di Rosalba Ferrante
NAPOLI – La protesta degli studenti decide di non fermarsi, diventando, anzi, ancora più calda. Al liceo Umberto I, infatti, giusto mercoledì 15, essa ha raggiunto l’apice: è arrivato il blocco delle lezioni e la decisione di occupare l’edificio. Già da svariate settimane, ormai, gli animi erano sommessamente inquieti, l’aria pesante ed, allo stesso tempo, agitata. L’Umberto non poteva e non voleva non far niente, rischiando di passare, per l’ennesima volta, come la scuola dei “figli di papà”, disinteressati e disinformati. Assemblee, collettivi e manifestazioni si sono susseguite ininterrottamente. Protesta ed informazione si sono unite, ma ciò non è bastato.
Lunedì 6 dicembre la maggioranza schiacciante dell’istituto decide di rimanere fuori ed inizia un’assemblea straordinaria. All’ordine del giorno: la scelta del tipo di protesta da portare avanti. L’occupazione è molto incerta e, soprattutto, contestata da parecchi studenti. Il punto comune per tutti è, senza dubbio, quello di creare una coscienza e di fare in modo che i ragazzi sappiano contro cosa andrebbero ad occupare ed, essenzialmente, perché. A seguito di ciò, si prosegue con un corteo per via Caracciolo, diretto verso Castel dell’Ovo.
Le giornate successive sono un susseguirsi di assemblee e le idee degli studenti continuano a scontrarsi. C’è chi crede che l’occupazione sia solo un atto antidemocratico ed una perdita di tempo e chi, invece, la sostiene, affermando che essa sarebbe la sola protesta capace di dare un’effettiva visibilità ed una risposta concreta.
Si arriva, così, il 10 dicembre, alle votazioni ed il risultato è destabilizzante: su circa 700 studenti votanti, 490 sono contro e 217 a favore. La scuola decide e la maggioranza contraria vince: la scuola non viene occupata. Eppure, tra quei 490 sfavorevoli, una gran parte di loro aveva espresso l’opinione che l’occupazione fosse insensata solo se fatta prima del 14 dicembre: se il Governo non fosse caduto dopo il voto di fiducia alla Camera, essa sarebbe stata l’unica protesta da seguire. E così è andata.
Mercoledì 15 Dicembre, alle 7,30 del mattino, un gruppo cospicuo di ragazzi decidono di prendere in pugno la situazione occupando la scuola e costringendo professori scioccati e un preside furibondo ad abbandonare l’edificio. Il cancello che porta ai piani superiori viene chiuso e tutti gli studenti vengono fatti sedere nella più grande delle tre palestre. Le ore successive vengono passate in Aula Magna per decidere in che modo far proseguire la protesta. L’intento comune è quello di non far apparire l’occupazione come una semplice perdita di tempo, ma che dia, piuttosto, un messaggio forte e chiaro. Un’occupazione diversa ed alternativa, è questo quello che si cerca. A corsi e lezioni all’interno dell’edificio, si programma l’alternarsi di altrettante iniziative e manifestazioni all’esterno di esso.
Dopo l’arrivo dei carabinieri, che prendono atto dell’avvenuto, ha inizio quindi la vera occupazione. Vengono fatti tre striscioni ed appesi all’esterno dell’edificio ed inizia l’organizzazione dei corsi e dei turni per il servizio d’ordine, il cui compito è quello di controllare l’entrata e l’uscita dei ragazzi dalla scuola, garantendo, così, che gli esterni non vi si intrufolino. Si scelgono i ragazzi disposti a dormire la notte e, mentre una parte della scuola esce per prendere parte ad una manifestazione, il resto rimane nell’edificio, dedicandosi alla pulizia di tutto il piano terra.
La giornata prosegue su questa linea d’onda, nel pomeriggio la scuola ospita l’attrice Nunzia Schiano, nota anche per la partecipazione al recente “Benvenuti al Sud” nel ruolo della mamma di Alessandro Siani, che tiene un corso dedicato ai tagli della finanziaria a discapito del cinema e, in generale, un dibattito ed un confronto sulla riforma e sugli avvenimenti che essa ha suscitato in Italia.
La sera, la proiezione della partita del Napoli, si unisce, allo stesso tempo, alla programmazione dei corsi per l’indomani. La notte passa e cinquanta studenti pieni di speranze, di grinta e di buona volontà si addormentano, fiduciosi su quello che li aspetta.
Il secondo giorno appare più complicato del primo, ma di certo meglio organizzato. Si inizia la mattina con un corso sui rifiuti, ma l’aria è molto agitata: pare infatti che il preside, Ennio Ferrara, abbia fatto la richiesta di sgombero dell’edificio e che la Digos stia arrivando. I progetti continuano ugualmente e, subito dopo la fine del primo corso, si prosegue con un sit-in a piazza Amendola, all’esterno della scuola, durante il quale i ragazzi, a turno, leggono brani tratti da libri, discorsi ed alcuni stralci della Costituzione italiana. Nel pomeriggio si decide di dedicarsi alla pulizia delle mura dell’esterno dell’edificio, imbrattate, ormai da sempre, da scritte e graffiti. A seguire, una rassegna stampa ed un originale corso di magia.
Cala la notte sul liceo Umberto e non si sa se sarà l’ultima a vederlo occupato. Ma, ormai, una cosa sembra vera: non è stato tempo perso e non è stato tutto inutile. L’Umberto si è saputo far sentire ed ha ottenuto la formazione di una coscienza comune, dovuta ad un continuo e mirato percorso d’informazione. Ma, soprattutto, queste settimane, hanno forgiato un’azione di forte protesta che, per una volta, finalmente, ha visto la partecipazione dell’effettiva maggioranza dell’istituto e non dei soliti dieci superstiti irriducibili.
Il vento fischia ed il freddo è pungente. All’esterno del Liceo pendono i tre striscioni appesi il giorno prima e l’attenzione cade, inevitabilmente, su uno in particolare che, citando Fabrizio De Andrè, porta scritto, quasi come un urlo liberatorio: “Provate pure a credervi assolti, siete per sempre coinvolti”.