Home » Editoriali ed elzeviri, News, Politica » Quando la storia parla e annuncia la vittoria del populismo

Quando la storia parla e annuncia la vittoria del populismo

trump-castrodi Mattia Papa

La storia sa parlare. Questo novembre, è una delle sue strilla. L’8 novembre Donald Trump vince le elezioni in America, ieri, il 25, Fidel Castro muore. Il populismo vince, le grandi ideologie si spengono. Come se non si potesse sopportar oltre; come se per far sì che qualcosa venga annunciato a segnare un’epoca, qualcos’altro dovesse sparire, spegnersi.
Fuor di metafora, entriamo in pompa magna nell’epoca del populismo concreto, dopo averne sentito per anni, decenni, i passi che con la loro marcia facevano tremare il vecchio e il nuovo continente. Il secolo breve non aveva lasciato eredi, benché ampie eredità da cui poter imparare, il bene e il male. La storia sa parlare, ma non è detto che noi sappiamo ascoltare, o che ascoltandola comprendiamo il significato delle sue parole. Qualcuno ne trae felice consiglio, qualcuno qualche giusta conclusione. Nessuno insegnamento.
Ed eccoci quindi a doverci confrontare con l’assalto dei Salvini, Grillo, Le Pen, e chi vuole aggiungersi si aggiunga, purché abbia ben presente che come apri fila c’è il caro Donald. Si sente da lontano un “populismi di tutto il mondo unitevi”, accompagnato da risa barbariche, incursioni aeree, l’odio raziale e xenofobo che decolora ogni strada e paese, e tinge di rosso sangue qualunque cosa diversa dalla cultura occidentale. Infine il silenzio di un barcone che affonda, bambini che muoiono, vite distrutte. Tutto sotto i nostri occhi.
E saremo pronti a puntare il dito l’uno contro l’altro quando verrà la resa dei conti, quando davanti all’ennesima tragedia – man mano sempre più catastrofica – saremo pronti e bravissimi a individuare il “vero” colpevole, munendoci di un pregresso senso di saggezza che ci ha permesso di aver ragione, senza però salvare nessuno, eccetto la nostra misera coscienza.

La storia sa parlare, parla, grida e strepita. Lo fa senza nervosismi, senza grandi ansie o particolari tensioni. Lei parla. E qualcuno assolve.
Assolve forse Fidel Castro, che ha reso un’isola un esempio di lotta e rivoluzione, di liberazione, al netto di tutte quelle parole di contorno che i benpensanti sanno dire, anche lì puntando il dito per non sentirsi parte, ma sempre al di là, oltre, superiori. Persino alla storia.
Assolverà forse noi, che permettiamo tutto questo, il continuo imbarbarirsi del pensiero, dello stare insieme, mentre ci diciamo che oggi stiamo meglio di ieri?
Di Fidel Castro vanno ricordate le parole quando disse: “Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza, ma mai, senza lotta, si potrà avere la libertà”. È che la libertà, all’infuori di ogni retorica, dovrebbe essere una costante aspirazione. Non un fantoccio ideologico. Qualcosa per cui lottare ogni giorno, sapendo che ad ogni traguardo ce ne sarà un altro, che ci sarà sempre chi sarà intenzionato a ridurre l’agibilità di tutti per averne un po’ di più per sé. Ed è per questo che bisogna lottare, affinché tutti possano continuare a liberarsi, ad essere liberi. È la storia che ce lo chiede: benché lo dica, per alcuni, silenziosamente, lo dice dal suo stesso inizio.