di Mattia Papa
Il disegno di legge n. 377 in materia di formazione iniziale e accesso all’insegnamento per la scuola secondaria, è stato presentato i 16 e il 17 gennaio alla Camera dei Deputati.
La decisione ministeriale di attivare un terzo ciclo di TFA è ben accolta da ampia parte di tutti i laureati, molti dei quali hanno velocizzato i tempi di laurea proprio per poter accedere all’ultimo ciclo del tirocinio formativo attivo. Il terzo e ultimo ciclo di TFA, infatti, dovrebbe fungere da disposizione transitoria per sopperire alla richiesta di abilitazione all’insegnamento fino all’entrata in vigore del nuovo sistema del concorso-corso, previsto per l’anno scolastico 2020/2021.
Il Concorso-corso – già elaborato durante il Governo Renzi – consiste in un concorso pubblico (due prove scritte e una orale) a numero chiuso, su base regionale, con cadenza biennale, cui possono accedere tutti i laureati magistrali (a ciclo unico o laurea specialistica) con precise competenze acquisite durante gli anni universitari, o da integrare con esami extra-curricolari (si necessiterà, infatti, di 24 CFU in materie pedagogiche, psicologiche, antropologiche e didattiche, così come la certificazione B2 di una lingua straniera). Superato il concorso, il candidato inizierà il corso (e sarà tenuto a firmare un contratto di durata triennale retribuito dallo Stato, le cui condizioni normative sono definite in sede di contrattazione collettiva nazionale) al termine del quale seguirà una valutazione finale che, se superata, immetterà in ruolo il candidato.
A seguito della buona notizia (e di qualche speranza per molti di entrare nel mondo della scuola e uscire dal precariato), restano i problemi strutturali della Buona Scuola, perlopiù legati alla figura del Dirigente scolastico. È infatti nei poteri di quest’ultimo strutturare le modalità in cui si svolgeranno i colloqui dei futuri docenti (in particolare dei docenti del cosiddetto “potenziamento”), e soprattutto la tipologia di competenze che i nuovi docenti dovranno avere. Il passo verso bandi con competenze disegnate su docenti particolari, è breve. Ed è altrettanto breve il passaggio verso il clientelismo che si attuerà (ed è già in parte stato attuato con il ciclo di assunzioni dell’anno scorso) nel mondo della Scuola.
Restano, d’altronde, i problemi rispetto alla formazione e alla declinazione “professionalizzante” che la scuola ha assunto (così come le neo-lauree professionalizzanti finanziate dalle aziende per le competenze che più rispondo alle esigenze legate alla contingenza), privilegiando la formazione di personale ad hoc per il mondo del lavoro in cui ognuno rasenta sempre la sopravvivenza, alla formazione di una società critica e consapevole, capace di scegliersi il proprio futuro e di dar frutto ai propri desideri.
Ed un’ultima nota: i docenti che vengono assunti come potenziamento delle strutture, avranno contratti triennali, rinnovabili o no (quindi passare da una scuola a un’altra, detto in altri termini) su nuovi concorsi allo scadere di quello precedente. Quindi è da evidenziare che seppure con un contratto a tempo indeterminato, la condizione di precarietà psicologica ed esistenziale permane e non risolve, neanche in questo settore – con le conseguenti trasmissioni di certi modelli di società e di lavoro ai giovani e giovanissimi –, la condizione di “liquidità” (ricordando Bauman e i suoi pro-memoria per la società odierna e dell’avvenire) che pare abbia geneticamente mutato il nostro stesso modo di intendere la vita e l’esistenza stessa.