia a presentarsi così in pubblico, col nome di Lili. Ma non solo l’apparenza, bensì la natura tutta di Einar verte verso l’essere donna, e con l’accondiscendenza della moglie, che intanto a Parigi ha ottenuto fama e successo, decide di sottoporsi a una rivoluzionaria operazione di cambio di sesso.
GIUDIZIO: Con una sensibilità unica nel trattare un tema anomalo, evitando di cadere nel kitsch e nella provocazione, il film di Tom Hooper (“Il discorso del re”, “Les Miserables”) possiede una delicatezza struggente e una profonda umanità, anche nei personaggi secondari (vedi Matthias Schoenaerts e Sebastian Koch). Oltre che una storia vera, pur se romanzata, tratta dal libro di David Ebershoff (a sua volta ispirato dai diari del vero protagonista), è una storia d’amore senza compromessi, tra Einar che vuole cambiare sesso e la moglie Gerda disposta a rinunciare a lui per la sua felicità. L’androgino Eddie Redmayne è impressionante nella sua trasformazione, commovente nel suo itinerario alla ricerca dell’identità, ma la sua performance è pareggiata dall’interpretazione altrettanto emozionante di Alicia Vikander, un’autentica sorpresa. Ottima la fotografia di Danny Cohen: come sempre nel cinema di Hooper il personaggio è sempre confinato sulla tre quarti dello schermo in perfetta simmetria con le inquadrature successive. Dolce e incalzante la musica di Alexandre Desplat. I detrattori del film lo condannano per essere artificialmente costruito per strappare lacrime e premi, ma le misere quattro nomination all’Oscar sono un indice per capire quanto anomalo, diverso e nuovo (quindi rischioso) c’è in un film così forte e attuale. Non per tutti, ma per quei pochi bellissimo.
VOTO: 4/5