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Oliver Stone si perde tra buonismo e sentimentalismo

di Marco Chiappetta

TRAMA: New York, 2008 – Ventitre anni dopo esser stato arrestato e sette dopo esser stato scarcerato, l’ex squalo della borsa Gordon Gekko (Michael Douglas) torna alla realtà di una città ancora più avida e corrotta che negli anni ’80. Apparentemente fuori dagli affari, Gekko si presta a dare consigli al giovane e rampante broker Jake Moore (Shia LaBeouf), futuro sposo della figlia Winnie (Carey Mulligan) – con cui ha interrotto ogni rapporto –, che intanto mira al successo e alla vendetta contro chi ha provocato il fallimento e il suicidio del magnate Louis Zabel (Frank Langella), suo mentore e capo.
GIUDIZIO: Sequel mediocre, inutile e quanto mai forzato di un cult-movie degli anni ’80, “Wall Street” (1987, sempre di Oliver Stone), all’epoca uno spietato, dissacrante e sconvolgente spaccato dell’alta società americana, tra giochi di potere e corruzione morale. Cos’è invece questo prosieguo ventitre anni dopo? Qual è il suo senso?
Oliver Stone, regista discontinuo e alle volte troppo sopra le righe, avrebbe voluto spiegarci con la spocchia del saggista il collasso economico del 2008 e il mutare in peggio di un’umanità sempre meno umana, più immorale, più avida: ne è prova l’ambiguità di Gekko, clamorosamente addolcito, quasi redento, che nonostante un piccolo e fuorviante colpo di scena – dove per poco ritorna il vecchio ladro senza scrupoli di un tempo – si dimostra non solo un uomo nuovo e migliore, ma anche un moralista col cuore d’oro. Il buonismo del finale è francamente troppo, ma in linea con l’andazzo del film: non più la satira e il cinismo debordante dell’originale, ma bensì il sentimentalismo più gretto e meno emozionante possibile, edulcorato alla massima potenza dalle interpretazioni patetiche e in fin dei conti insulse dei giovani piccioncini Shia Labeouf e Carey Mulligan, new entries pressappoco deludenti, sulla cui love story il film tristemente s’arena. Se Michael Douglas, comunque bravo nel ruolo che un tempo gli diede Oscar e gloria, non è più tanto cattivo, ce ne sono due che timidamente si palesano come i nuovi villains: Josh Brolin e Eli Wallach, eccelsi come sempre, ma senza un briciolo di caratterizzazione, di profondità. In mezzo al caos confusionario del film si finisce quasi per perdere attenzione e pazienza: lo stile di Stone, che ha il pregio almeno di essere come sempre audace ed eclettico, rende tutto più fluido e veloce, anche troppo, tanto da rendere sfuggevoli morale e senso dell’opera. E in fin dei conti, a parte la suggestione e l’originalità di certe scelte registiche, non resta e non deve restare nulla di questo inspiegabile e maldestro filmetto commerciale.
VOTO: 2/5