di Enrico Massa
Italiani popolo di ignoranti. O almeno popolo governato da ignoranti. Sì, dico bene. Perché purtroppo la situazione in cui ci ritroviamo è sempre più drammatica e, dal paese culla delle arti e della cultura per eccellenza, siamo diventati dei rozzi “distruttori” di tutto ciò che di colto c’è nel nostro paese. Il crollo della casa dei gladiatori di Pompei ne è solo l’emblema (a proposito, oggi sono crollati altre due murate nel sito di scavo), e sarebbe quasi impossibile stilare l’elenco dei beni, ma anche delle attività culturali che negli ultimi anni hanno subito le depravazioni più grandi. Ormai, a quanto pare, la cultura nel nostro paese “non va più di moda” e questo è un indice della degradante situazione culturale dell’Italia, dove i leader politici, invece di promuoversi come garanti delle attività culturali, sono diventati garanti delle belle cosce di qualche (se siamo fortunati) velina.
E ce lo hanno dimostrato troppo spesso: basti pensare che i fondi previsti per il 2011 dedicati all’intero settore dello spettacolo e del teatro sono appena 300 milioni di euro, meno dello 0,30 del Pil. In questo modo grandi teatri che di anni ne hanno parecchi e il cui prestigio è di fama internazionale, come il Teatro San Carlo di Napoli o Scala di Milano, si vedono costretti a ridurre sempre più i loro programmi e ad aumentare il costo dei biglietti, rendendo il teatro, arte che dovrebbe essere di casa nel nostro paese, uno spettacolo sempre più raro e sempre più spesso riservato ad una ristretta parte della popolazione. Questa serie di agenti, uniti ad sempre maggiore distacco dalla società, hanno reso il teatro italiano contemporaneo, una realtà di nicchia, messo a dura prova dai tagli effettuati dalle svariate finanziarie degli ultimi anni che in questo ambito non hanno fatto altro che tagliare, tagliare, tagliare ogni anno di più.
Per quanto riguarda i Beni Culturali, invece, la situazione sembra ancora più tragica. Gli scarsi fondi attribuiti negli ultimi anni al mantenimento del vastissimo patrimonio storico e artistico italiano hanno fatto in modo che l’Italia sia, nel mondo, uno dei paesi con il patrimonio più grande, ma anche uno di quelli che spende di meno per curarlo. Ma dopotutto è facile, girando per le nostre città, letteralmente straripanti di storia, sapere, arte e tradizioni, notare in che stato sono ridotti i nostri monumenti, le nostre biblioteche, la nostra storia.
La nostra politica, che tiene spesso a sottolineare come sia affezionata alla “libertà”, sembra non curarsi più della cultura, che dopotutto è davvero l’unica cosa che può rendere libero un uomo: libero di pensare, libero di conoscere, ma soprattutto libero di dire la propria opinione. La cultura, d’altra parte, è nata proprio per questo: sapere e poter dire la propria attraverso i metodi più svariati: arte, letteratura, musica.
Alle scandalose parole del nostro ministro dell’Economia, on. Giulio Tremonti, “Con la cultura non si mangia, fatevi un panino con la Divina Commedia”, rispondo che, non solo con il patrimonio culturale che ha l’Italia, si potrebbero sfamare milioni di persone, ma anche che in un momento come questo la cosa più importante per l’Italia è sì di una rivoluzione, ma culturale. Solo ri-acculturando la società potremo aspirare ad una società migliore. E solo rendendoci menti critici saremo capaci di ragionare attraverso la cultura.