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“Il caso Spotlight”: lo scandalo dei preti pedofili in un brillante film-inchiesta

121di Marco Chiappetta

TRAMA: 2001 – Con l’arrivo del nuovo editore, Marty Baron (Liev Schrieber), una sezione del Boston Globe chiamata Spotlight e dedita a inchieste ad ampio raggio si mette a indagare sul caso di un prete che avrebbe abusato anni prima di alcuni bambini, nell’omertà generale della Chiesa. Ma già da subito i quattro giornalisti – Walter “Robby” Robinson (Michael Keaton), Mike Rezendes (Mark Ruffalo), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Matt Carroll (Brian d’Arcy James) – si rendono conto che si tratta di una storia ben più grande, e incontrando testimoni e vittime scoprono che la rete di mostruosità si estende ad almeno 90 preti nella sola Boston. Con coraggio e ostinazione, e con la collaborazione dell’avvocato Garabedian (Stanley Tucci), i quattro si buttano anima e corpo in ricerche, indagini e interviste, al fine di scrivere un articolo potente che denunci lo scandalo e apra gli occhi della gente.
GIUDIZIO: Basato sulla storia tristemente vera di una serie di abusi che l’arcivescovo di Boston Bernard Francis Law aveva coperto negli anni ’90, che il Boston Globe raccontò in una serie di articoli premiata col Pulitzer nel 2003, il film di Tom McCarthy è un film-inchiesta brillante e agghiacciante, diretto con stile sobrio e senza fronzoli, scritto benissimo e raccontato in maniera assai appassionante, grazie a un funzionale montaggio e alla musica di Howard Shore a dir poco incalzante. Il punto forte del film è senza dubbio la sua delicatezza: evita, se non in sporadici casi, di mostrare i cattivi e le mostruosità sono sempre fuori campo, raccontate con estremo pudore. E così il messaggio arriva dritto allo spettatore, complice una totale immedesimazione che si stabilisce con i protagonisti, mostrati come professionisti e non come eroi, che trascinano letteralmente in un vischioso, pericoloso, infine appagante tram-tram di ricerche e indagini nell’abisso del male che tutti conoscono e nessuno vuol vedere. Merito, questo, anche di una superba scelta di casting: nessuna primadonna, ma un unico coro ben orchestrato. È un film che celebra, senza retorica alcuna, il lavoro di giornalista, ma soprattutto il coraggio di chi, cercando la verità, vorrebbe cambiare il mondo.
VOTO: 3,5/5