di Rosalba Ferrante
Se per alcuni la notte di Capodanno è passata all’insegna di brindisi e di festeggiamenti, per altri, questa, si è trasformata in un incubo, o meglio, in una tragedia.
E’ il 31 Dicembre ad Alessandria di Egitto. Nella chiesa dei Due Santi numerosi fedeli copti stanno seguendo la messa, l’ultima del 2010.
Ad un tratto, verso il termine della funzione, un boato mette tutto in subbuglio: un kamikaze si è fatto esplodere. Ventidue sono i morti, i feriti quasi cento.
Mentre si cerca di ristabilire la situazione e di prestare soccorso ai feriti, un assetto di agenti anti sommossa isola l’edificio, impedendo a chiunque di entrarvi. All’esterno, nel frattempo, un migliaio di manifestanti, con la croce copta tatuata sulle braccia, circondano l’edificio. Il cordone di agenti continua a non far entrare nessuno e tra i manifestanti arriva qualche commento di paura, di disprezzo e di accusa. “E’ la polizia a spaventarmi”, dice qualcuno.
Il cordone di poliziotti era lì anche per proteggere la moschea situata davanti alla chiesa colpita, nella quale, un gruppo di cristiani, era penetrato sfondando porte e finestre, ma senza arrecare troppi danni.
Il rafforzamento della sicurezza viene fatto attorno a tutte le chiese del Paese. Vengono situati posti di blocco in tutte le province e stabilito il divieto di parcheggiare nei pressi delle chiese. Venti persone vengono fermate ed interrogate, ma sono tutte rilasciate.
Le risposte dal mondo copto di certo non si fanno attendere. Le giornate successive si annunciano particolarmente calde. Quella del 2 Gennaio in particolare, dove gli scontri in varie città d’Egitto tra polizia e copti causano venticinque feriti tra gli agenti e quindici tra i manifestanti. Durante la giornata, un gruppo di copti si raduna davanti alla sede del Ministero degli Esteri e a quella della televisione di Stato. A San Marco, invece, un centinaio di persone si fermano davanti alla cattedrale, sede del patriarca copto ortodosso Shenuda III, imprecando contro tutti gli esponenti del governo che vi si recavano a presentargli le condoglianze. I giorni successivi sono un proseguirsi di manifestazioni, proteste e sit-in.
Ma non è la prima volta che un attentato simile colpisce i copti. Proprio a novembre del 2010, infatti, in un’altra chiesa (a circa un chilometro di distanza da quella colpita la notte di Capodanno) un attentatore si era scagliato contro la folla dell’edificio, armato di coltello, causando la morte di un uomo e una decina di feriti. Inoltre, il 2 dicembre, era uscita su Al Qaeda una lista di possibili obiettivi da colpire a Capodanno. Cinquanta in tutto, i luoghi di culto indicati, tra il Cairo, Alessandria di Egitto ed alcuni Paesi europei, come la Francia, la Germania ed il Regno Unito.
Per il mondo copto questo era stato un chiaro preavviso della tragedia consumatasi il 31 dicembre. Quella del Governo, dicono, è stata una colpevole inefficienza. Avevano chiesto protezione e di tutta risposta erano stati mandati loro tre agenti ed un ufficiale, che, al momento dell’attentato, hanno potuto fare ben poco.
Non si è fatta di certo attendere la risposta del Papa Benedetto XVI, che ha giudicato l’accaduto “un vile gesto di morte, che offende Dio e l’umanità intera”. Il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, si è trovato subito in accordo col Santo Padre, aggiungendo, poi, che atti del genere non possono di certo lasciare indifferenti il governo e che bisogna proseguire con un’azione di difesa di tutte le fedi ed in particolare di quella della comunità cristiana.
Anche dal mondo egiziano le risposte non sono mancate. In particolare, ha suscitato un po’ di risentimento, il commento dell’imam di Al Azhai, una delle massime figure dell’Islam, che ha definito l’intervento del Papa “un’ingerenza agli affari dell’Egitto”. Al termine di una visita al Santo Padre dei copti, Shenuda III, dal quale si era recato per le condoglianze, un gruppo di manifestanti copti, ha tentato di assalire la sua macchina, ma sono stati fermati subito dalle sue guardie del corpo.
Di tutta risposta, dal Vaticano, il suo portavoce, padre Federico Lombardi, sposta l’attenzione su ciò che lui ritiene veramente importante, ovvero la condanna che l’imam ha fatto all’attentato, ritenendo inutile fossilizzarsi su dei commenti che potrebbero essere soltanto dei malintesi. In un periodo come quello che si sta vivendo, infatti, ciò che ha veramente importanza, egli dice, è che “tutti siano uniti contro il terrorismo” e che si possa garantire la “totale libertà religiosa a tutti i fedeli e non solo a quelli cristiani”.
Simili le parole pronunciate oggi dal cardinale Angelo Bagnasco, durante la messa dell’Epifania, che, dopo un intervento di dolore e di indignazione per quanto accaduto, chiede l’intervento dell’UE per fare in modo che il “diritto alla libertà religiosa venga osservato ovunque e senza alcun tipo di eccezione”.
Numerose, nel frattempo, sono le misure di sicurezza straordinarie adottate in previsione del Natale dei cristiani copti, che cade il 7 gennaio.
I giornali egiziani esortano cristiani e musulmani alla moderazione, in quanto temono che il massacro possa portare la situazione al collasso. Comune, infatti, è l’idea, che “qualcuno”, voglia far esplodere il Paese e causare, così, una guerra civile-religiosa.