di Marco Passero
La città di Sirte ha avuto un ruolo particolare nella storia recente della Libia. Dopo lo scoppio della primavera araba nel paese, dai primi mesi del 2011, Sirte e Bani Walid sono state città lealiste e fedeli a Muammar Gheddafi fino agli ultimi giorni del regime. Dal giugno 2015 lo Stato Islamico si è impadronito di Sirte approfittando della caotica situazione del paese e ne ha fatto la sua principale roccaforte al di fuori della Siria e dell’Iraq. Dallo scorso maggio milizie fedeli al Gna (Governo di Accordo Nazionale) cercano di contrastare la minaccia degli islamisti, ma l’IS continua a opporre resistenza e le forze governative rimangono il bersaglio di cecchini e di attentati suicidi con autobombe. Dall’inizio delle operazioni – secondo le fonti mediche di Misurata – 280 soldati delle forze governative sono stati uccisi e più di 1500 feriti.
Ecco perché Tripoli ha chiesto l’intervento di Washington. Il 1° agosto gli Stati Uniti hanno ammesso di aver condotto attacchi aerei contro lo Stato Islamico; Peter Cook, portavoce del Pentagono, ha confermato che questa operazione militare è stata richiesta dal Gna, che si limiterà ai raid e alla condivisione delle informazioni e che non ci saranno attacchi via terra. Gli Stati Uniti avevano già condotto bombardamenti mirati contro le postazioni jihadiste e insieme ad altre intelligence europee erano già presenti sul territorio libico. La novità è rappresentata dal carattere internazionale della missione, fino a questo momento evitato per volere dello stesso governo di Fayez al Sarraj.
Ci si è chiesti se l’Italia sarebbe intervenuta in questa missione libica e la risposta è arrivata direttamente dal ministero degli esteri italiano che ha accolto positivamente l’intervento statunitense a 550 chilometri dalle coste italiane. Il 22 luglio l’Italia era stata informata dagli USA di un possibile intervento di Washington in Libia, poi il 31 luglio il progetto è stato confermato e nei prossimi giorni il paese potrebbe assicurare appoggio logistico alla missione. Il ministro degli esteri Paolo Gentiloni ha detto che il parlamento sarà informato in tutti i casi, se l’uso di basi italiane sarà richiesto da Washington. Il ministro della difesa Roberta Pinotti ha voluto sottolineare che “l’Italia è convintamente parte della lotta contro l’IS e con altrettanta determinazione sostiene come fondamentale il coinvolgimento diretto e attivo delle popolazioni e dei governi locali nella lotta al terrorismo a cui dare, su specifica richiesta, il necessario supporto”, confermando che l’azione militare americana non prevede l’uso di forze di terra.
L’operazione militare sarebbe dunque in piena coerenza con la risoluzione delle Nazioni Unite numero 2259 del 2015 e in esito a una specifica richiesta di supporto formulata dal legittimo governo libico per il contrasto all’IS nell’area di Sirte.