di Marco Passero
La Costa Rica è uno Stato dell’America Centrale, è una repubblica semipresidenziale e conta poco meno di cinque milioni di abitanti, per la maggior parte concentrati nella capitale San José.
La Repubblica di Costa Rica fa parte delle principali Organizzazioni Internazionali e in molte di esse si adopera per assumere un ruolo di protagonismo che vada oltre le sue ridotte dimensioni geopolitiche, basti pensare ad esempio al suo impegno in materia di protezione diritti umani, dell’ambiente o contro la pena di morte; il Paese fa inoltre parte di diverse organizzazioni regionali, prime fra tutte la CELAC (Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi), di cui ha avuto Presidenza pro-tempore nel 2014, e il SICA (Sistema de Integración Centroamericana).
Più che per il suo impegno nella world politics, tuttavia, spesso la Costa Rica viene dipinta come una piccola oasi di democrazia, soprattutto per i servizi e la vivibilità che riesce a garantire e per l’attaccamento dei suoi abitanti a tali valori. La nazione è stata classificata al primo posto per la felicità media della popolazione nella classifica della graduatoria Happiness in nations 2000-2009. «I costaricani sono fieri del loro servizio sanitario e della loro istruzione gratuita, anche se hanno risorse limitate. Nel paese l’aspettativa di vita è più alta che negli Stati Uniti», ha scritto di recente l’economista premio Nobel Joseph Stiglitz. In effetti le politiche locali non possono che essere definite progressiste. Un terzo del paese è stato trasformato in una riserva naturale protetta, quasi tutta l’elettricità è ricavata da fonti idriche pulite e sono stati realizzati progetti di rimboschimento.
Ma non c’è solo l’ambiente sull’agenda costaricana e nei pensieri di suoi abitanti. Le ultime elezioni presidenziali, con un’affluenza molto alta, hanno registrato la vittoria del trentottenne Carlos Alvarado Quesada, contro un avversario contrario ai matrimoni omosessuali battuto con il 60% delle preferenze: ciò testimonia la consapevolezza dei cittadini e la loro ferma volontà di non perdere le conquiste progressiste di questi decenni.
In economia si considera il PIL un indicatore eccessivamente limitato e si punta a concrete riforme per la crescita. Un esempio è rappresentato dalla creazione di cooperative ed imprese sociali in tutto il paese (vi lavora un quinto della popolazione), puntando a combattere il modello del capitalismo sfrenato con delle istituzioni sane.
Tuttavia, fintantoché la Costa Rica dovrà combattere contro un deficit fiscale strutturale e un sistema politico rigido non riuscirà a essere il vero paradiso in terra che potrebbe apparire. Il primo problema potrebbe essere affrontato aumentando la crescita – evitando una razionalizzazione consistente nei tagli alla spesa pubblica dopo anni di sacrifici – ma la situazione non è per niente semplice. Aumentare le tasse potrebbe essere, ancora secondo Stigliz, una soluzione, a patto di colpire le esternalità negative come l’inquinamento, e non il lavoro, evitando distorsioni dell’economia e mantenendo la progressività dell’imposta per combattere quella disuguaglianza che è ancora un problema, anche se non ai livelli del resto dell’America Latina.
Infine c’è la sfida politica, con un sistema di governo basato su due partiti principali e regole a garanzia delle minoranze che potrebbe vacillare se l’elettorato si frammentasse. Quesada sta cercando di creare un nuovo modello presidenziale per il paese senza cambiare la costituzione, e potrebbe riuscirci proprio grazie al lodevole spirito di cooperazione dei costaricani.