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“Der junge Karl Marx”: Raoul Peck dirige una biografia marxiana elegante e anti-seriosa

779x467di Alessandro Cardinale

L’incontro in un bosco tra fuorilegge e uomini armati a cavallo. Da questa vaga ricorrente immagine cinematografica si distingue per concretezza la scena iniziale di “Der junge Karl Marx”, film diretto da Raoul Peck: gendarmi a cavallo bastonano e uccidono negli anni Quaranta dell’Ottocento raccoglitori abusivi di legna secca in un bosco della provincia renana del regno di Prussia. Altre figure di violenza concreta, come quella della fabbrica inglese o delle condizioni povere di vita della famiglia Marx, vengono offerte al pubblico con un contorno nitido e senza insistenza di dettagli, cosicché non si sente sovraccarico.
Dopo la première del 12 febbraio alla Berlinale, il film è ormai da due settimane nei cinema tedeschi. Gli spettatori più informati su elementi della biografia marxiana sorridono compiaciuti nel seguire Karl Marx (interpretato da August Diehl) nei suoi spostamenti europei e nel vedere per la prima volta le gestualità di un Proudhon (Olivier Gourmet) o di un Bakunin (Ivan Franek), conosciuti al massimo in foto. Davanti alla sceneggiatura di Pascal Bonitzer e dello stesso Peck, la tentazione di disapprovare qualsivoglia trasfigurazione romanzata dell’esistenza del Moro, uomo dall’elevata consapevolezza storica, lascia prestissimo il posto all’apprezzamento per la forma semplice ed elegante che assume questa trasfigurazione e per il suo effetto anti-serioso.
Dell’attività intellettuale di Marx ed Engels (Stefan Konarske) risultano tracciate caratteristiche essenziali: gravosa, pubblica, conflittuale (non di conflitti interni al connubio), al contempo si evita di ridurre i due a operosi intellettuali e di liquidarli (seppur) come geni attraverso la rimozione del loro impegno politico. Del resto una tale rimozione sarebbe impensabile, se solo non se ne fossero avuti esempi in un altro campo: quello dell’editoria.
Originale per la composizione di lunghi colpi di concretezza e tono appassionato, il film si rivolge in maniera stimolante a chiunque non voglia “essere bue, voltare le spalle e badare solo alla propria pelle”, come Karl Marx scrisse in una lettera del 1867