di Mattia Papa
Il 31 maggio a Milano si è tenuta un’assemblea nazionale fondamentale per il futuro degli insegnanti che verranno: gli studenti di Link Coordinamento Universitario, i dottorandi dell’ADI, insegnanti e ricercatori rappresentati dall’ADAM e dalla FLC-CGIL chiedono, con un documento congiunto, che il MIUR ponga fine all’incertezza relativa al FIT, e che chiarisca i termini della fase transitoria per l’accesso al concorso-corso, definendo le linee guida di un percorso chiaro e dignitoso per l’accesso all’insegnamento, che dia a tutti e a tutte, a prescindere dalle condizioni economiche, di perseguire i propri obiettivi di vita.
Il primo punto del documento riguarda i requisiti dei 24 CFU in materie antropo-psico-pedagogiche: “Non riteniamo – si legge nel documento – che l’acquisizione dei suddetti requisiti sia una parte della formazione da accertare necessariamente prima dell’accesso al percorso per diventare insegnante. In secondo luogo pensiamo che questo requisito sia fortemente penalizzante per i laureandi e per i neo-laureati magistrali. Il rischio che indichiamo è principalmente legato alla nascita di un vero e proprio business per Università ed enti, pubblici e privati, che hanno possibilità di erogare questi CFU, poiché sarebbero migliaia i soggetti interessati ad acquisire questi 24 CFU nel corso del prossimo anno accademico”.
Dal documento si evince anche la necessità di attivare inoltre una fase transitoria, che preveda “un progressivo allargamento dell’organico nazionale e la riduzione del numero di alunni per classe, seguendo una logica perfettamente opposta a quella delle ultime riforme (Legge Gelmini e Legge Fornero, ad esempio), così da permettere, da un lato, il graduale assorbimento nei ruoli in tempi molto più rapidi sia per quanto riguarda i docenti già “in possesso di titolo abilitante all’insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione” (art. 17, c. 3) sia per coloro iscritti in GAE, dall’altro aumentando il numero di posti in ruolo destinati a tutti coloro che, senza abilitazione, abbiano iniziato a lavorare nella scuola o neolaureati aspettino da anni un percorso certo di abilitazione. Infine, data la lunghezza del percorso triennale di FIT, crediamo sia auspicabile garantire una semplificazione dello stesso per coloro che hanno avuto esperienze lavorative nelle scuole”.
Nel documento inoltre si sottolinea l’importanza di introdurre una rappresentanza dei corsisti negli organi collegiali delle scuole di specializzazione, nonché un aumento dei €400 con cui verrebbero retribuiti i tirocinanti. Infatti la retribuzione non solo non garantirebbe la dignità del lavoro del tirocinio, ma neanche permetterebbe ai molti giovani (e non) di poter uscire dal nucleo familiare, e iniziare ad uscire dal tunnel della precarietà esistenziale in una società, oltretutto, priva di un welfare che faccia fronte alla condizione esistenziale di una grande maggioranza di popolazione.
È su questo infatti che si concentra l’ultima parte del documento: i precari, i dottorandi, i laureandi ed i neolaureati, “non possono più rimanere nella costante incertezza che li attanaglia da troppi anni, soprattutto poiché un sistema di abilitazione manca ormai da più di due anni e le graduatorie continuano a riempirsi man mano che passa il tempo. Decine di migliaia di studenti e precari vivono oggi nell’incertezza di sapere quali esami dovranno conseguire e come dovranno conseguirli per poter accedere al FIT, quando effettivamente verrà bandito il primo concorso, quale retribuzione li attenderà. Chiediamo che ci vengano date risposte e soluzioni per tutti i problemi evidenziati al più presto e senza ulteriori attese da parte del Ministero e del Governo”.