di Mattia Papa
Il rapporto Almalaurea presentato a Napoli ci consegna dati particolarmente interessanti: da un lato rispetto alle possibilità occupazionali che derivano dall’avere un titolo di studio universitario, dall’altro un’indagine rispetto alle differenze territoriali che si riscontrano all’interno del nostro paese quando si parla di studi universitari e opportunità lavorative.
Anche se la laurea si conferma essere un investimento sul futuro e che le percentuali degli occupati sono maggiori di quelle dei coetanei non laureati. A un anno dalla laurea il tasso di occupazione va dai 67% dei triennali al 70 % dei magistrali e la percentuale cresce all’84% a cinque anni dal titolo. Considerato l’attuale tasso di disoccupazione giovanile si può vedere come la laurea rappresenti una possibilità in più di collocarsi nel mondo del lavoro.
Purtroppo l’indagine evidenzia come ancora siamo lontani da recuperare i livelli precedenti alla crisi e come ci siano ancora profonde differenze sia nel tasso di occupazione che nel livello dello stipendio percepito dai diversi gruppi scientifici. Si evidenzia ancora come le possibilità occupazionali dei laureati di materie dell’area psicologica, letteraria e coloro che hanno voluto accedere all’insegnamento siano sistematicamente inferiori a quelle dei loro colleghi laureati in materie del gruppo scientifico sanitario o ingegneristico, a dimostrazione di come il mercato del lavoro di questo paese ancora non sia in grado di valorizzare alcune discipline, che invece hanno un enorme impatto sullo sviluppo culturale e sociale del paese.
Un altro dato molto rilevante emerso, è quello del pesantissimo esodo di diplomati e laureati che colpisce le regioni meridionali. Molti infatti si spostano a studiare al nord o a lavoravi dopo la laurea. Addirittura il 25 % dei laureati si trasferisce fuori dal meridione e il 20% dei diplomati sceglie una regione del nord per studiare.
Questi dati sono impressionanti e devono davvero far riflettere. Non possiamo infatti accontentarci di fotografare l’esodo attribuendolo alle migliori opportunità lavorative che vi sono al nord. Bisogna analizzare i sistemi di ripartizione dei fondi alle università che penalizzano molti atenei meridionali e il sistema dei diritto allo studio che spesso rende impossibile garantire l’accesso ai servizi e a copertura delle borse di studio nel stesse regioni. Basta analizzare lo schema di riparto del fondo integrativo statale per le borse di studio per avere un idea della sproporzione e vedere come lo stato spenda, ad esempio, per uno studente della Campania, 477 euro in meno della media nazionale.