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“Ammore e malavita”, quando anche la sceneggiata napoletana diventa post-moderna

locandinadi Marco Chiappetta

TRAMA: Approfittando di un attentato fallito al marito Don Vincenzo (Carlo Buccirosso), boss della camorra, donna Maria (Claudia Gerini) decide di architettare ad hoc la morte di questi per poter fuggire insieme e abbandonare la malavita per sempre. Quando in ospedale l’infermiera Fatima (Serena Rossi) scopre tutto, a Ciro (Giampaolo Morelli), uomo di fiducia del boss, viene chiesto di far sparire la ragazza: ma una volta riconosciuta in Fatima l’amore mai dimenticato della sua adolescenza, Ciro decide di proteggerla mettendosi contro i suoi mandatari e il suo fratello d’armi Rosario (Raiz).
GIUDIZIO: Il film dei Manetti Bros è un esuberante musical neomelodico, omaggio dichiarato e sincero a certo B-movie italiano e napoletano (il noir e la sceneggiata), all’insegna del kitsch più svergognato e del trash più ricercato, avvicinandosi volutamente all’estetica (per modo di dire) dei videoclip neomelodici e a un tipo di cinema artigianale amatoriale fuori tempo massimo oggi, fatto di abusi digitali goffi, errori di regia e fotografia, recitazione (salvo l’eccelsa Claudia Gerini e il sempre godibile Carlo Buccirosso) sotto gli standard. Tutto però sembra calcolato, voluto, messo in scena con tono di scherzo: e il film, nonostante la discutibile fattura, diverte spesso, ora con le battute, ora con i siparietti musicali (geniale quello, in inglese, ambientato a Scampia), in generale con la sua demenzialità. Seppur manierato e derivativo, il modo di raccontare Napoli e i suoi stereotipi (talvolta indugiando troppo sull’iconografia paesaggistica del Vesuvio) aggiunge ironia e personalità in un contesto contemporaneo di cinema partenopeo cupo e serioso, come già i Manetti Bros avevano provato a fare, meno bene, nel precedente e non indimenticabile “Song ‘e Napule”. Resta però, al di là del guilty pleasure e dell’indubbia inventiva, un film ingiustificabilmente mal fatto pure per la categoria inferiore in cui vuole iscriversi, assurdamente premiato dalla partecipazione in concorso alla Mostra di Venezia (alla stregua di Del Toro, Aronofsky, Payne, Kore-eda, tra i tanti nomi illustri), là dove negli anni recenti film italiani davvero meritevoli (“Non essere cattivo” di Caligari o “Indivisibili” di De Angelis, per dirne due) sono stati ingiustamente esclusi.
VOTO: 2/5