di Marco Passero
Da un po’ di tempo a questa parte la proposta del PD per riformare la vecchia legge elettorale è all’ordine del giorno nell’agenda politica italiana. Si tratta del Rosatellum Bis, molto simile al Mattarellum in vigore all’inizio degli anni duemila e così chiamato dal nome del capogruppo della Camera del PD Ettore Rosato. Ma cosa prevede?
L’idea è quella di un sistema misto, maggioritario e proporzionale: un terzo dei deputati è eletto in collegi uninominali (un solo candidato per coalizione, il più votato è eletto) e i restanti due terzi sono eletti con un sistema proporzionale di lista. Alla Camera dei 630 seggi sarebbero assegnati 232 in collegi uninominali (di cui 6 per il Trentino Alto Adige, 2 per il Molise e 1 per la Valle d’Aosta) e 386 in piccoli collegi plurinominali (circa 65 collegi), più 12 nella circoscrizione estero. Al Senato dei 315 seggi sarebbero assegnati 102 in collegi uninominali (di cui 1 per il Molise, 1 per la Val d’Aosta) e 207 in piccoli collegi plurinominali, più 6 nella circoscrizione estero. Come nel Mattarellum, dunque, per quanto riguarda la parte per cui è previsto un metodo maggioritario, i 232 candidati più votati in ogni collegio uninominale alla Camera e i 102 del Senato otterrebbero direttamente il proprio seggio, anche se avessero ottenuto un solo voto più del loro diretto avversario. Nella proposta del PD è prevista una soglia di sbarramento nella quota proporzionale, fissata al 3% su base nazionale e per entrambe le Camere. In aggiunta, è prevista anche un’altra soglia del 10% minima per le coalizioni.
Ma il Senato, in base alla Costituzione, deve essere eletto su base regionale: il Rosatellum prevede quindi che la ripartizione dei seggi tra le liste alla Camera sia effettuata su base nazionale, mentre il riparto del Senato sarebbe solo regionale; ciò renderebbe quest’ultimo meno dipendente dal totale nazionale dei voti del Senato, mentre per le soglie del 3% e del 10% il calcolo avverrebbe su base nazionale. Per il resto, la parte proporzionale di Camera e Senato è sostanzialmente identica.
Un’altra caratteristica è relativa ai “listini”, corti e bloccati. Il territorio nazionale sarà diviso in collegi plurinominali formati con l’accorpamento di collegi uninominali. Ogni collegio plurinominale non dovrebbe eleggere in nessun caso più di 7-8 deputati, ma potrebbe eleggerne molti di meno a seconda della Regione. Nei singoli collegi plurinominali le liste sono bloccate, e tale scelta rispetta le indicazioni della Consulta che aveva bocciato i listini bloccati in grandi collegi. In questo caso i collegi dovrebbero essere abbastanza piccoli da garantire la riconoscibilità dell’eletto, anche in previsione del fatto che i nomi sono tutti scritti sulla scheda elettorale.
Per quanto riguarda coalizioni ed alleanze, dopo la parentesi dell’Italicum che prevedeva per premiare le singole liste, tornerebbe il concetto di coalizione, con un gruppo di liste che potrebbe sostenere un singolo candidato nell’uninominale, come avveniva con il vecchio Mattarellum, ma correre per sé nel proporzionale.
Rilevante, infine, la novità a schede e voti disgiunti, con possibili grandi conseguenze politiche: il voto sarà espresso su una sola scheda (in cui l’elettore dovrà esprimersi sia sulla parte maggioritaria che su quella proporzionale) e sarà vietato il voto disgiunto, ovvero la possibilità di votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nella parte proporzionale. L’elettore dovrà scegliere un abbinamento candidato-partito.