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Bob Marley, ieri avrebbe compiuto sessantasei anni. Oggi restano gli insegnamenti di un poeta della pace e della fratellanza

di Enrico Massa

Era il 1945, il sei Febbraio più precisamente. Quel giorno nacque Robert Nesta Marley, meglio noto come Bob Marley. Sono passati ben sessantasei anni da quel giorno, e la musica di quell’uomo è ancora capace di trasmetterci messaggi universali di pace. Già, chi reggerebbe il confronto con Bob Marley? Forse Bob Dylan, John Lennon. Ma non penso che molti altri possano essere paragonati a quello che è stato a tutti gli effetti non solo un profeta del rastafarianesimo, ma anche un grande portatore di messaggi universali.
Nato nella poverissima Giamaica, da padre bianco e ricco e madre di colore, Marley subì durante l’adolescenza il razzismo di coloro che lo chiamavano “mezza casta”. Era davvero controcorrente, Bob Marley: devotissimo del sopracitato rastafarianesimo, una corrente del cristianesimo ortodosso di tipo etiope, gli fu contestato spesso il ricorso alla marijuana, erba che, vi parrà strano, non usava con leggerezza, ma come metodo di supporto alla preghiera e alla meditazione. La visione degli oppiacei di Bob Marley era quindi notevolmente diversa da quella della maggioranza dei musicisti dell’epoca, che vedevano in essi uno svago. Si può dire che Bob Marley era un idealista, ben lontano dal nichilismo e dal vuoto morale di molti altri artisti, un uomo che esprimeva le proprie idee attraverso la forza della musica. Ebbe un grande successo, ma è stato anche troppo spesso criticato. Nel 1977 gli fu diagnosticato un melanoma all’alluce, che ben presto si sarebbe espanso a tutto il corpo, provocandogli la morte nel 1981. Marley decise di non amputare il dito per sconfiggere la malattia perché fedele ai suoi ideali religiosi.
Bob Marley non lasciò un testamento ufficiale, ma la grandissima Redemption Song ne è un sostituto più che degno. Ultima canzone da lui composta, la scrisse quando ormai aveva la certezza della vicinanza della morte. Inno di pace e di libertà, Bob Marley la cantò dal vivo per ultima, quella sera del 23 settembre 1980 che vide il suo ultimo concerto. Dopo aver concluso la scaletta della serata, afferrò la sua Les Paul e iniziò a cantare, da solo. Lo ricordiamo così, con questa canzone in cui racchiuse tutti i suoi ideali.

Emancipate yourselves from mental slavery
None but ourselves can free our minds.
Have no fear for atomic energy,
‘Cause none of them can stop the time.
How long shall they kill our prophets,
While we stand aside and look? Ooh!
Some say it’s just a part of it:
We’ve got to fulfil de book.
Won’t you help to sing
These songs of freedom?
‘Cause all I ever have:
Redemption songs.