di Marco Passero
Quarantun’anni fa. Il 2 novembre 1975 veniva ucciso all’età di cinquantatre anni, sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, in circostanze brutali e mai effettivamente chiarite, Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista italiano. Considerato tra i maggiori artisti e intellettuali del XX secolo, culturalmente versatile e capace di distinguersi con la sua arte in numerosi campi e attento osservatore dei cambiamenti della società italiana dal secondo dopoguerra sino alla metà degli anni Settanta, Pasolini fu amato e odiato per la radicalità dei suoi giudizi, per le aspre critiche alle abitudini borghesi e alla nascente società dei consumi, ma anche al movimento sessantottino – parlando di “falsa rivoluzione” all’indomani degli scontri di Valle Giulia. Pur accettando e appoggiando le motivazioni ideologiche degli studenti, ritiene in fondo che questi siano antropologicamente dei borghesi destinati, in quanto tali, a fallire nelle loro aspirazioni rivoluzionarie.
Pasolini trascorse l’infanzia in Friuli. A Bologna, dove si trasferì, iniziò le sue frequentazioni letterarie e culturali. La pubblicazione di “Ragazzi di vita” nel 1955 suscitò scalpore e sollevò accuse di oscenità, trattando l’opera di prostituzione omosessuale maschile. Nello stesso anno fondò la rivista letteraria “Officina”, cominciando intanto a lavorare nel cinema. Il suo primo film, “Accattone”, risale al 1960, presentato alle ventiseiesima Biennale di Venezia l’anno successivo. Ne seguiranno molti altri, tra cui i celebri “Il Vangelo secondo Matteo”, “Uccellacci e uccellini”, “Il Decameron”, “Il fiore delle Mille e una notte”, e molti altri.
Pasolini criticava il medium di massa, la società dell’apparenza, il servilismo al potere, le trattative e le stragi di mafia, criticava la sessualità ridotta a obbligo, folklore e consumo. Scrisse pagine contro l’aborto, la pornografia, la droga e per la sacralità della vita, contro le manipolazioni genetiche e la società permissiva, contro la riduzione gay dell’omosessualità.
Un altro grande nome dell’arte e della letteratura italiana, Alberto Moravia, lo ricordò con una orazione funebre passata alla storia:
Abbiamo perso prima di tutto un poeta, e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto dentro un secolo. Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeti. Il poeta dovrebbe esser sacro.
L’immagine di un uomo che “fugge a piedi inseguito da qualcosa che non ha volto” è una metafora tangibile della via dell’impegno tracciata dall’intellettuale.
La morte non è nel | non potere più comunicare, | ma nel non potere più essere compresi.
(Pier Paolo Pasolini)