di Marco Passero
Con un risultato che il giornalista francese esperto di geopolitica Bernard Guetta non ha esitato a definire sovietico, Abdel Fattah al Sisi ha vinto le elezioni presidenziali egiziano registrando addirittura il 97% delle preferenze. Se, prima ancora del voto, nessuno aveva avanzato rimostranze nel parlare di “farsa del voto in Egitto”, la percentuale che il presidente ha voluto e saputo costruirsi vuole essere un messaggio chiaro e puntuale: pieni poteri nelle mani del generale egiziano e possibilità di agire in qualunque direzione, senza ostacoli.
L’affluenza in questa tornata elettorale è stata pari a un misero 41.5%, il che significa la maggioranza degli elettori (più di un egiziano su due) non ha votato, ascoltando anche l’invito dell’opposizione – quella che il presidente al Sisi aveva deciso di mantenere per garantire una parvenza di normalità – che chiedeva il boicottaggio del voto. Un’opposizione comunque irreale poiché l’unica persona autorizzata a sfidarlo alle elezioni della scorsa settimana è stato un suo dichiarato sostenitore, Moussa Mostafa Moussa, un politico poco conosciuto la cui candidatura dell’ultimo minuto è stata ritenuta “simbolica” e finalizzata a conferire credibilità alle elezioni.
In ogni caso la verità sembra essere una e incontestabile: il presidente, che nel 2013 aveva rovesciato il suo predecessore Mohamed Morsi, è stato rieletto grazie alla forza delle armi, non per volontà popolare.
Divenuto maresciallo grazie al suo colpo di stato, da allora al Sisi ha represso non solo i Fratelli musulmani ma tutti i sostenitori della democrazia, da destra a sinistra. Tra il 2013 e il 2017 sono state arrestate più di sessantamila persone, la stampa e tutti i mezzi d’informazione sono stati messi a tacere e la tortura è diventata sistematica. Da parte loro le democrazie occidentali stanno ripetendo gli errori commessi prima dello scoppio delle primavere arabe nel 2011, sostenendo un autocrate sanguinario pur di garantire la stabilità. La realtà è però ben diversa, con al Sisi che sta distruggendo la stabilità e tutto ciò che ad essa si potrebbe associare, lasciando il monopolio dell’opposizione ai fanatici islamisti, tornati in clandestinità.
Per quanto riguarda l’Italia, infine, dopo che lo scorso 9 novembre 2017 quando il ministro degli Esteri Angelino Alfano aveva annunciato il ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo (dopo il caso Regeni), il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha approfittato della riapertura delle relazioni diplomatiche con l’Egitto per inviare un messaggio al generale egiziano: “Desidero farle pervenire le mie felicitazioni per il suo nuovo mandato alla presidenza della Repubblica araba d’Egitto. Confido che nel corso dei prossimi anni l’Egitto potrà realizzare importanti riforme e progressi in campo politico, economico e sociale, secondo le aspettative dell’amico popolo egiziano. L’Italia, come sempre, non farà mancare il proprio sostegno. […] Abbiamo accolto con favore le dichiarazioni da lei fatte in più occasioni circa l’impegno suo personale e delle istituzioni egiziane a pervenire a risultati definitivi sulla barbara uccisione di Giulio Regeni. Sono certo che il raggiungimento della verità, attraverso una sempre più efficace cooperazione tra gli organi investigativi, contribuirà a rilanciare e rafforzare il rapporto storico di assoluto rilievo tra i nostri paesi”.