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La rivolta dell’Egitto. Il mondo giudica, mentre le strade del Cairo tremano

di Giovanni d’Orso

Il mondo sta assitendo ad una vera e propria rivoluzione. In Egitto, infatti, il popolo è sceso per le strade stanco della dittatura oppressiva del regime Mubarak. Gli egiziani, come il popolo tunisino, vogliono instaurare un governo democratico votato allo sviluppo sociale ed economico del paese. Non sono mancati episodi di scontri sanguinosi tra forze dell’ordine e manifestanti, il conto fino ad ora dei morti è di almeno 500 morti ed i feriti sono oltre 1000 in tutto il territorio nazionale.
Questa rivolta è stata definita dalla segretaria di stato degli USA, Hilary Clinton, come “senza precedenti”. Le forze dell’ordine riescono a malapena a placare le folle con carri armati, blindati e proiettili. Preoccupante è il margine di aumento del tasso di mortalità in queste ore. Addirittura si estendono i tafferugli e le sassaiole tra opposte fazioni pro e contro Mubarak, sia nella centrale piazza Tahrir del Cairo, dove almeno una decina di persone sono rimaste ferite, sia nelle strade adiacenti. Sono visibili tracce di fuochi e lanci di bottiglie molotov, mentre da molte zone si innalzano colonne di fumo. Le autorità locali negano totalmente di aver fatto fuoco sui manifestanti per placare i cortei, anche se voci dalla capitale egiziana affermano di aver udito diversi spari.
La Cnn ha reso noto che una sua troupe, in servizio al Cairo, è stata attaccata da alcuni manifestanti. Nello stesso tempo uno degli inviati della tv statunitense, Anderson Cooper, ha riferito che alcuni dimostranti hanno fatto uso di molotov in groppa ad alcuni cammelli. Le scene di violenza in tutto l’Egitto hanno suscitato grande apprensione nelle diplomazie internazionali, preoccupate che venga inghiottito dall’instabilità un paese assicurato dagli Usa e dall’Occidente. In Italia, la Farnesina ha chiesto la cessazione immediata delle violenze, invitando al dialogo costruttivo istituzioni e società civile. Dagli Usa, Hillary Clinton ha sollecitato le autorità egiziane a tenere conto delle richieste dei cittadini, che “hanno il diritto di vivere in una società democratica che rispetta i diritti umani fondamentali”. Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-Moon, ha chiesto “rispetto totale della libertà di espressione”. Preoccupazione anche nell’Unione Europea: la Francia, infatti, si è attivata per ottenere la liberazione di quattro giornalisti fermati dalle forze di sicurezza mentre seguivano le manifestazioni. Il capo di stato americano, Barack Obama, ha avuto un colloquio con Mubarak, riferendo che lo stesso presidente egiziano “ha riconosciuto che lo staus quo non è sostenibile e che serve un cambiamento”. L’unica via d’uscita per lui è una iniziativa “immediata”, ma non spetta agli americani indicare quale possa essere “il cambiamento”, ha precisato Obama. Di certo deve essere chiaro a tutti, tanto all’Egitto quanto al Medio Oriente, che gli Stati Uniti sono schierati a difesa “di tutti i diritti universali”.
Intanto è stata sospesa l’attività della Camera e del Senato, in attesa che il tribunale del Cairo si pronunci in via definitiva sui ricorsi presentati da alcuni candidati non eletti nelle ultime consultazioni politiche. Un provvedimento di questo tipo era stato già preannunciato martedì nel discorso del presidente Hosni Mubarak ed è volto a rispondere alle richieste dei partiti di opposizione che non hanno rappresentanti in Parlamento. “Nessun dialogo con il vice presidente Omar Suleiman, senza le dimissioni del presidente Hosni Mubarak”. È questa la posizione dei Fratelli Musulmani, che, per bocca del loro dirigente Mohammed al-Baltanji, hanno commentato l’apertura del vice presidente egiziano al dialogo con le opposizioni. Il dirigente islamico si è espresso anche sugli scontri in corso in Piazza Tahrir tra sostenitori di Mubarak e oppositori: “Si tratta di bande armate inviate dal governo – ha detto – per attaccare i nostri militanti con azioni preordinate”. La Casa Bianca, comunque, continua a condannare le violenze delle manifestazioni al Cairo e ha espresso profonda preoccupazione per gli attacchi agli organi di informazione. “Gli Stati Uniti deplorano e condannano la violenza in atto in Egitto e siamo profondamente preoccupati per gli attacchi ai media e ai manifestanti pacifici”, ha affermato il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, “rinnoviamo il nostro forte appello alla moderazione”. Grande preoccupazione è stata poi espressa dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha avvertito che le conseguenze della rivolta in corso in Egitto potrebbero destabilizzare l’intera regione mediorientale “per molti anni”.