di Marco Passero
Il diritto di voto è un diritto fondamentale che assicura a un individuo la possibilità di manifestare la propria volontà durante un’elezione. La storia ci racconta di continue lotte, in ogni angolo del pianeta, per estendere un suffragio troppo a lungo limitato per censo, cultura, o altre discriminanti varie: una delle più controverse e persistenti è stata quella legata al genere.
Il percorso per arrivare a garantire il diritto di voto anche alle donne è stato lungo e travagliato. Non si è trattato di progressive concessioni in nome di principi liberali e democratici, ma di una battaglia estenuante. L’esclusione delle donne dalla vita pubblica derivava infatti dalla distorta concezione di un loro presunto assoggettamento nella sfera privata. Il primo paese ad approvare il suffragio femminile è la Nuova Zelanda nel 1893, seguita da Australia e Paesi scandinavi a cavallo tra i due secoli.
In Italia l’importante riforma elettorale del 1882 estende il diritto di voto a una parte consistente del movimento operaio portando il corpo elettorale fino a un 7% che continua a escludere le donne. Nel 1912 viene introdotto il suffragio universale maschile, poi la guerra interrompe la lotta delle donne. La svolta si verifica il 30 gennaio 1945, quando la seconda guerra mondiale ancora imperversa in Europa e il nord Italia vive sotto l’occupazione tedesca: durante una riunione del Consiglio dei ministri si discute di quel suffragio femminile che viene finalmente approvato, assicurando anche l’eleggibilità della donna con un decreto successivo.
La data storica è quella del 10 marzo 1946, in occasione delle elezioni amministrative. Per la prima volta in Italia le donne abbandonano il contesto “casalingo” non soltanto per andare al mercato o alla scuola dei figli, ma per mettersi in fila accanto agli uomini. Una scheda attende la loro X e sancisce la loro partecipazione alla cosa pubblica, il tener conto della loro opinione. Dopo anni di battaglie, e con grande ritardo rispetto alle donne di altri paesi, anche le donne italiane vivono la loro grande conquista, percepita come una “sperimentazione della propria autonomia” (P. Gabrielli, Il 1946, le donne, la Repubblica). Il suffragismo italiano, moderato rispetto a quello inglese o francese e a lungo elitario, ha avuto la forza di combattere l’ostracismo della stampa che non ha mai perso l’occasione di denigrare le attiviste definendole “cattive donne” ed etichettandole con spregio “suffragette”.
I movimenti femministi nei vari paesi hanno avuto il coraggio di cambiare la storia. Hanno saputo far sentire la propria voce in un’epoca in cui l’uomo dominava praticamente ogni ambito della vita associata: l’audacia e il sacrificio di queste donne ha permesso alle generazioni successive di dare per scontati tanti diritti che in passato non lo erano. Ricordare un anniversario così importante è doveroso, ribadendo comunque che la battaglia per la parità non è ancora finita.