La settima arte piange una delle sue stelle del ventesimo secolo. All’età di ottantatrè anni è morto Gene Wilder, attore, sceneggiatore, regista e scrittore statunitense. Nato nel giugno 1933, Jerome Silberman – questo il vero nome dell’attore originario del Milwaukee – si è spento a Stamford, nel Connecticut, in seguito a complicazioni dovute al morbo di Alzheimer.
Tra le principali interpretazioni di Wilder sono storiche quelle in “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato” (1971) e in “Frankenstein Junior” (1974). Nel corso della sua carriera collaborò con registi del calibro di Woody Allen (in “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* – *Ma non avete mai osato chiedere”, 1972) e soprattutto di Mel Brooks, del quale è sempre stato uno degli interpreti preferiti. Con il geniale e irriverente regista newyorkese Wilder strinse un vero e proprio sodalizio, storico e fortunato. I due scrissero a quattro mani la sceneggiatura del succitato “Frankenstein Junior”, pellicola candidata all’Oscar alla migliore sceneggiatura non originale, premio poi vinto da Mario Puzo e Francis Ford Coppola per “Il Padrino – Parte II” in quel 1975. Per quella sceneggiatura Wilder insistette perché lui e Peter Boyle, che interpretava il mostro, ballassero il tip tap in una scena. Brooks non era molto favorevole all’idea, ma si ricredette quando a una delle anteprime il pubblico reagì con grasse risate e quella danza sulle note di “Puttin’ on the ritz” è passata alla storia del cinema.
Precedentemente Wilder si era guadagnato una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista per il ruolo di Leo Bloom nel film “Per favore, non toccate le vecchiette” (1968).
Nel 1975 realizzò il suo primo film da regista, “Il fratello più furbo di Sherlock Holmes”. L’ultima pellicola nella quale ha lavorato è stata “Non dirmelo…non ci credo” di Maurice Phillips, nel 1991.
Lo storico doppiatore italiano di Wilder è stato Oreste Lionello, considerato uno dei padri del cabaret italiano, scomparso nel febbraio 2009.
Secondo Brooks, Wilder era come “l’uomo della strada con tutte le sue vulnerabilità ben visibili. Un giorno Dio disse: ‘Che ci siano le prede’, e creò i piccioni, i conigli, gli agnelli e Gene Wilder”.
Con Gene Wilder il cinema perde un talento comico cristallino, versatile e capace di sorprendere costantemente lo spettatore nel modo più semplice e inaspettato.