di Fabrizio Romano
Qualcuno lo ha capito, altri meno. Il vero limite del Napoli si chiama – spiace dirlo – Aurelio de Laurentiis. Tralasciando le questioni prettamente tattiche, i tifosi partenopei stanno inseguendo un sogno chiamato Champions League grazie ad una squadra ben attrezzata, ma che con una diversa gestione societaria potrebbe realmente spiccare il volo verso il salotto europeo del nostro campionato. Gli errori del presidente iniziano subito: l’idea di gestire il club in maniera egoistica ed ossessiva si è trascinata fino all’arrivo di Walter Mazzarri, quando il numero uno azzurro ha scelto di chiamare Riccardo Bigon in qualità di direttore sportivo e Marco Fassone come direttore generale. Due figure fino a poco fa completamente assenti nello scacchiere societario partenopeo, cariche in realtà fondamentali per la giusta gestione di un club. Le vere difficoltà di casa Napoli sono infatti legate al mercato, ed alla gestione del patrimonio che De Laurentiis mette a disposizione della società, ma che non gestisce nella maniera esatta. La scelta di Mazzarri in panchina è stata azzeccata, molto meno, però, quella di chiamare Bigon e Fassone: giusta la volontà di introdurre due figure al suo fianco dopo anni di fallimenti, errata, invece, la selezione di questi due personaggi per le poltrone azzurre.
Con tutto il rispetto per Bigon e Fassone, un club come il Napoli merita molto di più. L’errore del presidente si è palesato nell’ultima sessione di mercato: i due uomini-mercato azzurri hanno portato al San Paolo giocatori di livello mediocre – eccezion fatta per l’impeccabile colpo Cavani, ma ricordiamo che è stato pagato fior di milioni – sperperando tanti soldi che potevano essere investiti in maniera sicuramente migliore. Ed è qui che ritorna il concetto di prima: manca una reale attività di scouting, un uomo-mercato che sappia fiutare l’affare giusto da compiere al momento giusto, insomma quel tocco in più che permetterebbe al Napoli di avere una rosa attrezzata per poter volare in alto grazie all’ottima guida di Mazzarri, ma anche una società pronta quasi ad autofinanziarsi. Prendiamo l’esempio del Palermo di Zamparini: con i colpi di Hernandez, Pastore e Ilicic (giusto per dirne tre) arriveranno nelle casse rosanero nei prossimi anni almeno 100 milioni, con una spesa per tutti e tre gli elementi che non raggiunge i 15 milioni. L’esempio può essere fatto anche al passato, con Kjaer e Cavani che furono pagati spiccioli e sono stati rivenduti entrambi per una cifra totale vicina ai 40 milioni.
Ecco che risulta facile capire come siano sbagliate moltissime delle recenti operazioni partenopee. Yebda è arrivato in prestito con diritto di riscatto fissato a 4.5 milioni, Bacinovic – che è molto più giovane e di qualità nettamente superiore – è stato pagato 200.000 euro dal Palermo. Un problema che a Napoli devono porsi: perché prendere un Lucarelli e non trovare una punta, anche straniera, sulla quale scommettere? Sarebbe bastato anche un Luca Toni da prelevare a zero, e non si parli di problemi di ingaggio: Luca – posso garantirlo – aveva già la penna pronta per firmare con gli azzurri in qualsiasi momento. Manca l’affare giusto, manca il colpo scovato all’estero, e non si accusi Pierpaolo Marino per gli errori passati. C’è qualcuno che ancora chiede: “Perché ci troviamo ancora sulle spalle i contratti di gente come Bucchi o De Zerbi? E’ colpa di Marino”. Vi invito a riflettere: per portare a Napoli giocatori di tale valore in Serie B – e questi due all’epoca erano elementi di primissimo piano per una squadra del campionato cadetto – erano necessari contratti di durata lunga, altrimenti nessuno si sarebbe mosso. Marino, aldilà delle speculazioni, è l’uomo che ha portato Marek Hamsik ed Ezequiel Lavezzi a Napoli, ma anche un semplice Walter Gargano, i pezzi pregiati che frutteranno tanto alle casse del club, ma purtroppo gli unici sui quali fare affidamento per liquidità sicura (ovviamente in caso di cessione, ma per lo slovacco così sarà). Il suo lavoro di scouting – salvo pochi errori che tutti possono commettere – era preziosissimo e viene continuamente svalutato. Oggi, con gli arrivi di giocatori mediocri, si può comprendere l’ennesimo errore di De Laurentiis che lo ha cacciato in maniera brutale.
Affiancare a Marino una figura abile nell’indovinare la manovra giusta nell’immediato, un affare come quello – per rimanere in tema di paragoni col Palermo – che Zamparini ha fatto prendendo un Federico Balzaretti, laterale eccellente, o anche un Antonio Nocerino, sarebbe stato l’ideale. E poi, servirebbe anche il fiuto per gli affari sul mercato del presidente: De Laurentiis ha avuto la presunzione di credere di poterlo avere, ma ha fallito totalmente, mentre anche uno Zamparini si è confermato fenomenale nel volere fortemente i Pastore, gli Ilicic e compagnia. Uno stadio come il San Paolo, un popolo come quello partenopeo, meritano una squadra ancor più forte di quella attuale ed una società di altro spessore. Non sarebbe un’utopia poter ambire ad un posto Champions o qualcosa di più, ma allo stato attuale delle cose, purtroppo sì. Il presidente De Laurentiis ha firmato il suo atto eroico nel salvare il Napoli, ma adesso non sarebbe il caso di chinare il capo, fare scelte migliori oppure tirarsi indietro per far spazio a chi di pallone ne capisce? L’esempio del Palermo (e non parliamo del Barcellona o dell’Inter) vale più di qualunque altro. Ragionate, signori: andare a vedere il cinepanettone con la speranza di finanziare l’acquisto di uno come Pastore in azzurro è impossibile con questa gestione solo dannosa per le sorti di un Napoli che potrebbe insidiare anche un Milan o un’Inter. Il mercato si fa con un lavoro accurato e preciso, non con De Sica sullo schermo e popcorn al proprio fianco. Basterebbe un pizzico di competenza.