di Marco Chiappetta
TRAMA: Anni ’30 – Ebreo del Bronx, il giovane Bobby (Jesse Eisenberg) sbarca a Hollywood con l’ambizione di lavorare nel cinema affianco allo zio Phil (Steve Carell), influente agente delle star. Qui s’innamora, ricambiato ma non troppo, della bella Vonnie (Kristen Stewart), segretaria e, a sua insaputa, amante dello zio. Deluso, riparte per New York, ottiene successo con il nightclub Café Society e sposa la bella Veronica (Blake Lively), ma Vonnie continua a tormentarlo.
GIUDIZIO: Film d’apertura del festival di Cannes, il quarantesettesimo opus dell’intramontabile Woody Allen è fedele e coerente allo stile e alla poetica del cineasta newyorchese, una commedia romantica, amara e malinconica sull’ennesimo amore impossibile e infelice, ma anche, attraverso una riuscitissima ricostruzione storica degli anni ’30, uno spaccato d’epoca e un ritratto poco lusinghiero dello show business di Hollywood, tra ipocrisie, marchette, sogni traditi e frivolezze. Con gli anni Woody Allen non perde il cinismo graffiante, l’energia portentosa dei dialoghi, quell’ossimoro tra profondità e leggerezza che ha permeato tutta la sua filmografia. È questo un altro tassello, minore o meno non importa, della sua filosofia disillusa e pessimista, eppure intimamente legata al piacere e al bisogno di felicità. Non manca la solita esilarante descrizione del milieu ebraico, con i siparietti più divertenti riguardanti il fratello del protagonista spietato gangster, e per un’ora e mezza l’intrattenimento è come sempre di altissimo spessore intellettuale. Primo film in digitale del regista, è anche la sua prima collaborazione col leggendario direttore della fotografia Vittorio Storaro, che si fa notare con piano-sequenza piuttosto eleganti e pregiati. Scenografie (Santo Loquasto) e costumi (Suzy Benzinger) di alta raffinatezza.
VOTO: 3/5