di Mattia Papa
Sono 291 i morti, 2500 gli sfollati. Quella di sabato è stata la prima notte senza scosse importanti. La solidarietà dilaga, e forse un po’ allevia la sofferenza. Ed è su questa strada che si deve continuare. In molte le testate che in questi giorni hanno rievocato i giorni dei terremoti di Belice (1968), del Friuli (1976), Napoli e l’Irpinia (1980). Rivisitate memorie dei giorni difficili, gli odori, la precarietà. Ed è proprio quella memoria che si è trasformata in solidarietà, con una raccolta di beni di primaria necessità, vestiti e medicinali, che già nelle sue prime 12 ore ha permesso di far dichiarare alle autorità di fermare le raccolte. Tanta, ovviamente, la vicinanza delle cariche dello Stato. Di circostanza?
Sono ancora mute le prime mosse parlamentari sullo stanziamento per iniziare la ricostruzione delle città – e insieme ad esse, delle vite – distrutte. E d’altronde le Camere sono infuocate dall’imminente referendum costituzionale (con un dibattito in decrescita, in perfetta strategia da bassa affluenza), e con la tensione di una legislatura che cammina sul filo del rasoio. Complesso aprire un varco, ritrovare per i brevi istanti il senso della politica e la lucidità di fare ciò che è necessario per la vita della gente, per alleviare il dolore, guarire la sofferenza?
E al di là delle prime necessarie misure d’emergenza, di un chiaro progetto e piano risolutivo rispetto al dramma del 24 agosto scorso, tante sono nel mentre le ‘piccole’, ma significative cose che l’Esecutivo di Palazzo Chigi può fare.
Una tra queste la propongono gli studenti universitari: “Ci siamo attivati – dichiara Andrea Torti, Coordinatore di LINK – Coordinamento Universitario – sin da subito per aprire nelle nostre università spazi e aule per la raccolta di beni di prima necessità, ma sappiamo che questo non basta. Chiediamo al Ministero dell’Istruzione – continua – di emanare immediatamente un decreto che esoneri dalle tasse universitarie tutti gli studenti e le studentesse residenti nei comuni terremotati. In ogni caso chiederemo anche agli Atenei e agli enti regionali per il Diritto allo Studio misure immediate”.
Aggiunge inoltre, che “tra Settembre e Novembre gli Atenei già chiedono il pagamento della prima rata delle tasse universitarie, già troppo costosa e molto spesso inaccessibile in condizioni di normalità. Ora tutte le istituzioni sono chiamate a dare una risposta immediata a chi affronta un momento umano ed economico di incredibile crisi e difficoltà. Dobbiamo – conclude – mettere in campo tutti gli strumenti, dall’ esonero del pagamento delle tasse all’apertura di bandi straordinari per borse di studio e posti alloggio, così da permettere agli studenti e alle studentesse colpiti dal terremoto di poter proseguire il proprio percorso universitario o di iniziarlo, senza pesare sulle famiglie”.
Davanti a stragi e a drammi di una portata come il terremoto di questa disgraziata fine di agosto, non sono solo le misure di immediata emergenza, ma è l’intera macchina dello Stato, tutto il Paese, che deve riporre e ridistribuire le proprie forze economiche e non per la ripresa complessiva di tutta la popolazione. Tutto il sistema italiano deve rimodellarsi intorno ai bisogni di alcuni di noi come se fossero i bisogni di tutti. Dall’istruzione, all’economia, l’informazione, la politica: tutto deve riscrivere i propri obiettivi. Ecco, questo sarebbe un segnale reale e forte. La gente ha portato bene di ogni natura nei punti di raccolta messi su in tutto il Paese. Ora è il momento di dare una svolta strutturale. E chissà, forse questo riappropriarsi del senso più proprio della società, dello stare insieme, può davvero essere il punto iniziale di una ricomprensione degli obiettivi e dei bisogni materiali e sociali dell’Italia. E chissà, ancora, forse qualcuno non griderà di mandare via chi fugge da altrettanti drammi come la guerra; forse si smetterà di chiudere gli occhi dinanzi ai bambini che muoiono in mare. E chissà, forse da una tragedia, nascerà “un” fiore.