di Giovanni de Francesco
Ritorna nelle piazze italiane l’onda studentesca che, da due anni a questa parte, sta continuamente ribadendo il proprio dissenso nei confronti di una riforma dell’istruzione, targata Mariastella Gelmini. Nonostante il principale corteo si svolga a Roma, dove si parla di 35.000 adesioni, importanti segnali arrivano anche da Milano, Napoli, Firenze e Bologna. Tanti i cortei e tante le proteste, svoltesi in circa 80 città, alle quali hanno preso parte non solo studenti delle scuole secondarie, universitari e precari di tutta Italia, ma anche Flc-Cgil, che per un’ora ha indetto un’astensione del lavoro, Usi Ait Scuola e Unicobas. Tutti insieme in piazza “per dire no ad una riforma e ad un governo che, con tagli indiscriminati, stanno mettendo in ginocchio un paese, si ad una scuola pubblica e laica.” Tanti, inoltre, gli striscioni e i cori, tutti con un unico destinatario: il ministro dell’Istruzione, la quale liquida con poche battute la protesta, colpevole, secondo un breve nota proveniente dal Ministero, “di voler riproporre vecchi slogan di chi vuole mantenere lo status quo, di chi è aprioristicamente contro qualsiasi tipo di cambiamento e crede di usare la scuola come luogo di indottrinamento politico della sinistra”. Spalleggia il ministro il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, secondo il quale, “le manifestazioni di oggi, fatte di studenti che hanno sfilato con slogan datati per le vie di diverse città d’Italia, sono contro e non per la scuola, sono contro la riforma e per il mantenimento delle cose così come stanno.”
Un classico ormai il solito scontro sui numeri: secondo gli organizzatori si parla di 300.000 adesioni in tutto il Paese, qualche migliaia secondo la Questura, 7 secondo Scodinzolini. Ma poco importa. E’ importante sottolineare invece come la giornata di oggi debba servire a costruire una protesta seria, che non si limiti soltanto a fare inutile rumore e soprattutto non sia una occasione per saltare qualche giorno di scuola.